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I silenzi di Croce e il fronte che si allarga

Schermata 2016-01-01 alle 13.15.02Fronte sempre più ampio contro il vergognoso silenzio del presidente della International Sailing Federation, il genovese Carlo Croce, davanti al boicottaggio degli atleti israeliani ai mondiali juniores di vela in Malesia. A rilanciare l’intervento pubblicato ieri sul nostro notiziario quotidiano …

La vela di Parigi

fotookVeleggia in cima a una colonna là dove si apre il Castro Pretorio, lambisce verso il cielo le finestre dell’Ordine nazionale dei giornalisti, la fiancata del Grand Hotel, il mattonato della chiesa di Maria degli angeli. Quel vascello corazzato, che dispiega in solitudine le vele di bronzo, da lì in alto benedice il passaggio dei giovani colleghi giornalisti che vanno senza degnarlo di uno sguardo a sostenere emozionati la prova di abilitazione professionale. E assiste impassibile alla tempesta disordinata della nostra vita di romani, il tumulto del traffico, i semafori impazziti, le soste vietate, le corse azzardate.
Ferma lassù, nel cielo di Roma, quella nave di ferro che ci dimentichiamo sempre di considerare, è un dono del gemellaggio fra la Città eterna e la Città della luce, è il simbolo di Parigi, e proprio per questo a Roma l’hanno ancorato fra le nuvole in prossimità della via Parigi. Per ricordare questa bella alleanza fra le due città senza le quali l’Europa non sarebbe l’Europa, abbiamo messo in piazza proprio quell’imbarcazione che costituisce il fregio della capitale francese. La collega Francesca Matalon racconta ora con un articolo di grande interesse la storia e il significato di questo simbolo, ma soprattutto nel motto “Fluctuat nec mergitur” (Fende il mare in tempesta senza mai affondare), che lo accompagna immancabilmente.
È un gran peccato che i manovali della morte arrivati a sterminare i ragazzi del Bataclan, quelli che si godevano una serata al ristorante, quelli che erano andati allo stadio, non ne fossero consapevoli. Hanno seminato indicibile dolore, ma ben difficilmente potranno spezzare gli alberi di questo vascello che chiamiamo Parigi. Non ci sono riusciti i nazisti, non ci riusciranno loro.
A noi, intanto, il dovere di prendere atto del vero volto del terrorismo che ci troviamo ad affrontare.
Sapevamo già della sua valenza profondamente antisemita, e il servizio della collega Ada Treves documenta ora nei particolari come proprio il Bataclan fosse da tempo nel mirino degli attivisti che si nascondono dietro a una difesa di comodo dei diritti del popolo palestinese per mandare avanti la loro contabilità di distruzione e di morte. Sapevamo che odiano gli ebrei e vogliono soffocare la libertà d’espressione e la libertà di stampa.
Oggi sappiamo, non possiamo far finta di non sapere, quello che avremmo dovuto sempre sapere. Questa gente intende porre una minaccia mortale all’intero mondo democratico, all’intera civiltà europea. Perché l’odio antiebraico non è mai fine a se stesso. Costituisce piuttosto una forma di rigetto e di abissale incapacità nei confronti della vita, dell’amore, della libertà, della cultura.
Chi vuole continuare ad ascoltare musica, chi vuole essere libero di andare allo stadio, di farsi due passi, di mangiare al ristorante, di studiare, di amare, davanti a questa dichiarazione di guerra deve decidere con chiarezza e spazzare via ogni sussulto di odio antisemita. È questa la migliore, l’unica possibile difesa dei valori che fanno bella l’Europa e che fanno bella Parigi. Dei valori che ci consentono di stare assieme.
Ma se la lezione di Parigi è in effetti determinante per ogni società che vuole continuare a credere nel futuro e nella vita, resta un passaggio importante anche per il mondo ebraico.
Ora possiamo comprendere che quello che sta avvenendo ci impone la conquista di una grande maturità e un vero e proprio salto di qualità nel nostro modo di stare assieme.
La difesa dell’identità e la sicurezza non potranno certo passare attraverso quella mutazione avvelenata che proprio le forze del terrore sperano di ingenerare. Non siamo e non potremo mai davvero essere una piccola minoranza accerchiata, incapace di vivere la gioia della vita quotidiana e della nostra identità, in balia di duci cinici e cialtroni, carica d’odio e di desiderio di vendetta.
Al contrario, è proprio restando noi stessi, conducendo rettamente la nostra vita quotidiana, vivendo appieno la gioia della vita ebraica autentica, dei valori di rettitudine, tolleranza e amore per lo studio che abbiamo ricevuto integri in consegna dalle generazioni che ci hanno preceduto, reagendo con estrema, inflessibile durezza, ma senza odio a ogni aggressione, che l’ebraismo della Diaspora e l’ebraismo di Israele vinceranno uniti la terribile sfida che si trovano di fronte.
L’attacco generalizzato a un’intera civiltà, di cui siamo da sempre orgogliosi protagonisti, ma di cui condividiamo i valori e la responsabilità con l’insieme dei cittadini, impone al mondo ebraico di rafforzare relazioni solide e trasparenti con le istituzioni e con l’opinione pubblica, di costituire per tutti un modello di rettitudine e di misura, di fornire esempi di concordia, di solidarietà, di rigoroso rispetto dei ruoli e delle responsabilità.
Lo stesso esempio di unità e solidarietà che la società civile in Francia, stretta coerentemente attorno al Primo ministro Hollande come al gran rabbino di Francia Haim Korsia, sta offrendo in queste ore strazianti a tutto il mondo.
Solo così potremo raccontare un giorno alle nuove generazioni di aver visto anche noi nel mare in tempesta brillare le aspre vele metalliche di quel vascello che reca nella stiva i destini e le speranze di tutti i cittadini. La nave di Parigi che con la sua prua deve fendere ad ogni costo l’odio e la minaccia. L’unica che può condurci a testa alta a un sicuro approdo.

gv

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