ISRAELE – Leva haredi, i conti non tornano: l’allarme della Banca centrale
Allargare la leva obbligatoria, coinvolgendo migliaia di studenti delle yeshivot (scuole religiose), darà respiro all’economia israeliana: secondo la Banca d’Israele, un’integrazione più ampia dei giovani haredi (“timorati”) potrebbe generare un beneficio pari allo 0,4–0,7% del Pil. Ma l’istituto avverte che la legge in discussione alla Knesset, promossa dal deputato del Likud Boaz Bismuth, «non porterà a un numero sufficiente di soldati arruolati per coprire le esigenze di sicurezza del paese né ridurrà i costi economici del servizio di riserva».
Il nodo resta l’onere che grava sulle forze di riserva delle Idf dall’ottobre 2023. Ogni mese di servizio di un riservista costa al paese 38.000 shekel (circa 9.500 euro): una cifra, spiegano gli analisti, che sintetizza il «costo immediato della perdita di produttività» e il «danno futuro alla crescita della produttività a causa della perdita di esperienza e/o di promozione sul lavoro».
Da qui il ragionamento dell’istituto: coinvolgere i giovani “timorati” non solo ridurrebbe la pressione sui riservisti, ma rafforzerebbe anche il mercato del lavoro. «Il costo economico del reclutamento di un giovane haredi per il servizio obbligatorio è molto basso», osserva la banca, perché nella maggior parte dei casi la leva «non sostituisce la partecipazione al mercato del lavoro». Molti studenti delle yeshivot non lavorano prima della coscrizione e il servizio militare potrebbe rappresentare per loro il primo passo verso un’occupazione stabile.
Il fenomeno riguarda una comunità giovane e in espansione: ogni anno raggiungono l’età della leva circa 13.400 haredi, destinati a diventare 18.000 nel 2030. E sono quasi 100.000 i giovani oggi iscritti alle yeshivot, formalmente soggetti alla leva ma esentati o rinviati grazie allo status di studenti religiosi.
Un arruolamento annuale di 7.500 haredim, fino a raggiungere 20.000 coscritti, ridurrebbe il costo delle forze di riserva di almeno 9 miliardi di shekel l’anno (circa 2,3 miliardi di euro). Ed è rispetto a questo traguardo che, secondo la Banca d’Israele, la proposta Bismuth risulta insufficiente. La bozza prevede obiettivi iniziali di circa 4.900 arruolamenti l’anno, lievemente superiori ai livelli attuali, e introduce ampie deroghe tramite la possibilità di ricorrere al servizio civile, spiegano gli economisti, che ritengono inoltre «poco efficaci» le sanzioni previste per chi non si arruola. Il risultato, avvertono, è che l’effetto reale sul numero dei coscritti e sulla capacità operativa delle Idf sarà molto limitato.
Nel frattempo, il dibattito politico sulla proposta Bismuth si fa sempre più acceso. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha presentato la riforma come «l’inizio di un processo storico per integrare gli haredim nelle Idf», sostenendo che «raggiungerà obiettivi di coscrizione tre o quattro volte superiori» al passato. Ma, oltre alle critiche dell’opposizione, anche all’interno della coalizione ci sono forti perplessità. La distanza tra gli obiettivi dichiarati e gli strumenti previsti continua a pesare sul destino della legge, osservano figure di primo piano del Likud come Yuli Edelstein, promotore di una riforma più stringente della leva obbligatoria.