SONDAGGI – Due anni dopo, metà dei palestinesi continua a sostenere il massacro del 7 ottobre

Circa la metà dei palestinesi, sia a Gaza sia in Cisgiordania, sostiene ancora il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre 2023. Lo riferisce il Palestinian Center for Policy and Survey Research (PCPSR) di Ramallah, che ha intervistato 1.200 persone tra il 22 e il 25 ottobre 2025, subito dopo il cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti e la presentazione del cosiddetto Piano Trump per il dopoguerra a Gaza.
Il consenso per l’attacco del 7 ottobre resta elevato: 59% tra i palestinesi della Cisgiordania, invariato rispetto a maggio, e 44% a Gaza, in crescita di sette punti rispetto all’ultima rilevazione.
A due anni dall’aggressione, la percezione dell’operato di Hamas nella guerra rimane complessivamente positiva: il 60% degli intervistati ne approva la condotta, con un netto divario tra Cisgiordania (66%) e Gaza (51%).
Pur con percentuali alte di sostegno a Hamas, i dati rivelano una differenza tra le due aree. A Gaza, dove il 7 ottobre ha portato la guerra, il sostegno al movimento terroristico – che governa la Striscia da oltre diciotto anni – appare più contenuto, segnato dall’esperienza diretta del conflitto e del regime islamista. In Cisgiordania, Hamas non ha potere ma cerca di conquistarlo e può contare su un gradimento maggiore, con la rabbia palestinese indirizzata tanto contro Israele quanto contro l’Autorità nazionale palestinese, percepita come inefficace e corrotta.
Il sondaggio mostra anche una forte contrarietà all’idea di disarmare Hamas, condizione prevista dal Piano Trump per una pace duratura: il 69% dei palestinesi si oppone alla proposta, con un picco dell’87% in Cisgiordania e del 55% a Gaza. Solo un quinto crede che il piano possa realmente porre fine alla guerra o portare alla nascita di uno Stato palestinese entro cinque anni.
Alla domanda su quale sia il modo più efficace per “porre fine all’occupazione e ottenere uno Stato”, il 41% ha indicato la “lotta armata”, mentre il 36% ha scelto la via negoziale e il 19% la resistenza non violenta. In Cisgiordania la preferenza per la lotta armata sale al 49%, mentre a Gaza scende al 30%.
Sul piano politico, la sfiducia verso l’Autorità nazionale palestinese resta diffusa. Il 75% boccia l’operato del presidente Mahmoud Abbas, e l’80% ne chiede le dimissioni (83% in Cisgiordania, 73% a Gaza). Nei sondaggi su possibili successori, Marwan Barghouti, condannato da Israele a cinque ergastoli per terrorismo, emerge come la figura più popolare: in un ipotetico voto a tre, otterrebbe il 49%, contro il 36% del leader di Hamas Khaled Meshaal e il 13% di Abbas.
Barghouti, tuttavia, è detenuto in Israele e Gerusalemme non sembra intenzionata a rilasciarlo. Se la sfida presidenziale fosse solo tra Meshaal e Abbas, il leader di Hamas vincerebbe con un ampio margine (63% contro 27%); ma in un confronto diretto tra Barghouti e Meshaal, la bilancia si invertirebbe (58% contro 39%).
A livello di sostegno ai movimenti politici, Hamas raccoglie oggi il 35% delle preferenze complessive (41% a Gaza, 32% in Cisgiordania), contro il 24% di Fatah, il partito di Abbas. La popolarità di quest’ultimo rimane minima (21%) e il 56% dei palestinesi considera l’Autorità un “peso per il popolo”. L’85% dei residenti in Cisgiordania dichiara di non sentirsi sicuro e il 92% ritiene che le istituzioni dell’Anp siano corrotte.
Sul piano esterno, il sostegno maggiore lo ricevono i ribelli Huthi dello Yemen (74%), seguiti da Qatar (52%), Hezbollah (50%) e Iran (44%). Tra i paesi non musulmani, il consenso va soprattutto a Cina (34%) e Russia (25%), mentre gli Stati Uniti del presidente Donald Trump si fermano al 6%.
Quanto al futuro politico, solo il 45% sostiene oggi la soluzione dei due stati, sebbene il dato salga al 61% nella Striscia e crolli al 33% in Cisgiordania. Più della metà (56%) ritiene che l’idea non sia ormai più praticabile.