ROMA – Il ricordo del 16 ottobre all’ex collegio militare
«L’equiparazione tra Gaza e Auschwitz ha uno scopo ben preciso: scaricare le coscienze. È in corso un tentativo di cancellare la Memoria della Shoah, di raccontare gli ebrei come un popolo malvagio nell’anima, per dimostrare che la Shoah in fondo se la sono meritata. È questo il tema con il quale dobbiamo misurarci oggi, un torrente in piena». Sono parole di allarme quelle pronunciate da Riccardo Di Segni, il rabbino capo di Roma, durante l’annuale cerimonia in ricordo del rastrellamento nazifascista del 16 ottobre 1943 nel cortile dell’ex Collegio militare, oggi oggi Centro Alti Studi per la Difesa (Casd) dell’esercito, organizzata dall’associazione Ricordiamo Insieme.
Intervenendo nel luogo in cui gli oltre mille rastrellati del 16 ottobre furono trattenuti per alcune ore prima di essere deportati ad Auschwitz-Birkenau, il rav non ha nascosto la preoccupazione per le conseguenze di quella che ha descritto come una deriva anche formativa, con una nuova generazione spesso «distratta e male educata» a una Memoria consapevole. Consapevolezza alimentata anche da fatti simbolici come la trasformazione «di questo luogo da spazio di reclusione a centro di studi per la Difesa». Al riguardo Di Segni ha osservato che nella sua Costituzione l’Italia ripudia la guerra, rivendicando al tempo stesso come «sacro dovere» del cittadino, per l’appunto, la difesa della patria. La difesa è d’altronde «il diritto di ogni nazione, ma a qualcuno viene sempre negato…», ha aggiunto con chiaro riferimento alle vicende mediorientali.
Ricordiamo Insieme è un’associazione animata dai coniugi Federika e Tobias Wallbrecher, insieme a Rivka Spizzichino. L’iniziativa di giovedì sera era dedicata alla memoria del padre di quest’ultima, Mario Spizzichino, figura molto attiva all’interno dell’ebraismo romano. «Papà ci ha insegnato a non lasciare mai solo nessuno», ha spiegato la figlia. «I nostri “standard” erano e restano quelli. Quali sono invece quelli di chi ha lasciato che oggi ci fossero quelle sedie vuote?», si è chiesta Spizzichino, indicando alcuni posti a sedere non occupati, dove sono stati attaccati dei fogli con la scritta «Non sono antisemita, ma…”. A differenza delle passate edizioni, sullo schermo nel quale scorrevano di solito i nomi dei 1022 deportati gli organizzatori hanno deciso di proiettare una selezione di messaggi d’odio che ogni giorno infestano il web e provocano effetti anche offline. Per il generale Danilo Morando del Casd, che ha portato i saluti del suo presidente, il generale Stefano Mannino, tre sono le parole chiave: memoria, speranza, cultura. «La responsabilità della memoria è un obbligo morale che ci dobbiamo portare dietro», ha dichiarato. «La speranza è che possa esserci una luce in fondo al buio, una luce che ci porti a condividere la diversità». In questo senso, la cultura è un mezzo fondamentale «per creare effetti positivi». Lello Dell’Arriccia, il presidente dell’associazione Progetto Memoria, ha ricordato che quanto avvenne a partire dall’alba del 16 ottobre «fu il logico e tragico epilogo delle leggi razziali» promulgate dal fascismo nel 1938. Dell’Arriccia si è soffermato in particolare sulla sorte dei bambini deportati, dei quali nessuno fece ritorno. «Quando si uccide un bambino si uccide una speranza», ha detto. È poi intervenuto l’arcivescovo Franco Saba, ordinario militare per l’Italia: «Ricordare insieme è un compito, una responsabilità. Conoscere è molto più di una semplice annotazione di fatti e accadimenti. Intessere un rapporto con la realtà apre alla condivisione». L’iniziativa si è aperta in piazza San Pietro, con un primo momento di riflessione. Sono intervenuti tra gli altri l’arcivescovo Flavio Pace, segretario del dicastero per l’unità dei cristiani, insieme al presidente della sezione romana dell’Aned, Andrea Di Veroli. Era inoltre presente il rabbino Noam Marans, direttore degli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee.
Adam Smulevich