ISRAELE – Al via il Congresso Sionista Mondiale a Gerusalemme

Herzog: «Orgogliosi del nostro sionismo, lo difenderemo»

Rivendicare con orgoglio il sionismo, contrastare l’antisemitismo e la delegittimazione d’Israele, rispondere agli insulti con narrazioni positive. È il messaggio lanciato dal presidente d’Israele Isaac Herzog nell’apertura del 39esimo Congresso Sionista Mondiale (World Zionist Congress – WZC) a Gerusalemme. Con oltre 1.400 delegati da 43 paesi, la conferenza – 28-30 ottobre – è la più grande mai registrata.
«Chi cerca di distruggere Israele non riuscirà mai a sconfiggerci», ha affermato il capo di stato, ribadendo la linea d’Israele sul conflitto a Gaza: Hamas deve rispettare l’accordo internazionale promosso dagli Stati Uniti, restituire le salme degli ostaggi e deporre le armi.
Herzog ha poi denunciato l’ondata di antisemitismo manifestatasi «in ogni angolo del mondo e in ogni ambito: pubblico e privato, legale e digitale», dai campus universitari alle strade di città come Manchester o Washington. Ha ricordato il massacro del 7 ottobre e stigmatizzato le manifestazioni in cui si sentono slogan come «dal fiume al mare». «Tutti noi sentiamo i giovani, ignoranti e fuorviati, sottoposti al lavaggio del cervello e pieni di odio, che hanno persino coniato un nuovo insulto per noi: “Zios”», ha affermato Herzog. «Un tempo ci chiamavano zhids, ora ci chiamano zios. Ebbene, questi zios sono tornati nella loro terra. Questi zios sono il meglio dell’umanità, che ha costruito uno Stato ebraico e democratico, che afferma la vita e cerca la pace». Un discorso che si è chiuso con un appello all’unità: «Siamo orgogliosi del nostro sionismo e non lo abbandoneremo mai. Lotteremo per esso e lo difenderemo».
Accanto a Herzog, il presidente dell’Organizzazione Sionista Mondiale, Yaakov Hagoel, ha tracciato un filo diretto con la visione di Theodor Herzl: «128 anni fa a Basilea Herzl sognava una nazione. Ora stiamo dando un’anima a questa nazione». Il dolore del passato, ha detto, deve trasformarsi in spinta per il futuro: «Di fronte alle fiamme, il popolo ebraico sceglie la luce invece dell’oscurità. Sceglie la fede, l’unità e la speranza».
Oltre ai discorsi di rito, il Congresso ha un’agenda concreta, osserva il Jerusalem Post. I delegati sono chiamati a discutere questioni che toccano i nodi più sensibili della politica israeliana: la sovranità sulla Giudea e Samaria, la leva obbligatoria per tutti, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sul 7 ottobre. Ma il lavoro del Congresso, prosegue il quotidiano, è condizionato anche da forti tensioni interne. In particolare pesa la spaccatura nel Likud mondiale, una delle liste più influenti del WZC: da un lato la corrente guidata dal presidente Hagoel, dall’altro quella vicina al ministro israelino dello Sport Miki Zohar. Una rivalità che ha complicato i negoziati per la distribuzione degli incarichi di vertice nelle istituzioni sioniste. Ma è proprio su questo ultimo punto che si misura il peso del Congresso: il WZC gestisce incarichi e risorse nell’Agenzia Ebraica, nel KKL-JNF e in altri organismi importanti per Israele e la Diaspora, incidendo in settori come educazione, aliyah, pluralismo religioso e politiche di insediamento.
Per alcuni osservatori il Congresso è un’istituzione ormai retaggio del passato, ma, avverte il quotidiano, «ignorarlo sarebbe un errore». Perché, soprattutto dopo il 7 ottobre, «questo Congresso rimane una delle poche piattaforme globali in cui tutte le principali correnti sioniste devono sedersi insieme, discutere e decidere». E se «la sua influenza può essere più discreta di un voto alla Knesset o di una protesta di piazza», resta comunque determinante, perché «spesso plasma il contesto in cui si svolgono i dibattiti».

d.r.