NEW YORK – Mamdani divide gli ebrei, 650 rabbini non lo vogliono sindaco
A New York la comunità ebraica è in allarme. Oltre 650 rabbini e cantori da più di trenta Stati hanno firmato una lettera aperta contro Zohran Mamdani, favorito alle elezioni per scegliere il nuovo sindaco di New York del 4 novembre. «Una vittoria di Mamdani minaccerebbe la sicurezza e la dignità degli ebrei in ogni città», si legge nel documento.
Per i promotori l’allarme nasce dalle posizioni del candidato: il sostegno in passato allo slogan “globalize the intifada”, la negazione del carattere ebraico di Israele e l’accusa rivolta a Gerusalemme di aver commesso un genocidio a Gaza. Secondo i rabbini, queste dichiarazioni rischiano di sdoganare l’anti-sionismo come linguaggio politico legittimo e di trasformarsi in una copertura per nuove forme di antisemitismo. «Non accetteremo una cultura che tratti l’autodeterminazione ebraica come negoziabile», recita la lettera.
Il tema dell’antisemitismo è entrato anche nel secondo dibattito televisivo tra i candidati alla guida di New York. Andrew M. Cuomo, ex governatore e oggi candidato indipendente, ha accusato Mamdani di «alimentare l’odio contro il popolo ebraico». Curtis Sliwa, repubblicano, ha parlato di sostegno al «jihad globale» e ha ricordato che i suoi figli sono ebrei, accusando il rivale democratico di rappresentare un pericolo diretto anche per loro. Mamdani ha respinto le accuse: «Non ho mai sostenuto la jihad, sono attacchi legati al fatto che sono musulmano e vicino a diventare sindaco».
Per Bret Stephens, editorialista del New York Times, il problema è più profondo. «Mamdani non è antisemita nel senso stretto del termine, ma un anti-sionista ossessivo». Stephens ricorda la rottura giovanile del candidato con J Street e un rap in cui elogiava i “Holy Land Five”, cinque dirigenti di una fondazione islamica condannati per aver finanziato Hamas. Cita anche una proposta di legge presentata da Mamdani contro le organizzazioni pro-Israele. «La vera paura non è solo Mamdani, ma l’indifferenza dei newyorkesi davanti all’anti-sionismo come linguaggio politico accettabile», conclude Stephens.
Nei sondaggi sul voto ebraico, Cuomo raccoglie il 60% dei consensi, mentre Mamdani si ferma al 29%. Il rabbino Elliot Cosgrove, della Park Avenue Synagogue, ha definito il candidato della sinistra radicale «un pericolo per la sicurezza della comunità ebraica» e ha invitato i fedeli a sostenere Cuomo, parlando di un attacco diretto all’identità ebraica americana. Lo scontro attraversa sinagoghe e famiglie, scrive il New York Times, raccontando come Mamdani, consapevole delle tensioni, abbia avviato una fitta rete di incontri con rabbini riformati, progressisti e del mondo chassidico. In queste occasioni, ha promesso di combattere l’antisemitismo e affermato che il sostegno o meno al sionismo non sarà un test di lealtà nella sua amministrazione. Alcune comunità ebraiche progressiste, prosegue il New York Times, hanno applaudito Mamdani. «Ma il cuore del problema è che resta un ideologo anti-sionista», ha spiegato Ammiel Hirsch, rabbino reform della Stephen Wise Free Synagogue. Per lui finché Mamdani «non affronterà la questione in modo chiaro e pubblico, penso che tutti gli sforzi per cercare di attenuare il suo precedente antagonismo nei confronti di Israele saranno vani e, di fatto, aggraveranno la tensione».
(Nell’immagine, da destra a sinistra, i candidati sindaco di New York Cuomo, Silwa e Mamdani)