DIALOGO – Maurizio Di Veroli: Suonare insieme restando se stessi
In qualità di direttore e cantante del gruppo musicale Progetto Davka, nato con l’intento di narrare l’esperienza ebraica attraverso il canto, in questi primi ventun anni di carriera mi è spesso capitato di essere ospite di eventi dedicati al dialogo interreligioso. I nostri spettacoli hanno un carattere fortemente divulgativo, in cui si intrecciano musica e narrazioni che attingono alla ricerca e alla spiritualità di un ebreo praticante, suscitando curiosità e interesse anche in contesti religiosi diversi dall’ebraismo.
Il mondo cristiano, in particolare quello cattolico, ha da tempo intrapreso un percorso di approfondimento delle proprie radici ebraiche, soprattutto a partire dalla promulgazione dell’enciclica Nostra Aetate, di cui quest’anno ricorre il sessantesimo anniversario.
In questo contesto, il nostro progetto si presta a offrire — in modo leggero ma significativo — una finestra sul mondo ebraico, attraverso autentici “viaggi sonori” tra i canti e le melodie delle diverse diaspore ebraiche e della terra d’Israele.
A suscitare ulteriore interesse è il fatto che molti dei miei collaboratori non solo non sono ebrei, ma appartengono ad altre fedi religiose. Questo rende il nostro progetto una testimonianza concreta di come l’incontro, l’amicizia e la cooperazione possano nascere nel rispetto delle differenze e delle peculiarità di ciascuno.
Sin dagli esordi, abbiamo partecipato a eventi di dialogo interreligioso: dai Colloqui di Camaldoli alle Giornate del Dialogo con la Diocesi di Roma, dai concerti in Sala Nervi e nel Palazzo della Cancelleria Vaticana fino ai numerosi inviti in diocesi italiane ed europee.
Non nascondo che, a volte, ho dovuto affrontare i reciproci pregiudizi che ancora esistono nei rapporti tra le fedi, spesso segnati da rigidità o diffidenza. Tuttavia, la musica ha la capacità di superare le barriere: sa valorizzare le differenze e trasformarle in elementi di collaborazione e arricchimento nella ricerca dell’armonia.
Tra le tante soddisfazioni per aver portato il progetto su palcoscenici prestigiosi, non sono mancati momenti in cui ho dovuto ricorrere a un po’ di fantasia per mantenere fede alla mia identità e tradizione, pur nel piacere del dialogo con realtà diverse.
Ricordo, ad esempio, un festival nel Sud Italia, molti anni fa, che ospitava sia artisti cristiani sia ebrei messianici. Durante la presentazione, avevo più volte sottolineato la mia appartenenza all’ebraismo tradizionale, per evitare equivoci. Eppure, al termine della performance, tra le domande entusiaste del pubblico e dei giornalisti, qualcuno mi chiese “a che punto fossi con la conversione”. Rimasi sorpreso, ma risposi con un sorriso che non potevo convertire nessuno, non essendo ministro di culto, e che nella mia tradizione la conversione è prevista solo in rari casi. Le risate e le successive domande sui nostri brani stemperarono subito l’equivoco.
Un altro episodio risale al convegno “Religioni e Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, quando fummo invitati a suonare in Sala Nervi. L’evento riuniva leader religiosi di varie fedi e artisti internazionali. Mi incuriosì sapere chi avrebbe rappresentato la tradizione islamica, ma mi dissero che, purtroppo, non erano riusciti a trovare un artista musulmano disponibile. Mi offrii di aiutare e contattai un caro amico e collega tunisino, M.S., che alla fine riuscii a rintracciare mentre stava rientrando in aereo da Tunisi.
Accettò con entusiasmo e, in poco tempo, organizzammo una versione congiunta del canto su Abramo Cuando el Rey Nimrod, che lasciò il pubblico a bocca aperta. Sul canale YouTube del Progetto Davka sono visibili due estratti della nostra esibizione.
Maurizio Di Veroli