CAMALDOLI – Oltre Nostra Aetate, una sfida di coerenza
È calato il sipario sulla 45esima edizione dei Colloqui ebraico-cristiani di Camaldoli, dedicati ai 60 anni della dichiarazione conciliare Nostra Aetate e alle prospettive future del dialogo. Al dibattito ha preso tra gli altri parte la presidente Ucei, Noemi Di Segni.
«La sintesi di ogni possibile strumento sono due parole: coerenza e concretezza», ha affermato aprendo la seconda giornata di lavori in compagnia della studiosa cattolica Milena Santerini e dell’ambasciatore d’Israele presso la Santa Sede, Yaron Sideman. Coerenza come presupposto, perché se non si conoscono le fonti ebraiche, la storia della terra d’Israele, quella della nascita dello Stato in epoca moderna, tutto rimane in superficie e si finisce per cedere «all’informazione superficiale e veloce», ha accusato Di Segni. E poi coerenza nella lotta all’antisemitismo, ha proseguito la presidente Ucei, «come responsabilità per un contesto in cui si vive e convive, non solo per una ragione teologica di riconoscimento dell’altro». E concretezza «come efficacia di azioni» da svolgere. Di Segni ha fatto riferimento tra gli altri all’impegno comune Ucei-Cei nella realizzazione delle schede per conoscere l’ebraismo (oggi arrivate a 24), ma anche alla necessità di «aggiornare con coerenza testi e canoni», richiamando in questo ambito un appello formulato all’allora papa Francesco dalla studiosa Elèna Mortara, per la revisione di un articolo di legge del codice di diritto canonico che ancora oggi, denuncia la stessa Mortara, «rende leciti agli occhi ufficiali della Chiesa i battesimi forzati dei bambini, perfino se figli di genitori non cattolici».
Nel corso dei lavori si è parlato di Nostra Aetate e di resistenza alla medesima, di come l’ebraismo guarda oggi al cristianesimo, della decostruzione dell’antigiudaismo tradizionale e delle sue nuove declinazioni, dei possibili orizzonti di collaborazione nel nome dei valori comuni. Hanno preso la parola rabbini e preti, intellettuali e studiosi, ma anche tanti curiosi intervenuti con domande e riflessioni nei vari gruppi di approfondimento. È stata anche celebrata la liturgia ebraica, è stato accolto e solennizzato la Shabbat, si è mangiato kasher. Tra i terreni in cui il dialogo «è non solo possibile, ma urgentissimo», il rabbino Roberto Della Rocca ha indicato «la responsabilità della memoria», perché «la Shoah è una tragedia ebraica, ma resta in qualche modo anche una ferita cristiana, perché l’antigiudaismo che l’ha preparata ha avuto radici anche nella teologia». Ricordare, ha spiegato il rav, «non significa coltivare colpe infinite, ma vigilare perché i meccanismi che hanno portato a quella catastrofe – disumanizzazione, propaganda, silenzio delle coscienze – non si ripetano sotto altre forme, magari rivolte contro altri gruppi». Ai lavori ha partecipato anche rav Joseph Levi, che ha tenuto una “Lectio biblica a due voci” assieme al teologo Emanuele Bordello. Anche la musica è stata protagonista: ad esempio con lo spettacolo Di Tantse Mishpokhe animato da Miriam Camerini e i canti della tradizione ebraica intonati da Maurizio Di Veroli, mentre tra le altre le studiose Roberta Ascarelli e Maddalena Schiavo hanno intrapreso un viaggio nelle suggestioni della letteratura ebraica. Ascarelli è da domenica la nuova presidente della Federazione delle Amicizie Ebraico-Cristiane in Italia, succedendo a Marco Cassuto Morselli. Hanno aperto Camaldoli i saluti del priore Matteo Ferrari e di Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Nazionale CEI per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso. Presente anche il mondo evangelico. Durante i Colloqui, la pastora valdese Ilenya Goss ha parlato tra i vari temi di sionismo cristiano.

«Hanno partecipato circa 150 persone in tutto. Abbiamo affrontato temi delicati, ma il clima è sempre stato sereno», sottolinea Cassuto Morselli, ora presidente emerito della Federazione. È d’accordo la biblista cattolica Ester Abbattista, anche lei protagonista a Camaldoli. «Ci siamo detti cose molto serie, a volte anche difficili: è stato bello poterlo fare davanti a persone che appartengono a diverse storie, fedi e mentalità, senza avere paura di essere aggrediti». Abbattista è tra quanti lavorano all’interno del mondo cattolico per combattere «l’ignoranza di chi non capisce come non si possa scindere il popolo ebraico da Israele e dall’autonomia statale in quella terra». Al termine di Camadoli, la studiosa lancia un invito «dal cuore» al mondo ebraico «a non arroccarsi, perché il dolore della ferita di sentirsi attaccati può portare a questo, ma sarebbe un autogol dalla quale scaturirebbe un irrigidimento della condanna, un rifiuto di comprendere».
Nel corso dei Colloqui, Abbattista e Morselli hanno presentato alcune novità editoriali a tema ebraico proposte dalla casa editrice San Paolo all’interno della collana Il Melograno, insieme al nuovo numero del bollettino dell’amicizia ebraico-cristiana di Firenze su scribi e farisei e all’ultimo numero della pubblicazione Avinu per il dialogo ebraico-cristiano diretta da Massimo Giuliani. Il settimo volume pubblicato da San Paolo, Giuseppe, il fratello ritrovato, scritto dalla docente di materie classiche Claudia Di Cave, sarà presentato martedì 16 dicembre a Roma, a partire dalle 18.30, alla Sala Margana. Intervenendo a una tavola rotonda conclusiva attorno all’interrogativeo “Quale futuro?”, l’educatrice Anna Coen Di Segni ha ribadito «l’impossibilità di scindere popolo, terra e Torah» quando si parla di ebrei, per poi soffermarsi su alcune possibili iniziative comuni.
Adam Smulevich