LA NOTA – Alberto Heimler: “Antiebreismo”, il nuovo apartheid sociale
Antisionismo e antisemitismo appartengono a categorie diverse. Antisemitismo implica una ostilità, pregiudizio, o discriminazione nei confronti degli ebrei come gruppo; antisionismo un’opposizione alla legittimità di Israele di esistere come Stato degli ebrei. Antisemitismo e antisionismo però si sovrappongono in parte: negare la legittimità di uno Stato per gli ebrei è una forma di antisemitismo, essendo gli ebrei l’unico popolo a cui non sarebbe consentito avere uno Stato, non nel 1948 quando magari lo si poteva anche sostenere, ma quasi ottant’anni dopo la sua costituzione. Ma teniamo pure i due “ismi” separati. La questione è che l’ostilità nei confronti di Israele da parte di una larga parte dei giovani e della sinistra emersa negli ultimi due anni non sempre rientra né nell’antisemitismo né nell’antisionismo. La caratteristica degli “ismi” è che esprimono tutti delle categorie nelle quali gli individui si identificano. I fascisti elogiano il fascismo, i capitalisti il capitalismo, gli impressionisti l’impressionismo, ecc. Lo stesso vale per la categoria degli “anti”, gli antifascisti si sentono onorati di essere chiamati come tali, così come gli antirazzisti o gli anticlericali.
In realtà coloro che negano la legittimità di Israele a esistere come Stato occupante della West Bank e a difendersi non si sentono antisemiti né, per lo meno la maggior parte, antisionisti. Cosa sono allora coloro che boicottano le università israeliane o aggrediscono (verbalmente o fisicamente) gli israeliani e gli ebrei nei nostri paesi come se fossero tutti degli assassini, persino negli ambienti paludati delle professioni o della ricerca universitaria?
Sergio Della Pergola ha coniato il termine antiebreismo (non antiebraismo) per cui siamo tutti aggrediti o discrimati in quanto ebrei, implicitamente tutti sostenitori di Israele e del suo governo, a meno che non dichiariamo il contrario. L’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha chiesto alle Comunità ebraiche italiane di dissociarsi dal governo di Israele dimenticandosi che noi siamo italiani come lui e non dobbiamo dissociarci da alcuna azione di un governo straniero. La sua è una forma di antiebreismo. Così come le accuse di genocidio a Israele (che evidentemente richiede un’intenzionalità sterminatrice) che sono evidentemente false e che non vengono utilizzate per nessun altro conflitto al mondo dove peraltro sarebbero molto più appropriate (nel Sudan del Sud, in Nigeria o in Cina).
Ciò che sta avvenendo soprattutto nei confronti degli israeliani, ma anche degli ebrei in generale, è una sorta di apartheid sociale forse peggiore nei suoi effetti dell’apartheid di Staro se non del nazismo certo del fascismo. Allora gli ebrei erano discriminati per legge, ma la gente mostrava una qualche empatia, soprattutto in Italia. Adesso gli ebrei sono cittadini come gli altri, ma vengono discriminati socialmente come gruppo. È un fenomeno molto più infido e difficile da combattere. Non basta abrogare una legge come dopo il fascismo, ma occorre intervenire sul sistema dei valori e dei comportamenti collettivi della nostra società, insegnando il rispetto e la tolleranza.
Le piattaforme sociali certo non aiutano perché mantengono la coesione dei gruppi non scalfisono le loro credenze, i loro pregiudizi, anzi li rafforzano. Ma la televisione e la stampa generalista potrebbero cercare di essere più equilibrate. Un solo esempio. Dovrebbero sempre ricordare che quanto è stato avviato molto meritoriamente dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump è un processo di pacificazione che va sostenuto e appoggiato, non vilipeso e messo in discussione quotidianamente osservando che non è la Pace (con la P maiuscola) e insistendo sulla “fragile tregua”. Grazie, lo sappiamo, ma è un inizio, una luce (neanche tanto fievole) che non deve essere spenta. I venti punti de Trump hanno cambiato il paradigma. Da qui il loro successo. Prima si voleva raggiungere la pace discutendo sulle mappe e sui territori da spartirsi. L’accordo non è mai stato trovato. Adesso questo è lasciato al futuro. Che imparino reciprocamente a convivere. Poi si vedrà.
Alberto Heimler