LA POLEMICA – Emanuele Calò: Antisionismo e antisemitismo, la distinzione non c’è più
La storia dell’antisionismo è morta ora in Australia, quando due uomini, padre e figlio, hanno sparato con armi automatiche su una folla di ebrei che in una spiaggia festeggiavano Hanukkah. Il racconto – la narrazione, come si usa dire oggi, quando si vuole attribuire un’aura di nobiltà alle scemenze – sulla perfidia israeliana, era identico alle risalenti versioni sulla perfidia ebraica. Continueranno a raccontare in tutti i testi scolastici, tranne uno e mezzo, che gli ebrei rubano le terre, se non altro perché ci vogliono sotto e non sopra. Ora che hanno sparato sugli ebrei, provino a dire che hanno sparato sui sionisti, ma non ci crederà nessuno, poiché, come da duemila anni, erano solo assetati di sangue ebraico.
Il bello – sì, molto bello – è che nella Carta fondativa di Hamas si dice che bisogna uccidere tutti gli ebrei. Non i sionisti, gli ebrei. Poi hanno fatto un’ulteriore carta, così chi vuole credere a qualsiasi cosa può continuare a farlo.
La patologia antisemita non ha freni, domenica scorsa ho iniziato la mattina sentendo nella TV pubblica che Mussolini aveva emanato le leggi razziali perché l’ebraismo internazionale gli era contrario. Io, dopo decenni di studio, non so cosa sia l’ebraismo internazionale, forse somiglia alla Spectre di Ian Fleming, resa immortale da Sean Connery. Nessun cenno a un’istituzione purchessia: ebraismo internazionale tout court.
Sta di fatto che la nostra società è ammalata di antisemitismo, un virus che infetta i testi scolastici e che viene sparso sui testi delle grandi case editrici, che pubblicano – diciamolo chiaramente – dei testi di una povertà culturale terrificante, ma che vendono perché quello si vuole sentire: che gli ebrei uccidono e rubano, rubano e uccidono, un ritornello che viene scandito anche in televisione, rigorosamente senza contraddittorio. Là, dove si dice che i sionisti controllano il mondo, sennonché, al pari dell’infelice riferimento all’ebraismo internazionale, sembra che gli imprenditori ebrei non siano interessati a fare soldi, ma a spalmare il sionismo, che pochissimi italiani sanno cosa sia, non per ignoranza, ma perché hanno paura di capire che non significa nulla, se non, come dice Michael Walzer: «Assumo che ‘Sionismo’ significhi la credenza nella legittima esistenza di uno Stato ebraico, null’altro (…) ciò che è sbagliato nell’antisionismo è l’antisionismo stesso, perché è indifferente che tu sia un antisemita oppure un filosemita o uno semiticamente indifferente, perché questa è una pessima politica».
Inoltre, oltre ad essere morta in Australia la distinzione fra antisionismo e antisemitismo, è pure morto l’argomento etnico, perché il gigante che ha disarmato a mani nude uno dei due assassini era islamico e quindi, per favore, eliminiamo l’argomento etnico, perché è razzista: basta di dire «io come ebreo mi ribello a Israele», ti ribelli e basta, se sei ebreo non gliene importa nulla a nessuno, forse neanche a te, anche perché è un argomento che, meglio di Sartre, è stato smontato perfino dallo stand up comedian Yohai Sponder: «As a Jew». Avete capito molte cose, tranne la ragione per cui vi ospitano le grandi case editrici e la tv, sempre senza contraddittorio, assieme alla pioggia di premi e riconoscimenti per il vostro coraggio. Evidentemente noi siamo codardi.
Infine (in cauda venenum) e visto che ci sono le feste, voglio fare un dono (anzi, due) ai nostri amici di sempre: a) provate a dire che ci siamo fatti la strage da soli, b) provate a dire che vogliamo precludere le critiche a Israele. Non saranno le peggiori fesserie messe in giro: i record sono fatti per essere battuti.
Emanuele Calò