REGNO UNITO – Rav Mirvis: «Serve protezione, non rassegnazione»

«Siamo fortunati ad essere ebrei britannici e, se Dio vuole, ad avere un futuro ebraico di grande successo qui». Chiude la porta al pessimismo il rabbino capo di Gran Bretagna e del Commonwealth, Ephraim Mirvis, rispondendo alle preoccupazioni di una parte dell’ebraismo di Oltremanica. Per Mirvis, appena rientrato dall’Australia dopo una missione di solidarietà seguita al massacro di Chanukkah a Bondi Beach, la fiducia nel futuro non equivale però a minimizzare i pericoli.
«È molto importante aggiungere che siamo sinceramente e profondamente preoccupati per la nostra sicurezza. È una realtà», ha spiegato il rabbino capo in un’intervista al Jewish Chronicle. Una preoccupazione che non riguarda solo la comunità ebraica, ma l’intera società britannica. «Vogliamo vedere più azioni efficaci per proteggerci», ha insistito, chiamando in causa direttamente le istituzioni.
Le immagini scioccanti dell’attacco di Bondi Beach, trasmesse in tutto il mondo, secondo il rav hanno già prodotto un primo effetto: «Non ho alcun dubbio che abbiano spinto i governi a fare di più. In effetti, stiamo iniziando a vederlo». Ma il punto decisivo è un altro: «È mantenere lo slancio». Il rischio, sottolineato anche dagli ebrei australiani, è che passato il momento di massima attenzione tutto venga dimenticato. «Non possiamo permetterlo», avverte Mirvis. «Quando non sarà più sulle prime pagine dei giornali, non deve sparire dalle nostre menti».
Il rabbino capo è poi tornato su un messaggio da tempo invocato dai leader ebraici: l’incitamento all’odio non è mai innocuo. «Può trasformarsi molto rapidamente in crimini d’odio. Atti terroristici come quello di Sydney non avvengono nel vuoto». Da qui l’appello a una maggiore regolamentazione delle piattaforme digitali e a una presa di coscienza collettiva: il terrorismo antisemita «non è solo una minaccia per gli ebrei e l’ebraismo, ma per tutta la nostra società».
E le cronache britanniche mostrano quanto non si tratti di un timore astratto. A Manchester, solo pochi giorni fa, due uomini sono stati condannati per aver pianificato un attentato con l’obiettivo dichiarato di «uccidere il maggior numero possibile di ebrei», un complotto jihadista che secondo gli inquirenti avrebbe potuto trasformarsi nel più grave attacco terroristico mai avvenuto nel Regno Unito se non fosse stato sventato in tempo. Allo stesso tempo, il dibattito pubblico è stato scosso dall’archiviazione delle indagini sui cori antisemiti pronunciati dal palco di Glastonbury la scorsa estate, una decisione che preoccupa la comunità ebraica locale. E non è passata inosservata neppure la liberazione di un migrante palestinese che in passato aveva invocato apertamente l’uccisione di tutti gli ebrei sui social media.
Episodi, sottolinea Mirvis, che non devono intimidire né portare ad inviti alla fuga. Se qualcuno sceglie di fare aliyah, «è assolutamente meraviglioso», afferma il rabbino capo del Regno Unito, ma «non c’è alcun bisogno di lanciare appelli affinché gli ebrei lascino i paesi occidentali». La risposta alla paura, nella sua visione, non è l’abbandono, ma il rafforzamento della vita ebraica e del tessuto sociale.