
Paolo Sciunnach,
insegnante
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In
questo giorno della memoria vorrei parlare di storia contemporanea,
degli ebrei vivi, degli ebrei di oggi. Con onestà storica e morale sui
fatti di oggi. In questo giorno della memoria vorrei smascherare
l'antisemitismo di oggi: siamo franchi, troppo spesso il giorno della
memoria è l'omaggio che l'antisionismo di oggi concede agli ebrei morti
del passato. Lo vogliamo un simile omaggio?
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Anna
Foa,
storica
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Tra
le moltissime iniziative per la giornata della Memoria vorrei segnalare
il concerto che si terrà stasera all'Auditorium di Roma. La
musica sarà quella concentrazionaria recuperata e raccolta da Francesco
Lotoro nella sua lunga indagine sulla musica prodotta nei campi durante
la Seconda Guerra Mondiale. Suonare questa musica, segnalarne il valore
in questo giorno, ha due importanti valenze.
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Memoria, valore a rischio |
Sul
Corriere della Sera ampia anticipazione dell’indagine sulla percezione
della Memoria da parte degli italiani condotta dall’istituto di ricerca
SWG in collaborazione con la redazione di Pagine Ebraiche. Giunto alla
seconda edizione, il rapporto “Scenari di un’Italia che cambia –
Speciale per il Giorno della Memoria” parla di un valore sempre più
“fragile” e “minacciato” e rilancia la sfida a tutti i livelli –
istituzioni, scuola, educatori – affinché questo incommensurabile
patrimonio non venga disperso.
“L’analisi che appare nel prossimo numero di Pagine ebraiche, il
periodico dell’ebraismo italiano, parla chiaro. L’attenzione è
inevitabilmente rivolta al peso della Giornata della Memoria del 27
gennaio nella coscienza collettiva italiana: ‘Abbassare la guardia e
considerarla un dato acquisito potrebbe costituire un grave pericolo.
Resta necessario al contrario intensificare il lavoro di informazione e
cultura, gli investimenti sull’educazione, lo sforzo di sottrarre la
Memoria della Shoah al quadro retorico e celebrativo dove vengono
spesso relegate le attività istituzionali presenti sul calendario ma –
scrive oggi Paolo Conti – poco avvertite nella coscienza della
popolazione’”.
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L'INDAGINE DEMOSCOPICA SWG-PAGINE EBRAICHE
Memoria, un valore da difendere
Il
Corriere della Sera pubblica oggi un’ampia anticipazione dell’indagine
sulla percezione della Memoria da parte degli italiani condotta
dall’istituto di ricerca SWG in collaborazione con la redazione di
Pagine Ebraiche. Giunto alla seconda edizione, il rapporto “Scenari di
un’Italia che cambia - Speciale per il Giorno della Memoria” parla di
un valore sempre più “fragile” e “minacciato” e rilancia la sfida a
tutti i livelli – istituzioni, scuola, educatori – affinché questo
incommensurabile patrimonio non venga disperso. “L’analisi che appare
nel prossimo numero di Pagine ebraiche, il periodico dell’ebraismo
italiano, parla chiaro. L’attenzione è inevitabilmente rivolta al peso
della Giornata della Memoria del 27 gennaio nella coscienza collettiva
italiana: ‘Abbassare la guardia e considerarla un dato acquisito
potrebbe costituire un grave pericolo. Resta necessario al contrario
intensificare il lavoro di informazione e cultura, gli investimenti
sull’educazione, lo sforzo di sottrarre la Memoria della Shoah al
quadro retorico e celebrativo dove vengono spesso relegate le attività
istituzionali presenti sul calendario ma – scrive oggi Paolo Conti –
poco avvertite nella coscienza della popolazione’”
La conquista raggiunta al costo di un duro impegno per fare stabilmente
della Memoria un patrimonio di civiltà e di consapevolezza per tutti
gli italiani segna la nostra epoca, ma abbassare la guardia e
considerarla un dato acquisito potrebbe costituire un grave pericolo.
Resta necessario al contrario intensificare il lavoro di informazione e
di cultura, gli investimenti sull’educazione, lo sforzo di sottrarre la
Memoria della Shoah al quadro retorico e celebrativo dove vengono
spesso relegate le attività istituzionali presenti sul calendario ma
poco avvertite nella coscienza della popolazione. Sono
queste le prime considerazioni che emergono dai dati 2015 della ricerca
sulla percezione della Memoria da parte degli italiani. Il rapporto
Scenari di un’Italia che cambia – Speciale per il Giorno della Memoria,
realizzato dall’istituto di ricerche SWG Lab con la collaborazione
della redazione di Pagine Ebraiche giunge ora alla seconda edizione con
i dati raccolti nel gennaio 2015, proprio alla vigilia di questo Giorno
della Memoria.
“Si tratta di un passaggio importante - commenta Riccardo Grassi,
direttore di ricerca nell’istituto – perché per la prima volta abbiamo
uno strumento che è in grado di misurare cosa pensano e quanto
capiscono gli italiani della Memoria, ma non solo. Confrontando gli
ultimi dati con gli indicatori della prima ricerca, realizzata nel
gennaio 2014, possiamo anche trovare una conferma sulla solidità delle
considerazioni emerse un anno fa e soprattutto misurare come evolve nel
tempo la percezione della pubblica opinione”.
Il
raffronto con i dati più recenti conferma molti degli elementi già
emersi un anno fa, a cominciare da una solida base di consapevolezza
che costituisce un elemento importante di equilibrio e di cultura per
la nostra società. Ma fa suonare anche alcuni campanelli d’allarme.
Il primo riguarda il grado di percezione, che mantiene una forte
consistenza, ma risulta in netto calo. Mano a mano che passano gli anni
e che ci allontaniamo dal tragico periodo delle persecuzioni e della
Shoah, mano a mano che alla coscienza storica e alla testimonianza
diretta di chi quegli anni li ha vissuti si sovrappongono gli stimoli e
le preoccupazioni determinate dalla vita in una società sempre più
problematica, dalla crisi economica, da un senso di insicurezza e di
generalizzata caduta degli ideali, la Memoria si trova esposta a sempre
maggiori rischi.
Secondo
l’indagine anticipata da Pagine Ebraiche la percezione di un forte
coinvolgimento rispetto al Giorno della Memoria cala così dal 42 per
cento registrato nel 2014 al 39 per cento di quest’anno. Una variazione
percentualmente non enorme, ma comunque significativa, e soprattutto
allarmante se letta in una prospettiva temporale, che presenta il
rischio di una Memoria sempre più sbiadita. A fronte di questo c’è
l’impressionante radicalizzazione di una minoranza consistente che di
Memoria non vuole sentir parlare.
La somma di chi ritene che si tratti di una questione di esclusivo
interesse ebraico e di chi pensa che “non serva più a nulla” è in forte
ascesa. Ma la ricerca presenta molti altri punti di interesse, elementi
su cui è urgente avviare una riflessione seria e fattiva da parte delle
istituzioni e di tutti coloro che considerano la Memoria
irrinunciabile. Gli
sforzi sul fronte dell’educazione, che trovano conferma nella ricerca
quando si vanno a scomporre i fattori sociali dei rispondenti e si
prendono in esame le risposte dei giovani, stanno producendo effetti
tangibili. Ma il risultato per certi aspetti confortante, se mette
fortemente in rilievo il carattere formativo della Memoria corre il
rischio di comportare una riduzione della percezione della rilevanza
dei valori in gioco. “In altre parole – conferma Grassi – là dove non
si riesce a bilanciare l’azione dell’istituzione scolastica con
attività culturali e sociali gestite anche a livello non formale si
rafforzano dei valori che certo sono dovutamente diffusi, ma rischiano
di rimanere inamidati nella loro dimensione istituzionale”.
Sempre su questa linea i dati dimostrano anche una crescita, moderata,
ma allarmante, di reazione alle attività dedicate alla Memoria. Gli
italiani che fanno riferimento a giudizi come “retorico” o “inutile”
quando si parla di Memoria stanno crescendo, e dietro la loro
insofferenza rischiano di celarsi sentimenti oscuri e preoccupanti,
rischia di mettere radici la tentazione dell’intolleranza, della
negazione della Storia e dell’odio.
La
ricerca è stata condotta su un campione di mille rispondenti
maggiorenni, lo stesso utilizzato per analizzare l’orientamento
politico degli italiani da SWG, l’istituto fondato a Trieste che da più
di vent’anni progetta e realizza ricerche istituzionali, politiche,
valoriali e di mercato e sondaggi d'opinione. Si tratta di un campione
che è considerato dagli esperti molto affidabile e dotato di una sua
stabilità metodologica, e le risposte sono arrivate attraverso un
sondaggio CAWI, acronimo di Computer Assisted Web Interviewing, ossia
tramite un software per sondaggi online. I risultati riguardano quattro
domande, due dirette - per cui erano possibili più risposte - e due
proiettive (ossia che consentono di delineare indirettamente cosa pensa
il rispondente, senza farlo sentire direttamente coinvolto), ma
nell’edizione di quest’anno consentono anche una complessa e
delicatissima lettura delle differenze che caratterizzano le diverse
sensibilità politiche e le diverse componenti anagrafiche in cui si
articola la società italiana.
Il
quadro delineato dalla ricerca per fortuna non è così drammatico, e “La
strada verso una interiorizzazione dei valori della Memoria – scriveva
Pagine Ebraiche un anno fa – è ancora lunga, e richiede forse una
riflessione approfondita”. Quest’anno possiamo confermare questa
analisi e aggiungere un elemento di attenzione, di moderato allarme in
più. Rispetto al monito lanciato nel 2014 ora solo quel “forse” risulta
un’eccessiva prudenza, anzi sembra decisamente di troppo. Si lavora
molto e si raccolgono risultati concreti, ma gli elementi che prendono
forma all’orizzonte non appaiono confortanti e consigliano di tenere
molto desta l’attenzione e l’impegno da parte degli ebrei italiani e di
tutti coloro che vogliono garantire ai propri figli la possibilità di
vivere in un mondo migliore.
Ada Treves
Pagine Ebraiche, febbraio 2015
Il 44 per cento vede l'antisemitismo
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qui roma
Shoah, casa nuova per il Museo
“Senza
la Memoria saremmo un'umanità meno completa”. Così il sindaco di Roma
Ignazio Marino nel consegnare fa le chiavi della Casina dei Vallati al
presidente della Fondazione Museo della Shoah Leone Paserman. Un nuovo
simbolico tassello nella marcia di avvicinamento al Museo di Villa
Torlonia e che porterà, nel più breve tempo possibile, al trasferimento
degli uffici e dell'archivio della Fondazione nel palazzo di Largo 16
ottobre, sede oggi della sovrintendenza capitolina.
Alla
presenza dei Testimoni della Shoah Sami Modiano, Piero Terracina, Andra
e Tatiana Bucci e dalla moglie dell'indimenticabile Shlomo Venezia,
Marika, il presidente Paserman si è detto “felice” ed “emozionato” e ha
rinnovato la speranza che possa essere presto decretata
l'aggiudicazione definitiva per l'avvio del cantiere del Museo. Una
speranza condivisa dal sindaco, che ha parlato di “percorso da
accelerare”.
Al loro fianco, tra gli altri, il presidente dell'Unione delle Comunità
Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il presidente della Comunità ebraica
romana Riccardo Pacifici, il rabbino Riccardo Di Segni, l'architetto e
consigliere UCEI Luca Zevi, il presidente emerito della Corte
Costituzionale Giovanni Maria Flick, gli assessori di Roma Capitale
Giovanna Marinelli e Paolo Masini.
Nella piccola folla ritrovatasi a Largo 16 ottobre, molti esponenti del
Consiglio comunitario romano e il presidente della Fondazione Cdec di
Milano Giorgio Sacerdoti.
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Oltremare
- Senza 27 gennaio |
Io
che sono cresciuta senza 27 gennaio, la memoria non l'ho mai persa lo
stesso. L'ho cercata e la cerco continuamente, in generazioni, lingue e
nazionalità diverse. Sarà stata una buona educazione, forse. La fortuna
di nascere a Torino con Primo Levi ancora vivo a pochi isolati. E oltre
a lui, altre facce e voci di racconti di quegli anni. I partigiani, i
nascosti, le staffette, i sopravvissuti. Non che tutti parlassero,
anzi; ma c’erano, e quell’esserci era il racconto.
Daniela Fubini
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Passato, presente e futuro |
Mi
capita spesso di pensare in maniera critica al Giorno della Memoria.
Critica non in senso negativo, più che altro cerco di capire la sua
reale utilità. I numeri ci dicono che l’interesse che hanno i cittadini
per questa ricorrenza sia progressivamente in calo, quasi tutti la
considerano “la giornata degli ebrei”, dimenticando i rom, gli
omosessuali, gli oppositori politici e tanti altri innocenti uccisi nei
campi di sterminio nazisti.
Daniele Regard
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Soggetti e non oggetti |
Sento
la necessità, l’urgenza interiore, di testimoniare quello che è
successo, in un modo emotivo, non retorico, di ridare vita a quelle
persone, ai nostri morti, non solo in quanto vittime di qualcosa di
inevitabile, ma come individui unici, creativi, farli uscire
dall’anonimato, dall’essere un numero, non quello tatuato sul loro
polso, ma anche quello sotto il quale sono ricordati storicamente:
tanti morti, tanti bambini, tanti polacchi, tanti italiani.
Viviana Kasam
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