ANNIVERSARI – Rabin e Ghedalià, una serata a Torino per ricordare e riflettere
Un governante ebreo ucciso da un altro ebreo, considerato traditore per essere sceso a compromessi con il nemico; era stato avvertito dei rischi, ma non aveva voluto credere che l’odio tra ebrei potesse giungere a tanto. La sua uccisione segnò la fine di molte speranze per il popolo ebraico.
Sono decisamente evidenti le somiglianze tra l’assassinio di Yitzhak Rabin trent’anni fa e quello di Ghedalià, governatore del Regno di Giuda dopo la distruzione del Primo Tempio, in ricordo del quale si digiuna il 3 di Tishrì, il giorno dopo Rosh Hashanà; infatti alcuni digiunando il 3 di Tishrì ricordano anche l’assassinio di Rabin, seguendo la tradizione di non moltiplicare i giorni di lutto ma aggiungere a quelli già esistenti il ricordo di nuovi eventi luttuosi più recenti. Non mancano, tuttavia, le differenze, sia per quanto riguarda il contesto storico sia per quanto riguarda le conseguenze dell’assassinio.
Il confronto tra il personaggio biblico di cui si parla nel secondo libro dei Re e nei capitoli 40 e 41 di Geremia e il primo ministro israeliano assassinato la sera del 4 novembre 1995 è stato alla base della serata organizzata martedì 4 novembre dalla Comunità ebraica di Torino. Un tema legato alla nostra tradizione per riflettere tutti insieme sulle conseguenze catastrofiche dell’odio all’interno del popolo ebraico. Una serata per ricordare Yitzhak Rabin tutti insieme, al di là delle appartenenze e delle opinioni politiche.
Rav Ariel Finzi, Rabbino Capo di Torino, ha illustrato il contesto e le conseguenze dei due delitti, mettendo in evidenza soprattutto come il processo di pace sia stato portato avanti dopo l’assassinio di Rabin da altri premier che hanno proseguito sulla strada da lui intrapresa e come la sua interruzione sia stata determinata da altre cause; dunque, a parere di Rav Finzi, non si può affermare che l’assassino di Rabin sia riuscito nel suo intento. Una conclusione che consente forse qualche spiraglio di ottimismo. L’eredità di Rabin è dunque ancora viva? È ancora possibile sognare la pace?
Altre domande si affacciano alla nostra mente in questo trentesimo anniversario, ricordando dove eravamo e cosa facevamo quando abbiamo sentito la notizia dell’assassinio di Rabin: i nostri pensieri di oggi sono ancora quelli di allora? I nostri timori e le nostre speranze si sono concretizzati? E ancora: cosa sanno e cosa pensano di Rabin i giovani che non possono ricordare in prima persona quel 4 novembre? Su questo tema è intervenuto l’Assessore ai Giovani Ruben Piperno, che nel 1995 aveva un anno. La memoria non serve a fermarsi nel passato – ha affermato – ma a chiederci ogni giorno che tipo di futuro vogliamo costruire come singoli, come comunità e come popolo.
A conclusione della serata la canzone che lo stesso Yitzhak Rabin aveva cantato poco prima di essere ucciso, il cui testo è stato ritrovato nella sua tasca intriso del suo sangue: Shir Lashalom, Canto di pace.
Anna Segre