SYDNEY – Da Berlino l’appello: «Non arretriamo»

L’attentato di Sydney del 14 dicembre, avvenuto durante la celebrazione pubblica di Chanukkah sulla spiaggia di Bondi Beach, è il peggior attacco alla comunità ebraica del Paese in decenni. Tra le vittime una bambina, due rabbini, un sopravvissuto alla Shoah, famiglie riunite per la festività, in un attacco subito riconosciuto come atto di terrorismo antisemita. Pur nel clima di shock globale che ne è seguito, a Berlino, alla Porta di Brandeburgo, la prima candela della grande chanukkiah è stata accesa in un evento pubblico che ha assunto un significato ancora più forte: presenza, memoria e resistenza. Racconta Mascha Malburg sulla Jüdische Allgemeine che ad accendere il primo lume è stato il rabbino Yehuda Teichtal, presidente del Centro Chabad e figura di spicco dell’ebraismo berlinese. Nato a Brooklyn e da decenni attivo in Germania, Teichtal è noto per il suo impegno nell’educazione e nella visibilità dell’ebraismo nel cuore di una società europea che ancora fatica a fare i conti con le proprie tensioni interne. Con l’attacco a Sydney, Teichtal si è trovato a fare i conti non solo con l’orrore della strage ma anche con la morte di un amico: tra le vittime c’era Eli Schlanger, rabbino della comunità di Bondi e organizzatore dell’evento, con cui Teichtal si era confrontato recentemente durante una conferenza. Rav Schlanger non era un idealista ingenuo, aveva espresso pubblicamente la sua preoccupazione per la crescita dell’antisemitismo in Australia e aveva sollecitato le autorità a intervenire in maniera più incisiva. Rav Teichtal ha spiegato di essersi chiesto se le vittime avrebbero voluto che le comunità si ritirassero nel silenzio o che, al contrario, riaffermassero il proprio diritto a essere pienamente visibilità, e di aver scelto la seconda strada: accendere la chanukkia in un luogo dal valore simbolico così forte è stato un modo di rispondere alla violenza con la luce, affermando che le tenebre dell’odio non possono vincere se non si concede loro spazio. Una scelta di visibilità che ha attirato centinaia di persone, comprese alcune autorità, chiara volontà di non lasciare che la paura detti i tempi della vita comunitaria, pur riconoscendo la gravità dell’attacco. Rav Teichtal stesso ha ricordato come la sua esperienza personale e familiare, inclusa la memoria di una nonna sopravvissuta alla Shoah, lo spinga a sostenere che la luce va accesa e non spenta, anche quando la violenza sembra voler impedire ogni scintilla di normalità. Per i molti che hanno partecipato alla cerimonia, la scelta di non cancellare le celebrazioni pubbliche di Chanukkah è stata una risposta civile e simbolica al terrorismo: non la negazione del lutto, ma una dichiarazione di continuità restando visibili e uniti di fronte alle minacce.