ECONOMIA – Mokyr, il Nobel per gli ostaggi: «La gioia più grande è il loro ritorno a casa»
Aveva appena ricevuto il premio più prestigioso, il Nobel per l’Economia, ma Joel Mokyr, nonostante la gioia personale, era concentrato altrove: al ritorno degli ostaggi da Gaza. «Il mio cuore batte di gioia per loro. La mia soddisfazione per il premio è secondaria. Non c’è niente di più importante che riportarli in patria», ha raccontato l’economista al sito israeliano Calcalist. «Ero completamente scioccato, non me lo aspettavo affatto. Ho una lunga lista di persone che meritano di vincerlo», ha aggiunto, parlando del Nobel e citando il collega «Elhanan Helpman, il più grande economista israeliano».
Nonostante viva da decenni negli Stati Uniti, Mokyr rivendica con orgoglio la sua identità: «Ho un passaporto israeliano; in me batte un cuore israeliano, e questo premio dice anche qualcosa su Israele». È rimasto legato all’Università di Tel Aviv, dove ogni anno tiene un breve corso di storia economica, ed è intervenuto nel dibattito pubblico israeliano. Nel 2023, ad esempio, ha contestato la la riforma giudiziaria promossa dal governo Netanyahu, sostenendo che avrebbe un impatto negativo sull’economia e la tenuta democratica del paese.
Il comitato svedese ha premiato Mokyr insieme a Philippe Aghion e Peter Howitt «per aver identificato i prerequisiti per una crescita sostenuta attraverso il progresso tecnologico». A Calcalist, l’economista ha sintetizzato così la sua teoria: «Affinché la tecnologia porti alla crescita, non è sufficiente che funzioni. Dobbiamo comprendere scientificamente perché funziona». Solo questa consapevolezza, ha proseguito, permette all’innovazione di radicarsi, replicarsi e generare cicli duraturi di sviluppo.
L’intervista ha toccato anche il ruolo del presidente Usa Donald Trump e delle sue aspirazioni al Nobel per la Pace. Pur molto critico verso l’amministrazione americana, il Nobel per l’Economia ha poi riconosciuto un punto di contatto con il presidente Usa: «Trump odia le guerre. Anche se non occorre essere dei grandi geni per capire che la guerra è stupida».
Nato a Leiden, nei Paesi Bassi, nel 1946, è figlio di ebrei sopravvissuti alla Shoah. Il padre, Salomon Mok, funzionario pubblico, morì di cancro quando Joel aveva appena un anno; la madre, Gunda Jakobs, sopravvissuta alla guerra, emigrò con lui in Israele, a Haifa.
Storico dell’economia e maestro di generazioni di studenti, Mokyr viene definito da Calcalist un ottimista. E lui stesso non rifiuta questa etichetta: «Come storico, il mio compito è dire: sì, il mondo in cui viviamo è davvero un disastro, ma in passato era peggiore sotto ogni punto di vista».