ISRAELE – Restituita una salma di ostaggio, Gerusalemme: «Ritardo inaccettabile» 

Da più di due anni la scena non cambia: la Croce rossa internazionale entra nella Striscia per incontrare i terroristi palestinesi e farsi consegnare, quando accade, le salme degli ostaggi. Così è avvenuto anche nelle ultime ore, quando una delegazione del Cicr ha raggiunto il centro di Gaza per ricevere i resti di un ostaggio ucciso. Spetterà all’Istituto forense Abu Kabir di Tel Aviv accertare l’identità del corpo e stabilire se appartenga a Ran Gvili, Dror Or o al cittadino thailandese Sudthisak Rinthalak, gli ultimi tre ostaggi deceduti e ancora trattenuti a Gaza. Le Idf hanno invitato il pubblico «ad agire con sensibilità e ad attendere l’identificazione ufficiale, che sarà comunicata prima di tutto alle famiglie».
Hamas e Jihad Islamica hanno ritardato la consegna della salma per quasi 24 ore, spingendo il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a denunciare «l’ennesima violazione dell’accordo» e a ribadire la richiesta della restituzione immediata di tutti e tre gli ostaggi uccisi.
Secondo il gruppo Jihad Islamica, il corpo sarebbe stato rinvenuto in un settore sotto controllo delle Idf, una versione che Israele non commenta ma che conferma, spiega ynet, la complessità del teatro operativo. La Striscia è oggi divisa dalla cosiddetta linea gialla, con intere zone ridotte a macerie e un fitto reticolo di tunnel sotterranei in cui, secondo l’esercito, si nascondono ancora decine di terroristi. Una rete estesa, frammentata e difficile da mappare, che rende ogni avanzamento lento e pericoloso, compresa la ricerca dei corpi degli ostaggi.
È proprio in quest’area che, negli ultimi giorni, le unità d’élite delle Idf, in particolare la ricognizione della brigata Golani e reparti della brigata Nahal, stanno conducendo operazioni mirate nei tunnel di Rafah e Jneinah. Un reportage di Haaretz racconta come i soldati stiano lavorando per individuare e neutralizzare i terroristi ancora nascosti nel sottosuolo.
Secondo il comandante della ricognizione Golani, «la nostra missione principale è uccidere o catturare i terroristi all’interno dei tunnel». Ma è complicato operare in un sistema sotterraneo ramificato che attraversa case distrutte e quartieri interi: «Sotto ogni montagna di detriti potrebbe esserci un ingresso», spiega l’ufficiale. Le Idf ritengono che nei tunnel restino «decine, forse un centinaio» di terroristi, difficili da localizzare perché si muovono rapidamente tra passaggi secondari ed emergono in superficie solo per pochi istanti.
A differenza delle prime fasi della guerra, l’assenza di ostaggi vivi nel sottosuolo ha ampliato la libertà operativa israeliana. Le Idf non oltrepassano la linea gialla, ma conducono attacchi mirati all’interno della zona controllata, distruggendo imbocchi dei tunnel, depositi di armi e colpendo i terroristi quando tentano di uscire per attaccare.
Un ufficiale citato da Haaretz spiega: «La missione resta chiara, qualunque sia il fronte. Il contesto è complesso e talvolta non è immediato capire da dove provenga la minaccia, ma le nostre operazioni proseguono con obiettivi definiti». 

(Nell’immagine, il capo di stato maggiore Eyal Zamir in visita a uno dei reparti delle Idf impegnati a Gaza)