ISRAELE – Testimonianze dal dolore, giuristi italiani sui luoghi del 7 ottobre

Una delegazione di legali e docenti di diritto di varie città italiane in Israele per confrontarsi con le istituzioni, come Ministero degli Esteri e Ministero della Giustizia, ma anche per documentare i massacri di Hamas. Prime tappe al sito del Nova Festival e ai kibbutzim colpiti di Kfar Aza e Nir Oz

La sveglia suona presto in questo lunedì 3 novembre 2025 a Gerusalemme. Per la delegazione di professionisti italiani organizzata su iniziativa dell’Ambasciata di Israele in Italia in collaborazione con il Dipartimento Affari Legali del Ministero degli Esteri israeliano, inizia una giornata che nessuno dimenticherà facilmente. Tra loro, giuristi appartenenti all’Age (Associazione avvocati e giuristi ebrei) alle Associazioni di amicizia Italia-Israele di varie città e all’Ala (Associazione per la lotta all’antisemitismo) e anche due membri di Giunta Ucei (fra cui chi scrive).

L’itinerario prevede la visita ai luoghi che due anni fa sono diventati teatro dell’orrore: il sito del Nova Festival e i kibbutz di Nir Oz e Kfar Aza. Il pullman parte alla volta della Gaza Envelope, i dintorni di Gaza. Il paesaggio che scorre fuori dai finestrini è ingannevole nella sua apparente normalità: campi coltivati, strade pulite, il cielo azzurro del sud di Israele. Ma alle 9, quando un ufficiale delle IDF ci accoglie al confine per un briefing introduttivo, la realtà si impone in tutta la sua crudezza.

Il Nova Festival: dove la musica si è trasformata in incubo

Alle 10 arriviamo al sito del Nova Festival. Quello che era nato come un raduno per celebrare la vita attraverso la musica elettronica si è trasformato, all’alba del 7 ottobre 2023, nel più grande massacro di giovani ebrei dalla Shoah. Il memoriale è commovente: centinaia di fotografie sorridenti guardano i visitatori da un grande pannello, volti di ragazzi e ragazze venuti qui semplicemente per ballare.

Il primo testimone è una giovane donna etiope-israeliana, sopravvissuta a quella mattina. La sua voce è ferma mentre racconta, ma le mani tremano leggermente. Indica il terreno brullo, gli alberi sparsi che non hanno offerto riparo a chi cercava disperatamente di nascondersi. Descrive i pickup dei terroristi che inseguivano i fuggitivi, i razzi che oscuravano il cielo, le raffiche di kalashnikov che sovrastavano la musica ancora pulsante dagli altoparlanti.

“Eravamo lì per la pace, per l’amore,” dice con voce rotta dall’emozione. “E loro sono venuti a ucciderci proprio per questo, perché eravamo giovani, perché eravamo felici, perché eravamo israeliani ed ebrei.”

Attorno a noi, il silenzio della delegazione è totale. Alcuni colleghi si asciugano discretamente gli occhi. Le fotografie sul memoriale sembrano osservarci, e ogni volto racconta una storia spezzata, un futuro negato, famiglie distrutte dal dolore.

La seconda testimonianza della giornata arriva da una sopravvissuta di Nir Oz, kibbutz situato a pochi chilometri dal confine con Gaza. Una donna che ha pagato un prezzo inimmaginabile: diversi membri della sua famiglia e molti amici sono stati uccisi quella mattina, altri sono stati rapiti e portati a Gaza.

Seduti su panchine memorial nel piccolo bosco vicino al kibbutz, ascoltiamo il suo racconto. La voce è più controllata rispetto alla prima testimone, ma il dolore è palpabile in ogni parola. Descrive il risveglio al suono delle sirene, i terroristi che hanno fatto irruzione nelle case, le famiglie barricate nelle safe room che hanno resistito ore prima di essere scoperte.

“Nir Oz era un kibbutz di pace,” racconta. “Molti di noi aiutavano i palestinesi di Gaza, li accompagnavano negli ospedali israeliani, credevano nella convivenza. E sono venuti proprio da noi, proprio nelle nostre case, a massacrarci.”

Il kibbutz, ci viene spiegato, ha perso circa un quarto della sua popolazione quel giorno, tra morti e rapiti. Le case sono ancora vuote, molte danneggiate o bruciate. Il silenzio che regna dove una volta c’era una comunità vivace e solidale è assordante. E poi una tappa alla casa dei Bibas: tutto rimasto com’era, giochi, cibi, una piccola chanukkia bruciata. 

I membri della delegazione cominciano a elaborare quanto visto e ascoltato. Come avvocati, siamo abituati a gestire documenti, testimonianze, prove, ma trovarsi di fronte alla realtà fisica di questi luoghi, ascoltare direttamente le voci di chi è sopravvissuto, tocca corde diverse. Le immagini del giorno restano impresse: i volti sorridenti sul memoriale del Nova, gli alberi che non hanno protetto nessuno, le case vuote di Nir Oz, e soprattutto gli occhi di chi è sopravvissuto e ha trovato la forza di raccontare.

Ci dirigiamo verso Gerusalemme presso il Ministero degli Esteri per un panel sulla lotta all’antisemitismo, sulle nuove frontiere di un fenomeno in continua crescita e sulle strategie da adottare.

L’obiettivo della missione organizzata dal Ministero degli Esteri israeliano è chiaro: far sì che professionisti del diritto possano testimoniare direttamente quanto accaduto, portando questa esperienza nelle università, nei dibattiti pubblici. In un’epoca in cui la disinformazione viaggia veloce e la verità viene spesso distorta, la testimonianza diretta diventa strumento fondamentale.

Domani continuerà la visita ad altri luoghi colpiti e altri incontri avremo al Ministero della Giustizia e con l’International Law Division delle Idf. Ma già oggi è chiaro che questa delegazione tornerà in Italia con una consapevolezza diversa, più profonda, di cosa sia realmente accaduto il 7 ottobre 2023 nel sud di Israele.

Giulio Disegni