ISRAELE – L’ex ostaggio e il racconto delle torture in prigionia

«Ero distrutto. Stavo morendo. Senza cibo, senza forza. Pregavo Dio: “Ti prego, salvami, tirami fuori da questa situazione”». Così Rom Braslavski ricorda i 738 giorni della sua prigionia a Gaza. Due anni in mano ai terroristi della Jihad islamica palestinese, dopo essere stato rapito il 7 ottobre 2023 mentre lavorava come guardia di sicurezza al Nova festival, a Re’im.
Nell’intervista al programma israeliano Hazinor del Canale 13, Braslavski racconta di essere stato spogliato, legato, torturato. «Ero distrutto, ma ogni mattina mi dicevo: “Sono sopravvissuto a un altro giorno all’inferno. Domani mi sveglierò in un altro inferno. E un altro ancora. E un altro ancora”».
Poi racconta della violenza sessuale subita. «Lo scopo principale era umiliarmi, distruggere la mia dignità. Ed è esattamente quello che hanno fatto». Le parole gli si spezzano in gola, tra le lacrime: «È difficile per me parlare di quella parte. È stata la cosa più orribile. È qualcosa che nemmeno i nazisti hanno fatto».
Per due anni Braslavski ha vissuto tra fame, paura e isolamento. «Mi dicevo solo: “Ma perché? Perché io?”. Pregavo di morire e, quando non succedeva, pregavo di resistere».
Dopo la liberazione, la madre, Tami, ha raccontato che il figlio era stato «frustato e picchiato con oggetti che non voglio nemmeno nominare». Gli aguzzini di Hamas facevano pressione perché si convertisse all’Islam, promettendo cibo e condizioni migliori, ma lui aveva rifiutato. «Mi dicevano che Israele mi aveva dimenticato, che nessuno protestava per me», ha ricordato Rom. «Ma dentro di me sapevo che non era vero. Dovevo crederci, o sarei morto».
Quando è tornato in Israele, il 13 ottobre, insieme ad altri venti ostaggi liberati nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco con Hamas, ha commentato: «Sono tornato dall’incontro con il diavolo».
Il suo racconto segna una svolta: è il primo ex ostaggio maschio a denunciare pubblicamente abusi sessuali durante la prigionia a Gaza. «È difficile trovare le parole», ha sottolineato Braslavski. «Ti portano via tutto: il corpo, la fede, la voce. Ti rimane solo la speranza, e a volte anche quella non basta».

L’addio al sergente Oz Daniel
Scosso dalla testimonianza dell’ex ostaggio, il paese rende nel frattempo onore al sergente Oz Daniel, accompagnato da centinaia di persone al cimitero militare di Kfar Saba, tra bandiere, silenzio e lacrime. La salma di Daniel, assassinato il 7 ottobre 2023, è stata restituita negli scorsi giorni da Hamas.
Durante la cerimonia, il capo dello stato, Isaac Herzog, ha chiesto perdono alla famiglia per l’interminabile attesa: «Ci sono voluti due anni per riportare Oz a casa. Come presidente di Israele, chiedo scusa per aver impiegato così tanto a mantenere questo patto sacro», ha sottolineato, promettendo «un’indagine profonda per capire la portata del fallimento» del 7 ottobre.
La madre, Merav Daniel, lo ha salutato con voce spezzata: «Avevo così paura di questo momento. Dopo due anni di attesa, di preghiere, di notti insonni, oggi sei finalmente a casa. Non è così che immaginavo di rivederti, ma almeno sei tornato nella terra che amavi». Il padre, Amir, ha parlato con orgoglio e dolore: «Sono il padre più fiero del mondo, e anche il più spezzato. Ma scelgo di essere forte, perché questa è la volontà di Oz, la volontà del popolo d’Israele».

(Foto Ufficio stampa governo israeliano)