DIALOGO – Papa Leone XIV celebra Nostra Aetate: Chiesa non tollera antisemitismo

Il percorso tracciato dalla Nostra Aetate è irrevocabile e come «tutti i miei predecessori hanno condannato l’antisemitismo con parole chiare» così «anch’io confermo che la Chiesa non tollera l’antisemitismo e lo combatte, a motivo del Vangelo stesso». Parola di papa Leone XIV.
Le dichiarazioni del pontefice sono il cuore dell’intervento tenuto mercoledì mattina in piazza San Pietro, incentrato sulla dichiarazione conciliare che 60 anni fa sancì l’apertura di un nuovo capitolo nelle relazioni tra cristiani ed ebrei. «Oggi possiamo guardare con gratitudine a tutto ciò che è stato realizzato in questi sei decenni», ha riscontrato Leone XIV, pur riconoscendo «che in questo periodo ci siano stati anche malintesi, difficoltà e conflitti, che però non hanno mai impedito la prosecuzione del dialogo». Quella, ha fatto capire, resta la via maestra.
Se ne è parlato diffusamente in molte iniziative svoltesi in questi giorni a Roma. Tra le altre conferenza internazionale “Osare la pace”, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio. «La Nostra Aetate è il più significativo dei documenti interreligiosi, quella che il rabbino Gilbert Rosenthal ha definito una rivoluzione copernicana», ha sostenuto Noam Marans, direttore per gli Affari Interreligiosi dell’American Jewish Committee, nel corso di una sessione dedicata a fraternità universale e dialogo interreligioso. Secondo Marans, «una breve proclamazione ha cambiato l’intera prospettiva delle relazioni tra cattolici ed ebrei», anche perché la dichiarazione del 1965 «non è rimasta a prendere polvere nello scaffale di una biblioteca, ma è stata mantenuta viva attraverso commenti formali, spiegazioni e approfondimenti sul testo originale, con importanti contributi quali linee guida, suggerimenti, riflessioni sulla Shoah, esegesi biblica».
Osare la pace. Ma in che modo? «Quando parliamo di pace, non possiamo limitare l’estensione di questo concetto», ha affermato Riccardo Di Segni, il rabbino capo di Roma, prendendo parte a una riflessione a più voci sulla preghiera “al centro” della pace. In questo senso, ha proseguito Di Segni, «siamo giustamente travolti dalle notizie dei conflitti in corso che tutti vorremmo che finiscano presto» ma «il concetto di pace, shalòm è la parola ebraica, è più esteso, è armonia e completezza; pace dentro noi stessi, pace con chi ci è più vicino, i famigliari e le persone con cui quotidianamente ci confrontiamo; pace nella società in cui viviamo, che spesso è lacerata da conflitti micidiali; pace tra popoli che si combattono in guerre sanguinose; e infine, e non di poco conto, pace con la natura e il creato».
Uno dei forum della tre giorni di Sant’Egidio era dedicato all’intelligenza artificiale tra etica e innovazione, in una prospettiva anche religiosa. «La visione ebraica è in generale accogliente verso la IA, sono previste misure di controllo adeguate che non mettano in pericolo la vita individuale», ha spiegato Oded Wiener del Gran Rabbinato d’Israele. «L’etica ebraica consente un atteggiamento positivo verso l’innovazione scientifica, riconoscendo che questi sforzi sono al cuore dell’umanità; riconoscendo che ogni innovazione comporta potenziali pericoli, questi rischi sono accettati purché vengano compiuti i passi necessari per prevenire danni indebiti». L’essenza di questo sforzo, per Wiener, «è implementare e migliorare il mondo che Dio ha creato e ci ha affidato» e in questa direzione ha auspicato che si consolidi «un’alleanza tra imprese tecnologiche e leader che rappresentano le principali tradizioni etiche del mondo: i leader religiosi devono essere in prima linea in tutte le azioni».

a.s.