ROMA – Una piazza “a testa alta” contro l’odio antisemita
«Torneremo in piazza, torneremo a parlare». È la promessa di Stefano Parisi, il presidente dell’associazione Setteottobre, pronunciata al termine della manifestazione nazionale “Per la nostra libertà. A testa alta con gli ebrei”. Circa duemila le persone raccoltesi giovedì sera a Roma, in piazza Santi Apostoli, nonostante la pioggia scrosciante. In apertura di evento, condotta dal giornalista Antonino Monteleone, Parisi aveva scandito: «Per due anni abbiamo tollerato piazze antisemite. Dovevamo alzare la testa e dire agli ebrei: uscite di casa con i vostri simboli». Per Parisi, che ha denunciato una penetrazione di Hamas e dell’Islam radicale nel corpo profondo del paese, informazione inclusa, la difesa degli ebrei «è un valore universale».
Sul palco dell’iniziativa sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni ebraiche e della politica, voci del mondo giovanile, dell’associazionismo, giornalisti e influencer, condividendo un senso generale di allarme. «Non possiamo liberare chi è ostaggio nei tunnel dell’ignoranza o dello sfruttamento o vantaggio politico o economico apparente. Insegnanti, rappresentanti delle istituzioni locali e culturali, social media: chi interagisce e trasmette ai giovani ha una responsabilità primaria», ha dichiarato la presidente Ucei Noemi Di Segni, sostenendo come «ad aggravare l’appiattimento dei singoli» ci siano in primis «i mezzi di comunicazione selettivi», con ripercussioni deleterie in molti ambiti. Per Victor Fadlun, il presidente della Comunità ebraica di Roma, «oggi l’antisemitismo si presenta con parole in parte nuove, ma con le stesse intenzioni criminali di sempre; oggi si traveste da antisionismo, si nasconde sotto la maschera della solidarietà, usa la lingua dei diritti per negare un diritto fondamentale: il diritto di Israele a esistere». Walker Meghnagi, il presidente della Comunità di Milano, ha aperto il suo intervento con queste parole: «Sono italiano, sono ebreo, sono orgogliosamente sionista. Siamo in tanti, abbiamo bisogno di tutti voi». Quella del “genocidio” a Gaza «è una storia e accusa infamante vecchia, adesso è stata servita su un piatto d’oro, incontestabile», ha sottolineato il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, rilevando una persistente mistificazione che dal lessico, come nell’impossibile equiparazione tra Shoah e Nakba, si trasmette a ogni livello.
Le testimonianze della politica sono state inaugurate da Giovanni Donzelli di Fratelli d’Italia. «Sono abituato a confronti aspri con gli avversari politici. Stasera vorrei evitare, portando solidarietà a una persona con cui in Parlamento mi sono scontrato tanto: Emanuele Fiano. Reputo vergognoso che gli sia stato impedito di parlare. Non condivido le sue idee, ma ha il diritto di esprimerle», ha affermato il parlamentare di FdI, alludendo ai fatti degli scorsi giorni all’università Ca’ Foscari di Venezia. Secondo Donzelli, «non farlo parlare perché ebreo è pericolosissimo per la tenuta democratica e per la libertà di tutti noi». Da sinistra Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo in area Pd, ha ricordato che «la lotta per la libertà e le libertà non è mai un fatto privato» ma una condivisione di responsabilità e impegno. Nel denunciare il «profondo antisemitismo» strisciante anche in Italia, Picierno si è detta dispiaciuta nel non vedere tra i simboli delle forze che hanno aderito all’iniziativa «quello del mio partito, perché sono figlia di una cultura politica e di una storia che si è nutrita dei racconti di Elie Wiesel, Giorgio Napolitano e Liliana Segre». Uno dei giornalisti più applauditi è stato Pierluigi Battista, già vicedirettore del Corriere della Sera. «Noi sappiamo che ci sono sempre stati gli antisemiti, ma non sapevamo che la cultura democratica avrebbe conosciuto, dopo il 7 ottobre, la sua disfatta culturale. Se non c’è indignazione su questo vuol dire che qualcosa di profondo si è rotto», ha affermato. La storica e giornalista Lucetta Scaraffia ha parlato di «fallimento totale» del Giorno della Memoria e lanciato in questo senso la proposta di «un anno di sospensione» di attività attorno al 27 gennaio in segno di protesta.
Adam Smulevich