GENOVA – La razzia del 3 novembre 1943 e l’esempio dei Giusti, la città ricorda
Ma quest’anno la marcia silenziosa non si terrà
È un presente «particolarmente difficile, inquieto, segnato da tante contraddizioni» e per questo ricordare l’esempio dei giusti è «una via di speranza».
Lo ha sottolineato il rabbino capo della Comunità ebraica di Genova Giuseppe Momigliano, aprendo la giornata di commemorazione dedicata alla memoria della deportazione degli ebrei genovesi e di quanti, durante la persecuzione razziale, scelsero di salvare vite.
La mattinata si è aperta nella sede della Curia con l’inaugurazione del progetto “Il Civico Giusto”, ideato da Paolo Masini per restituire memoria ai luoghi e alle persone che offrirono rifugio e protezione ai perseguitati dal nazifascismo: ebrei, ricercati politici e oppositori del regime.
«Vogliamo raccontare il positivo, far parlare i palazzi e ricordare chi, in tempi bui, ha fatto la differenza» ha spiegato Masini. «Ogni targa è un segno di speranza e un invito alla scelta, perché anche oggi ciascuno di noi può cambiare le cose».
Il progetto, a cui partecipa la Comunità ebraica, è stato dedicato quest’anno al cardinale Pietro Boetto e a don Francesco Repetto, riconosciuti “Giusti tra le Nazioni” da Yad Vashem per aver salvato centinaia di ebrei durante l’occupazione tedesca. È stato ricordato anche il rabbino Riccardo Pacifici, deportato a Genova durante la retata del 3 novembre 1943 e ucciso ad Auschwitz. Alla cerimonia era presente il nipote omonimo, Riccardo Pacifici.
«La lezione dei giusti è importante perché è un segno di collaborazione, di condivisione, di coraggio nell’affrontare i pericoli con l’obiettivo di salvare vite. È un insegnamento da tenere sempre presente», ha osservato rav Momigliano, che a margine della cerimonia ha espresso preoccupazione per l’antisemitismo crescente.
«Purtroppo si è dato il via libera a sentimenti e atteggiamenti incontrollati che possono essere pericolosi non solo contro di noi, ma contro l’intera società», ha sottolineato. «Quando si liberano forze violente, queste possono prendere le direzioni più diverse. È una preoccupazione non soltanto per le comunità ebraiche, ma per tutti».
Una preoccupazione condivisa anche dalla sindaca di Genova, Silvia Salis, e dal presidente della Regione Liguria, Marco Bucci, che nei loro interventi hanno richiamato l’importanza di vigilare contro ogni forma di intolleranza e di custodire la memoria come antidoto alla violenza e all’indifferenza.
Entrambi saranno questa sera nella sinagoga di via Bertora, dove le autorità cittadine e regionali parteciperanno alla cerimonia in ricordo della retata del 3 novembre 1943, quando decine di ebrei furono attirati con l’inganno al tempio e arrestati dalle SS.
Una commemorazione organizzata dalla Comunità ebraica genovese insieme alla Comunità di Sant’Egidio e al Centro culturale Primo Levi. «La memoria della Shoah non è solo un ricordo doloroso, ma rappresenta un’occasione preziosa per riflettere sul male della guerra e sull’importanza di un costante impegno contro ogni forma di antisemitismo e di razzismo», sottolineano in una nota i promotori. La memoria, sottolineano, «va trasmessa alle nuove generazioni come un’arma potente contro l’indifferenza, per costruire la pace e un domani senza violenza». L’iniziativa quest’anno non prevede la tradizionale marcia silenziosa.
«Non si terrà sia per ragioni di sicurezza, sia per evitare la possibile contraddizione di vedere nel corteo anche persone che hanno partecipato a manifestazioni dove si sono registrati episodi di antisemitismo», spiega Momigliano a Pagine Ebraiche. «Tutto si svolge in sinagoga e con la partecipazione delle istituzioni: un momento di riflessione sul passato e sul presente».
d.r.