ISRAELE – Raffaele Turiel (World Mizrachi): «Unità parola d’ordine del Congresso sionistico mondiale»
Il 39esimo Congresso sionistico mondiale, il più partecipato di sempre, si avvia verso la conclusione con la definizione – dopo lunghe e complesse trattative – delle principali cariche delle istituzioni sioniste. «Il Congresso Sionista Mondiale (World Zionist Organization – WZO) è l’unico forum globale che riunisce tutte le anime del sionismo, religiose e laiche, da Israele e dalla Diaspora. Quest’anno è stato un appuntamento particolare, segnato dall’eco del 7 ottobre e della tregua a Gaza. Il tema dominante è l’esigenza forte, condivisa da tutto il mondo ebraico, di unità», racconta Raffaele Turiel, delegato italiano del World Mizrachi, a Pagine Ebraiche.
Un Congresso denso di significati, che per Turiel, ebreo milanese, «ha rappresentato anche un momento di riflessione collettiva sul futuro del sionismo. Dopo il 7 ottobre il mondo è cambiato, e con esso anche la nostra percezione di cosa significhi oggi essere parte del popolo ebraico. Il sionismo deve riscoprire il suo senso originario, quello della costruzione e della responsabilità comune».
Le nuove nomine
Dopo giorni di trattative e tensioni, i delegati hanno raggiunto un accordo di compromesso sulle principali nomine. Secondo i media israeliani, l’intesa prevede che alla guida della World Zionist Organization resti per i prossimi due anni e mezzo Yaakov Hagoel, leader del World Likud, per poi lasciare il posto a un rappresentante del partito centrista Yesh Atid.
Alla presidenza del Keren Kayemeth LeIsrael – Fondo Nazionale Ebraico (KKL-JNF) andrà Meir Cohen, deputato di Yesh Atid, che si dimetterà dalla Knesset per assumere la carica, prima di cederla a un rappresentante del Likud.
Il rabbino Doron Perez, guida mondiale del World Mizrachi e padre del capitano Daniel Perez, ucciso il 7 ottobre e la cui salma è stata restituita di recente da Hamas, sarà nominato presidente onorario della WZO o, in seguito, presidente del Keren Hayesod, principale organizzazione internazionale di raccolta fondi.
L’accordo ha posto fine a una fase di stallo segnata dalle polemiche per la proposta del ministro Miki Zohar di nominare Yair Netanyahu, figlio del primo ministro, a un ruolo di vertice nella WZO. La candidatura, accolta con forte opposizione dal centro e dai movimenti liberal, è stata infine ritirata. «È stata una vicenda molto delicata», osserva Turiel, «ma alla fine ha prevalso la volontà di trovare una soluzione ampia e condivisa. È importante non trasformare questo spazio in un terreno di scontro politico interno a Israele».
I temi del dibattito
Al di là delle nomine, il Congresso ha affrontato questioni cruciali per il futuro del popolo ebraico: l’unità tra Israele e la Diaspora, la lotta all’antisemitismo, l’educazione e la trasmissione dell’identità ebraica. «C’è una consapevolezza nuova che l’ebraismo della Diaspora, in particolare quello americano, stia vivendo un momento di distanza da Israele», spiega Turiel. «Le ragioni sono molte: scarsa conoscenza della lingua e della cultura ebraica, poca presenza di Israele nei programmi scolastici, un indebolimento dell’identità. Per questo diverse mozioni approvate chiedono di rafforzare i programmi educativi ebraici nel mondo, anche attraverso il sostegno economico alle scuole e alle comunità più piccole».
Un altro tema centrale è stato quello dell’antisemitismo. «Dopo il 7 ottobre l’odio antiebraico si è diffuso con forza in ogni ambito: nei social, nei campus, nello spazio pubblico. È un fenomeno globale», osserva il delegato italiano, «e va affrontato con una strategia comune. In questo senso, la cooperazione tra Israele e le comunità della Diaspora è fondamentale».
Durante il Congresso, molti delegati hanno visitato i luoghi simbolo del 7 ottobre, da Sderot al kibbutz Nir Oz, fino al sito del Nova Festival. «Oggi quei luoghi sono diventati una sorta di santuario, con tanti alberi piantati e le foto delle vittime», racconta Turiel. «Ma si vede anche l’inizio della ricostruzione: giovani che scelgono di trasferirsi nel sud, di vivere e lavorare dove la guerra ha colpito di più. È un segnale di speranza e anche il Congresso si è impegnato a dare il suo contributo in questi progetti di ricostruzione».
Una proposta simbolica
Tra le oltre 300 mozioni presentate, solo una trentina sono state discusse. «La mia non era tra queste», spiega Turiel. «Ho proposto di concedere la Teudat Ma’avar, il passaporto temporaneo israeliano, a tutti gli ebrei che ne fanno richiesta anche se non risiedono stabilmente in Israele. Non cambierebbe nulla nella legge del ritorno o nella cittadinanza, ma darebbe la possibilità di restare in Israele fino a sei mesi invece di tre. Soprattutto, darebbe un segnale di appartenenza e unità. Direbbe, in modo concreto, che siamo un unico popolo, ovunque ci troviamo».
Alla vigilia della chiusura dei lavori, Turiel traccia un bilancio personale.
«Mi porto a casa un tema di consapevolezza», spiega. «Mi ha colpito molto questo richiamo all’unità tra Israele e la Diaspora. Mi piace perché non è scontato: la mentalità israeliana spesso tende a dire “se ti trovi male fuori, vieni in Israele”. Oggi invece mi sembra che ci sia una visione più complessa e matura». Per il delegato del World Mizrachi, «l’idea che Israele e la Diaspora debbano essere uniti restituisce un ruolo anche a chi vive fuori da Israele. Il sionismo non è solo andare in Israele, ma anche sostenerlo, e allo stesso tempo Israele deve sostenere la Diaspora».
Daniel Reichel