ISRAELE – «Non dimenticate Ran», l’appello della famiglia Gvili
«Tipico di Ran: il primo a entrare, l’ultimo a uscire», osserva Talik Gvili. Da oltre due anni aspetta di riavere la salma del figlio, il sergente maggiore Ran Gvili, uno dei due ostaggi uccisi i cui corpi restano ancora nelle mani di Hamas, insieme a quello del cittadino thailandese Sudthisak Rinthalak. Le ricerche per ritrovare la salma di Gvili si concentrano nell’area di Zeitoun, quartiere di Gaza City. «Riceviamo aggiornamenti quotidiani. È un periodo molto difficile», sottolinea la madre di Ran a ynet. «Quando hanno restituito Dror Or, abbiamo provato gioia per quelle famiglie… ma anche noi aspettiamo il ritorno di nostro figlio, come ci è stato promesso». Talik sente «l’abbraccio della gente e dei media» e chiede di non essere dimenticata, almeno finché non potrà seppellire suo figlio: «Ran è un grande eroe, ha combattuto ferito contro decine di terroristi. Ha eliminato molti di quei mostri».
Il padre, Itzik, teme che la vicenda possa prolungarsi oltre ogni previsione. «Preghiamo che non diventi un altro Ron Arad», ha dichiarato all’emittente Kan, riferendosi al pilota israeliano catturato nel 1986 in Libano e mai più restituito. «Andiamo avanti perché dobbiamo. Hamas dice che sta cercando, ma non vediamo progressi. Giocano con noi e ci ingannano», commenta amaro Itzik.
Il provvedimento per gli ex ostaggi bocciato
Mentre la famiglia Gvili attende suo figlio, la questione degli ostaggi è stata al centro di uno scontro politico alla Knesset. La coalizione ha respinto con 50 voti no contro 40 sì una proposta di legge che prevedeva aiuti immediati agli ostaggi liberati e alle famiglie di quelli uccisi. Il testo, presentato dalla deputata Pnina Tamano-Shata (del partito centrista Kachol Lavan), prevedeva un pacchetto di 4 milioni di shekel (circa un milione di euro) per sostenere cure mediche, riabilitazione e supporto psicologico. La bocciatura ha suscitato critiche durissime. L’ex capo di stato maggiore, Gadi Eisenkot, ha parlato di «disastro morale», mentre il Forum delle famiglie degli ostaggi ha denunciato «un nuovo abbandono», ricordando che molti liberati sono costretti a ricorrere a donazioni private per affrontare le spese quotidiane.
Tra le reazioni più amare quella di Eliya Cohen, liberato a febbraio dopo un anno e mezzo di prigionia: ha definito «imbarazzante» il sostegno economico ricevuto dallo stato e ha accusato il governo di aver lasciato gli ostaggi «dipendenti dalla buona volontà dell’opinione pubblica».
Lo scontro Katz-Zamir
Oltre alle tensioni alla Knesset, un altro fronte di attrito si è aperto ai vertici della sicurezza: quello tra il ministro della Difesa Israel Katz e il capo di stato maggiore dell’Idf, Eyal Zamir. La rottura è diventata pubblica durante una cerimonia in memoria del fondatore dello stato di Israele, David Ben-Gurion, quando Zamir ha invocato una «leadership coraggiosa e trasformativa», capace di assumersi le responsabilità dei fallimenti e di imporre un cambio di rotta. «Non una leadership che elude», ha detto, in una frase interpretata come una critica diretta al governo.
Lo scontro, però, non nasce lì. Da settimane Katz e Zamir si confrontano sul tema delle indagini interne dell’esercito relative al 7 ottobre. Il ministro accusa le Idf di non aver fatto abbastanza chiarezza sui propri errori e, come forma di pressione, ha congelato per 30 giorni le promozioni dei principali comandanti, un atto che ha impedito all’esercito di modificare la propria catena di comando. Zamir ha replicato, parlando di «interferenza politica» e avvertendo che il blocco delle nomine indebolisce la prontezza operativa dell’esercito in una fase altamente sensibile.
Per evitare un’escalation, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha convocato i due in incontri separati. Il tentativo di mediazione, scrive il quotidiano Maariv, non sembra aver prodotto risultati: le posizioni restano distanti e, secondo fonti politiche, lo scontro rischia di trasformarsi in un caso istituzionale destinato a durare.
d.r.
(Nell’immagine, i genitori di Ran Gvili – Forum delle famiglie degli ostaggi – Paulina Patimer)