VERSO IL NUOVO ANNO – Gli auguri della presidente Ucei Noemi Di Segni
Un nuovo anno civile si avvia tra poche ore e inizieremo ad abituarci a firmare lettere e documenti con il finale ‘26. Banalità, formalità, chiusure di bilanci e adempimenti amministrativi, stress, emozioni, pianificazioni di primi appuntamenti, cerimonie e incontri, che condividiamo anche come comunità ebraiche con il contesto di cui istituzionalmente siamo parte. Un crescendo che si respira assieme alle persone con le quali si condivide il quotidiano – lavorativo, sociale, culturale, politico – del nostro Paese. Respirando in parallelo anche quanto avviene in Israele, nel Medioriente e in altre comunità ebraiche nel mondo, ci rendiamo conto quanto sia, anche questo, un moto polarizzato. Vigilia di un Capodanno tanto intrisa di sentimenti per l’occidente, tanto banale serata per il resto del mondo. Sì, qualche curiosità e aggiornamento ma non impregna l’aria di festosa solennità. Semplicemente perché altrove si vive immersi in altre culture, altre fedi, quella ebraica, musulmana, forse atea, buddista, induista e altro ancora. Esprimo questo pensiero perché è proprio questa linea di confine religioso, culturale, geografico, sociale che rappresenta la sfida più ardua che a mio avviso le istituzioni italiane, gli esponenti politici e i cittadini che desieranno vivere la futura Italia devono cogliere. Essere in grado di abbinare i due mondi in modo dialogante, come sistema che si alimenta reciprocamente di curiosità, saperi, valori, studio e ricerca per dare un senso più profondo e sostenibile alla vita. Viaggiare per imparare, salvare, accudire i fragili, accrescere il contributo dell’uomo al pianeta. Rendere l’Italia un Paese sinonimo di orgoglio per lo sviluppo, con la spinta dei millenni e la consapevolezza degli abissi attraversati che generano Memoria. E al tempo stesso rendersi conto che sullo stesso confine si sono posizionati coloro che sfruttano abilmente i sentimenti degli uni e degli altri. Coloro che hanno ben compreso i sentimenti di pietà e solidarietà che nutriamo verso i sofferenti per raccogliere consenso istituzionale e popolare, fondi, potere ed esposizione mediatica per nutrire sistemi di distruzione e odio anziché gli affamati. Anzi, ancor peggio, usare quella protezione dell’occidente proteso per rendere ancor più sottomessi e disperati gli stessi disperati di cui si invoca salvezza. Presentarsi come arbitri e giudici usando codici indecifrabili di concetti mistificati. Ricorrere ad allusioni e rappresentazioni religiose per indottrinare all’odio, abusando di fede e testi scritti con il sacro credo, posizionarsi sul dirupo per fingersi argine. Sul crinale della moralità e dei sentimenti di fede ci camminano molti altri, cercando di catturare all’orizzonte e sulle altre cime opportunità anche economico-finanziarie, anche osservare lo spazio, assieme a chi cerca equilibrio e resistenza, vette di serenità e di introspezione.
Questa linea di confine è quella che separa l’intelligenza umana da quella artificiale, entrambe usate e abusate, e riconoscerla è sempre più arduo ma è nostro dovere. Un confine che passa nella notte tra il 2025 il 2026, con o senza quel brindisi speranzoso; alla fine diventa alba di un anno che pone nuove prove di moralità e resilienza. Per le Comunità ebraiche in Italia un anno civile che certamente si avvia in salita e ancora con dolore e preoccupazione per quello che ci lasciamo alle spalle e quello che osserviamo come prossimo tratto di strada. Sappiamo bene che ci sono molti pronti e disposti a farci franare, inciampare, o precipitare, senza rendersi conto che cadrebbero con noi, ma ci sono anche moltissimi che hanno una vista chiara che camminano assieme e al nostro fianco. A loro siamo grati e auguriamo quel buon’anno e le-chayim per quel che dipende ancora dalla nostra fede, volontà, intelligenza.
Noemi Di Segni, presidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane