GORIZIA – Un dialogo fra culture all’ombra dell’ulivo
A Gorizia, città di confine e di memorie, il convegno Terre di Pace – Oltre i confini, il futuro ha cercato di restituire concretezza a una parola spesso logorata: dialogo. Dal 29 ottobre al 2 novembre, nell’ambito di GO! 2025, la Capitale Europea della Cultura condivisa con Nova Gorica, cinque comunità religiose – ebraica, cattolica, musulmana, buddista e metodista – si sono confrontate su come abitare la differenza senza trasformarla in distanza. «A dire il vero si sarebbe dovuto chiamare Terre Sacre – spiega il rabbino capo di Trieste, rav Alexander Elihau Meloni – e non ho apprezzato il fatto che abbiano cambiato il nome del convegno, ma è comunque un’occasione importante: è sempre positivo che ci siano momenti di incontro, occasioni per imparare a conoscere l’altro, conoscere le differenze e saperle rispettare senza necessariamente cercare sempre un minimo denominatore comune, che a mio parere è una scelta riduttiva». Non un festival di buone intenzioni, quindi, ma un laboratorio etico e simbolico: le giornate hanno avuto come parole chiave responsabilità, cura, sostenibilità, dimensioni che intrecciano fede, cittadinanza e attenzione al mondo. La cura, in particolare, è emersa tra i temi del convegno come un gesto di resistenza: il valore non è solo prendersi carico dell’altro, ma “restare” nel tempo, senza cedere alla semplificazione. Continua il rav: «Nel mio intervento ho sottolineato come per l’ebraismo gli esseri umani non siano inseriti come gli altri nell’ordine naturale ma siano stati creati per esserne a capo, hanno il dovere di compiere il piano divino e quindi, in un certo senso, sono responsabili del mondo». L’apertura con la lectio di Paolo Mieli su “Il ruolo delle religioni nelle guerre di ieri e di oggi” ha posto la questione centrale: ogni fede custodisce una promessa di pace e, al tempo stesso, il rischio di diventare strumento di potere. L’ISIG – l’Istituto di Sociologia Internazionale di Gorizia, che ha curato l’organizzazione – ha ricordato che «le religioni sono risorse di coesione ma anche di separazione, e la loro forza dipenda dal modo in cui vengono interpretate». Nei giorni successivi tavole rotonde e incontri hanno affrontato temi diversi – ecologie quotidiane, spiritualità e ambiente, il ruolo delle donne nei processi di pace – con interventi di Francesco Tassone, Babacar Diop, Ariel Haddad e Ilaria Myr. La prospettiva è stata quella di un dialogo non teologico ma civile: un’indagine sul modo in cui la fede, ogni fede, può ancora generare responsabilità in un tempo di guerra e frammentazione. Il gesto simbolico che ha aperto la manifestazione – la piantumazione di un ulivo nel piazzale di Casa Rossa, tra Gorizia e Nova Gorica – ha riassunto lo spirito del progetto. Le radici nella terra come memoria condivisa, la crescita come promessa di futuro. Non un rituale pacificato, ma un atto politico: la pace come processo, non come ricordo. Durante il festival è stato presentato il Manifesto di Gorizia per il dialogo e la pace, sottoscritto da rappresentanti delle diverse comunità religiose e civili. Il testo non pretende di offrire risposte, ma di affermare un metodo: la costruzione di una “cultura della prevenzione del conflitto”. Un principio che dialoga con la tradizione ebraica del tiqqun olam, la riparazione del mondo intesa come compito quotidiano, non come aspirazione lontana. Nella giornata conclusiva, il forum interreligioso “L’altro futuro” ha riunito, tra gli altri, mons. Flavio Pace, Haim Baharier e Gadi Luzzatto Voghera. «Il dialogo interreligioso non è un orpello – ha ricordato Luzzatto Voghera – ma una prova di realtà: la misura della nostra capacità di restare umani dentro la differenza». È forse questa la lezione più duratura di Terre di Pace: che la convivenza non nasce dal consenso, ma dal riconoscimento reciproco dei limiti. E il ricco programma di spettacoli e concerti che ha integrato i giorni del convegno – ha sottolineato rav Meloni – ha contribuito ad avvicinare un pubblico ampio e a mostrare come le religioni siano anche cultura e, in particolare per l’ebraismo, la cultura religiosa è integrata in ogni aspetto quotidiano, pratico come filosofico e intellettuale. Un progetto costruito nell’ambito di GO! 2025, in cui Gorizia e Nova Gorica hanno tentato di trasformare la frontiera in soglia, la memoria in relazione, l’identità in incontro e in una domanda attuale: come si costruisce oggi la pace?
a.t.