DIALOGO – Ester Abbattista: «Ho imparato ad amare Israele, le mie radici»

Quando è stato promulgato il documento Nostra Aetate avevo pochi anni di vita e questo significa che nella mia formazione cristiana la pietra posta da questo documento era già una realtà. Ma sono stati gli studi biblici che mi hanno fatto avvicinare al mondo ebraico e soprattutto i maestri che ho avuto la fortuna di avere. Maestri come il card. Carlo Maria Martini o p. Francesco Rossi de Gasperis, sj. Del card. Martini voglio ricordare una sua breve affermazione che, ancora oggi, non solo è molto attuale ma è un monito da tenere a mente per tutti quelli che si riconoscono come suoi discepoli: «Bisogna, e l’ho ribadito più volte, amare Israele con un amore aperto a tutto e a tutti. Bisogna amare la cultura ebraica di oggi, la loro musica, la loro letteratura, la loro storia, il loro modo di pregare, il loro modo di far festa. Solo un amore così permette il superamento dei timori e delle difficoltà e dà al dialogo quella gioia e quella umanità che si addice all’incontro tra amici» (C.M. Martini, prefazione a Luzzato A.-Nason L., In ascolto delle Scritture di Israele, EDB, Bologna 2012). Da questi maestri ho imparato ad amare Israele, amare Israele come popolo, Israele come terra, Israele come fede in tutte le sue sfaccettature. Non solo, ma è stato proprio l’incontro con tutte queste realtà, che sono Israele, ad accompagnarmi nel cammino di conoscenza delle Scritture, a farmi crescere in una maggiore consapevolezza della mia identità cristiana, a rafforzare la mia fede in quell’unico D-o le cui promesse e alleanze non solo sono irrevocabili, ma sono destinate a compiersi nell’unica salvezza. Proprio per tutto questo, provo un profondo dolore ogniqualvolta un cristianesimo ideologico e distaccato dalle sue radici emerge esprimendo il peggiore tradimento del suo Messia, dimostrando nei confronti del popolo ebraico non empatia ma giudizio, non solidarietà ma condanna, e questo tout court, senza distinguo, mescolando in un corto circuito posizioni politiche, ignoranza storica e teologica. Il dramma in tutto questo non è solo una ricaduta all’indietro in quello che da sessant’anni a questa parte si è fatto nel dialogo ebraico-cristiano, ma ancora di più il fatto che questi rigurgiti di antigiudaismo — segno di quanta poca formazione biblica e teologica i cristiani di ogni livello hanno ricevuto — rappresentano, come dicevo, l’ennesimo tradimento allo spirito e alla predicazione di Gesù stesso. Un Gesù che, slegato, anzi sradicato, dalla propria terra, dal proprio popolo, diventa strumento ideologico da sbandierare in ogni parte, magari con una kefiah sul capo o proclamandone la morte a Gaza (perché allora non in Sudan o in Ucraina o in tante altre parti martoriate del mondo?). 

Il riconoscere o meno l’importanza vitale delle nostre radici ebraiche è in realtà una questione di vita o di morte. Senza radici non c’è linfa vitale: non ci può essere inizio e non ci può essere nemmeno crescita o futuro. Per questo le radici ebraiche della fede cristiana non sono solo qualcosa da relegare nel passato, valide solo fino a Gesù, ma sono qualcosa di irrinunciabile per l’oggi e per il domani. L’elezione di Israele, la sua storia di salvezza, l’alleanza vera e viva di D-o con il suo popolo, la sua terra, dono e promessa, sono di vitale importanza per la fede cristiana, sia per comprendere sempre di più la propria identità nel piano salvifico dell’unico D-o (e certamente non come “Nuovo Israele”), sia per essere autenticamente collaboratori e annunciatori di quell’unica salvezza che D-o ha pensato da sempre per tutta l’umanità. 

La celebrazione di Nostra Aetate può quindi diventare un’occasione per ripartire di nuovo, per fare il punto della situazione, per accorgersi di quanto ancora carente sia la formazione cristiana su questo tema e, soprattutto, per crescere nella riflessione teologica con e accanto al popolo di Israele, per comprendere sempre di più, vivere e gioire di quella pienezza di vita che D-o ha voluto da sempre per tutti coloro che lo amano.

Ester Abbattista,
teologa

(Nella foto: Carlo Maria Martini nel 2006 – ©Mafon1959)