CULTURA – Rassegna Mensile di Israel, il primo numero Picciotto-Silvera
«Alla durezza del momento, ne siamo convinte, dobbiamo rispondere rifacendoci ai nostri antichi maestri che ci hanno indicato le strade verso il limud, la capacità di non perdere il pensiero critico e farsi domande, da una parte, e verso l’umanesimo ebraico che è shalom, dall’altra». È quanto scrivono Liliana Picciotto e Myriam Silvera nell’introduzione al loro primo numero da co-direttrici de La Rassegna Mensile di Israel, storica pubblicazione edita dall’Ucei che festeggia in questi mesi il centenario dalla sua fondazione, avvenuta nel 1925 per iniziativa di Alfonso Pacifici e Dante Lattes. Nel loro “saluto ai lettori” Picciotto e Silvera, che ereditano il testimone da rav Gianfranco Di Segni, sottolineano «il gran bisogno di dibattito e di confronto» e l’urgenza di «ristabilire una riflessione umanistica su tutto ciò che ci circonda». Nel numero che inaugura la prima direzione femminile della Rassegna i temi spaziano dai
nuovi documenti rinvenuti a proposito dei marmi e delle lapidi delle Cinque Scole di Roma ad alcuni carteggi novecenteschi d’autore. «È un numero, ma in realtà sono tre», spiega Picciotto. «C’era un grosso ritardo da colmare rispetto al 2024. All’inizio del 2026 uscirà un altro numero triplo, relativo al 2025. Poi saremo in pari, così potremo occuparci di attualità più che in passato. È una delle nostre ambizioni». C’è poi l’obiettivo di «riattivare il nostro comitato scientifico, un comitato con i fiocchi anche se un po’ dormiente: abbiamo tra noi esperti di letteratura, archeologi, sociologi, demografi e pedagogisti di grande valore».
L’idea di Picciotto e Silvera è di «sfruttare di più tali competenze, insieme a quelle dei comitati di redazione e direzione: anch’essi sono di ottimo livello». Nel numero da poco dato alle stampe, Picciotto firma un contributo su La retata del 16 ottobre 1943 nei documenti dell’Office of Strategic Studies-OSS degli Archivi di Stato americani, seguito da un intervento di Sara Buda su Il caso dei reduci della deportazione ebraica dal Dodecaneso e le reti di assistenza nell’Italia liberata.
Il saggio di Picciotto è la revisione di un testo già pubblicato per gli Yad Vashem Studies e, rispetto al 16 ottobre, fa emergere le responsabilità italiane nelle molte fasi in cui potè realizzarsi la cattura e la deportazione di oltre mille ebrei romani ad Auschwitz-Birkenau. È un caso da studiare per molte ragioni. «I nazisti iniziavano le deportazioni di ebrei dalle estremità dei paesi occupati», rileva la studiosa. «Siccome Napoli si era già liberata, a Sud cominciarono con la capitale».