ISRAELE – «Finalmente sei tornato, fratello». La salma di Itay Chen rientra a casa
«Non ho mai smesso di pensare a te. Finalmente sei tornato, fratello».
Poche parole a corredo di una fotografia in cui sono ritratti insieme in divisa: Matan Angrest a sinistra, Itay Chen a destra. Amici e compagni, Matan e Itay facevano parte del cosiddetto “team Peretz”, assieme al comandante Daniel Peretz e al sergente Tomer Leibovitz: quattro giovani soldati che il 7 ottobre 2023 hanno affrontato da soli decine di terroristi nei pressi di Nahal Oz, al confine con la Striscia di Gaza.
L’unico a sopravvivere quel giorno è stato Matan, liberato dopo due anni di prigionia. La salma di Tomer era stata recuperata pochi giorni dopo l’attacco, quella di Daniel è stata restituita il 15 ottobre scorso con l’accordo di cessate il fuoco, e ora anche quella di Itay è rientrata in Israele, restituita nella notte da Hamas.
«Cari amici e familiari, grazie per il sostegno e per l’amore. Ancora non riesco a crederci: il nostro Itay è tornato, e non è più un ostaggio», ha scritto la madre, Hagit Chen, in un messaggio diffuso sui social.
Mentre Israele prepara la sepoltura del giovane carrista, a Gaza la tregua resta fragile. Nelle ultime ore due miliziani di Hamas sono stati uccisi mentre cercavano di varcare la linea gialla, la fascia di sicurezza che attraversa la Striscia e separa le postazioni israeliane dai settori controllati da Hamas.
I 200 terroristi di Rafah
Sul fronte politico e militare si riaccende intanto il dibattito sul destino dei circa 200 terroristi ancora nei tunnel di Rafah, isolati dal resto delle gallerie scavate Hamas. Il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, intervistato dall’emittente Kan, ha escluso qualsiasi concessione: «Dobbiamo eliminarli. Siamo vicini a colpirli nei tunnel». Smotrich ha respinto l’ipotesi di un accordo che preveda un “passaggio sicuro” verso le aree controllate da Hamas in cambio della restituzione delle ultime 7 salme degli ostaggi in mano ai terroristi.
Fonti del governo, riporta il Jerusalem Post, hanno confermato che il primo ministro Benjamin Netanyahu non ha escluso un’intesa, ma solo a condizione che i terroristi accettino di deporre le armi prima del trasferimento. «Nessun terrorista avrà un passaggio sicuro senza la promessa di disarmo», si legge nella nota dell’ufficio del primo ministro.
La linea gialla e la tregua immobile
A Gaza, secondo l’analista Yoav Zitun di ynet, l’esercito israeliano teme che la situazione lungo la linea gialla si cristallizzi in una sorta di status quo armato. Le Forze di Difesa israeliane (Idf), scrive Zitun, hanno consolidato le proprie posizioni, ma sono sottoposte a severe restrizioni operative imposte dagli Stati Uniti sotto la pressione di Qatar e Turchia. «Il temporaneo rischia di diventare permanente», ha spiegato a Zitun un alto ufficiale israeliano. «Siamo fermi su una linea che non è più un fronte di guerra, ma neppure una pace stabile».
Secondo l’analista, l’esercito sta impiegando queste settimane per neutralizzare la rete di tunnel e basi sotterranee ancora presenti sul lato israeliano della linea, mentre Hamas consolida la propria autorità politica e militare nelle aree più interne. Ogni giorno, i terroristi minano nuovi accessi, installano ordigni e ricostruiscono la catena di comando locale, approfittando della paralisi operativa israeliana.
Zitun sottolinea che la tregua, negoziata come misura temporanea, si sta trasformando in una realtà di lungo periodo, favorita dalla difficoltà di avviare la “fase B” dell’accordo, che prevede l’ingresso di una forza internazionale e la creazione di una nuova amministrazione palestinese. Washington, scrive la firma di ynet, «è restia ad autorizzare operazioni offensive israeliane, temendo di compromettere l’equilibrio raggiunto».
Nel frattempo, Hamas ha ripreso il controllo di oltre metà della Striscia, ristabilendo strutture amministrative, tribunali locali e apparati di sicurezza, e reprimendo i gruppi rivali. Dall’altro lato, Tsahal è vincolata a una postura difensiva rigida: i soldati possono aprire il fuoco solo contro chi attraversa la linea o rappresenta una minaccia immediata, mentre gli episodi di infiltrazione vengono trattati caso per caso con il coordinamento americano.
«Due milioni di abitanti di Gaza non se ne andranno da nessuna parte», conclude Zitun. «E se la tregua resta ferma, sarà Hamas a trarne vantaggio».