MUSICA – Il tesseratto di Šostakovič
Tra qualche giorno la Scala di Milano inaugurerà la stagione lirica con un’opera molto inquietante che segnò irreversibilmente le sorti musicali e umane del suo autore ossia l’opera Ledi Makbet Mtsenskogo uyezda (Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk) del compositore sovietico Dmitrij Šostakovič su libretto di Aleksandr Germanovič Prejs; già attaccato nel 1936 in un articolo della Pravda (presumibilmente dettato dallo stesso Stalin al giornalista del quotidiano ufficiale del partito comunista sovietico) dopo la prima dell’opera il 22 gennaio 1934 a Leningrado, a causa di essa Šostakovič si pose in una situazione estremamente pericolosa nei riguardi della leadership sovietica.
L’assenza nelle sue opere di un pur lontano elemento apologetico nei riguardi del regime sovietico e della persona di Stalin minarono la sua credibilità agli occhi dell’apparato di governo; dopo la stroncatura nel 1945 della Simfoniya n.9 da parte di Stalin nonché le negative recensioni giornalistiche palesemente pilotate dalla nomenklatura riguardo le Sinfonie n.7, 8 e 9, Šostakovič amareggiato si autosospese dall’incarico di docente presso il conservatorio di Leningrado.
Previo accordo segreto con Šostakovič, il direttore d’orchestra estone Roman Matsov registrava a Tallinn con l’orchestra della Radiodiffusione Pubblica Estone le sinfonie di Šostakovič subito dopo le anteprime a Leningrado o Mosca in modo che, qualora quell’opera fosse stata censurata e vietata, ci sarebbe stata almeno una copia fonografica a Tallinn; presso la stazione radio accadeva che, per carenza di materiale, i nastri delle registrazioni fossero cancellati per riutilizzarli ma Matsov nascose i nastri di Šostakovič sotto i propri indumenti per metterli in salvo nella propria abitazione.
Durante le prove della sua Simfoniya n.11 Maxim Šostakovič, musicista e figlio del compositore, si avvicinò all’orecchio del padre e gli disse a bassa voce: “Papà, credo che domani ti impiccheranno per questa sinfonia”; nel 1948 la situazione precipitò, in una sorta di moderna e antesignana forma di gogna mediatica il decreto ostativo dell’esecuzione di gran parte delle opere di Šostakovič fu pubblicato sulle principali testate sovietiche e ciò significava dare mano libera alla polizia politica del MGB (in seguito KGB) che avrebbe potuto arrestare il compositore in qualsiasi momento.
Era improcrastinabile rimodulare gli orizzonti artistici e aderire ai dettami del Partito per calmierare il regime; Šostakovič accettò suo malgrado commissioni per scrivere musica da film e oratori.

Ottenne il premio Stalin alla pari della maggior parte dei compositori ben inseriti nel sistema sovietico, occorre invero leggere il conferimento (e accettazione) del premio più ambito dell’URSS come un atto di terrorismo psicologico nonché una seria minaccia esistenziale; consapevole di ciò Šostakovič reagì come soltanto lui sapeva fare, scrivendo la Simfoniya n.13 op.113 Babyn Yar.
Sebbene la sinfonia si riferisse all’eccidio perpetrato nel 1941 da unità tedesche presso la località ucraina di Babyn Yar, in realtà l’opera era un’implicita accusa al regime sovietico che a lungo nascose l’identità ebraica di 33.771 vittime dell’eccidio evitandone ogni menzione e genericamente riferendosi loro nella documentazione storiografica come cittadini sovietici o vittime del fascismo; i testi poetici originali di Evgenij Evtušenko utilizzati nella sinfonia criticavano l’antisemitismo dilagante nella società sovietica, questi furono modificati su pressione del partito comunista all’indomani della prima assoluta dell’opera il 18 dicembre 1962 presso il conservatorio di Mosca.
Mentre la Seconda Guerra Mondiale era in pieno svolgimento e tutte le risorse di ogni Paese in conflitto erano destinate al fronte, in Lager e Gulag si creavano teatri o si assemblavano orchestre sinfoniche e cori così potenti da far tremare le volte di un teatro, si scrivevano fiumi di musica.
Irrealistico? La risposta è nella domanda perché le cose classificate come irreali nella tridimensionalità sono reali nella quinta dimensione, quella del teatro e della musica.
Da anni scienziati (e gente comune) si scontrano con terrapiattisti (e gente comune) sul fatto che la terra sia tonda o assomigli a una scodella rovesciata, ognuno portando tesi e dimostrazioni a loro modo inoppugnabili; duole dirlo ma scienziati e terrapiattisti sbagliano entrambi.
La terra è un cubo in quinta dimensione ossia un tesseratto, quello che i pittori cubisti Pablo Picasso e Georges Braque o gli autori del film Interstellar diretto da Christopher Nolan cercavano di farci comprendere; il perché la Terra vista dallo spazio assomigli a una sfera ce lo rivelerà probabilmente Šostakovič nella sua Lady Macbeth o nella colossale sinfonia Babyn Yar.
La risposta è nella musica. Da sempre.
Francesco Lotoro
(Nelle immagini: il Teatro alla Scala di Milano; il compositore Dmitrij Šostakovič)