Il 44 per cento vede l’antisemitismo

Leggere la percezione della Memoria, leggere la percezione dell’antisemitismo in Italia. Le due prospettive di ricerca sono collegate? Interrogare la pubblica opinione su un valore comune a tutta la società civile come la Memoria della Shoah consente anche di misurare il tasso di antisemitismo e la sua evoluzione, o per lo meno la maniera in cui il fenomeno dell’odio è percepito dalle gente? I ricercatori di SWG ne sono convinti e hanno deciso di riaprire l’analisi anche su questa specifica prospettiva in occasione della seconda edizione del sondaggio sulla Memoria e gli italiani di fronte al 27 gennaio. Il punto di collegamento fra la conoscenza della Storia e l’interpretazione del presente è proprio il nodo dell’attualità della Memoria. E questo nodo sta precisamente nella presenza e nel perdurare dell’antisemitismo nella società contemporanea.
Anche nel caso della misurazione di questa percezione, la ricerca si arricchisce di dati recenti, raccolti sulla base di un rilievo su un campione affidabile negli scorsi, proprio nell’imminenza del Giorno della Memoria 2015. L’interesse della ripetizione della domanda a distanza di 12 mesi dalla prima edizione è duplice: da un lato verificare con una seconda prova la coerenza del primo rilievo, dall’altro misurare le dinamiche in corso e le evoluzioni di fattori che sono molto soggetti agli umori e alle impressioni del momento.
Numeri alla mano è possibile affermare che la percentuale di italiani che si dice convinta di una presenza significativa di antisemitismo nella nostra società resta consistente e testimonia di un fenomeno allarmante. Va anche segnalato, in ogni caso, che se sulla base dei dati raccolti nel gennaio 2014 l’insieme dei rispondenti convinti di una presenza significativa di odio nei confronti degli ebrei toccava il 46 per cento, ora questo numero sembra segnare una lieve ma significativa contrazione e raggiunge nei dati 2015 il 44 per cento. Scomponendo il fronte di segnali d’allarme possiamo però notare che in effetti solo la componente più moderata di chi segnala “abbastanza” antisemitismo è in contrazione, mentre crescono quelli che sono convinti che in realtà per descrivere la presenza dell’odio antiebraico in Italia sia il caso di utilizzare il termine “molto”.
In calo, sul fronte opposto, anche coloro che tendono a minimizzare il fenomeno fino a sostenere una sua totale assenza e optano quindi per la descrizione “per niente”. Nel 2014 a negare la presenza di antisemitismo nella società italiana era il 13 per cento degli intervistati, ma questo numero si è ridotto a distanza di 12 mesi al 10 per cento. Resta su questo specifico fronte di ricerca in ogni caso una complessità interpretativa molto maggiore rispetto agli interrogativi sulla Memoria. Chiedere alla pubblica opinione di descrivere la propria percezione dell’antisemitismo può significare cose molto diverse. Un’analisi razionale di quello che vediamo intorno a noi, certo, ma anche altre ombre, altri fantasmi che vanno a pescare nell’interiorità più profonda della gente.
Per questo motivo i sondaggisti mettono una cura molto attenta nel cercare di mettere gli interrogati a proprio agio, cercando di togliere dal campo ogni imbarazzo e ogni inibizione e di estrarre i sentimenti profondi dall’opinione pubblica senza mettere in gioco direttamente la necessità di dichiarare i propri orientamenti personali. Anche la componente che tende alla negazione del fenomeno, del resto, rappresenta il risultato della somma fra identità che possono essere molto diverse fra loro. Una delle varie anime di questo schieramento può essere rappresentata anche da chi per un motivo o per l’altro rifiuta di vedere un fenomeno comunque preoccupante e comunque presente nella nostra società. E la negazione di questa componente significativa nei numeri e solo apparentemente moderata nelle idee risulta in forte ascesa (dal 41 per cento del 2015 al 46 per cento di quest’anno).
In questo caso nell’ambito della consistente area che dichiara di vedere “molto” o “abbastanza” antisemitismo possiamo ritenere che si collochino categorie diverse di cittadini. Non solo osservatori lucidi e spassionati, non solo persone dotate di un solido senso civico e preoccupate dei fenomeni di odio e di diffidenza nei confronti della diversità che si vedono crescere attorno a noi. Ma anche cittadini interrogati che vivono in prima persona sentimenti di diffidenza o di odio e che trovano, attraverso l’attribuzione formalmente spassionata a una tendenza sociologica generale, una maniera di dichiarare senza imbarazzi questo aspetto della propria personalità. Scomponendo i dati sulla base della distribuzione sociologica dei rispondenti si raggiugono inoltre risultati molto diversi fra loro sotto il profilo delle fasce d’età e dell’adesione a diversi orientamenti politici. Se si analizza l’orientamento dei più giovani si può constatare una fortissima ascesa della componente che nega il fenomeno antisemitismo (dal 51,3 del 2014 al 66,2 per cento di quest’anno). Segnali divergenti, oltre che di difficile interpretazione, anche analizzando le risposte sulla base dell’orientamento politico degli intervistati. Un’ulteriore conferma che la percezione della presenza ebraica nella società costituisce un tema estremamente delicato, una cartina di tornasole su cui si confrontano ideologie e attitudini, anche fra ampie schiere di cittadini che un ebreo in carne e ossa non lo hanno mai probabilmente incontrato e che della cultura e della religione ebraica possiedono solo nozioni estremamente superficiali.

da Pagine Ebraiche, febbraio 2015

(26 gennaio 2015)