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Elia Richetti,
rabbino
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Dopo
la morte dei due figli di Aharòn, D.o rassicura Aharòn dicendogli che
questa sciagura non gli impedirà di svolgere la sua alta missione, e
per questo gli dà indicazioni su come fare. In quest’ottica compare
un’espressione: “Be-zòth yavò Aharòn el ha-qòdesh”, “Con questo Aharòn
verrà nel luogo sacro”.
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
di Gerusalemme
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Nel
giorno della commemorazione della Shoah in Israele, che è anche
l’annniversario della rivolta del Ghetto di Varsavia, e dopo il voto
del Senato, sorge naturale una riflessione su memoria e negazionismo.
Sulla necessità di uno strumento giuridico inteso a imporre determinate
regole di comportamento e di espressione esiste da tempo un vivace
dibattito. L’idea prevalente in molti circoli accademici e
intellettuali, e anche in larghe fasce dell’opinione pubblica ebraica
in Italia è stata per lo più contraria. Uno dei Maestri di questa
generazione, Rav Elio Toaff, non era favorevole a una legge che non
riteneva necessaria alla luce del sistema legale già vigente in Italia.
Ma nel corso del tempo siamo assistendo a un progressivo deterioramento
e talvolta a una vera e propria degenerazione del discorso pubblico su
ebrei, ebraismo, antisemitismo, Shoah, e Stato d’Israele come
espressione dei sentimenti collettivi del popolo ebraico. È
particolarmente amaro constatare che le persone coinvolte nella
diffamazione, nella provocazione e nell’insulto non sono solo ignoranti
picchiatori in camicia nera ma anche persone dotate di istruzione, non
esclusi docenti universitari, influenti intellettuali, personaggi dello
spettacolo, rappresentanti politici. Assieme agli avversari violenti e
maneschi si mescolano insidiosi opportunisti, ineffabili fomentatori di
odio e finti ingenui. Politici di primo piano proclamano che le
ideologie totalitarie, fra cui il fascismo, appartengono al passato e
non credono costituiscano una minaccia nel presente. Politici di
secondo piano affermano il loro diritto a riaffermare la propria
identità fascista. Assistiamo sbalorditi al dibattito se si debba o
meno aprire un museo del fascismo a Predappio, che istantaneamente
diventerebbe un santuario dell’apologia di fascismo. Nel caso della
legge contro il negazionismo – manifestazione odiosa nella sostanza è
simile a una forma di vilipendio – non tutti quelli che si oppongono
alla legge sono negazionisti o antisemiti, ma certamente l’assenza di
una legge e di una sanzione fa molto comodo ai negazionisti e agli
antisemiti. La sanzione legale se non crea una difesa del tutto
impermeabile, per lo meno crea un freno, un ostacolo in più
all’avanzata di una diffamazione negazionista e antisemita in continua
espansione. In una società veramente civile, dovrebbero essere
sufficienti i meccanismi di autoregolamentazione, senza la necessità di
norme giuridiche. Ma la società contemporanea ha da tempo perso il suo
profilo autenticamente civile, e pertanto la norma giuridica diventa
una triste necessità. Ed è bene che il Parlamento della Repubblica, sia
pure in ritardo su molti altri paesi, lo abbia capito.
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"Turchia, il governo
sempre più repressivo"
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Non
ho paura per me. Ho paura per il mio Paese. Ho paura per i miei amici,
per i turchi laici, colti, filo europei” dice lo scrittore Orhan Pamuk
in una intervista a Repubblica in cui esprime preoccupazione anche per
la limitazione della libertà di stampa voluta da Erdogan. “La paura
tocca i giornalisti che criticano il governo e vengono minacciati,
licenziati, i loro quotidiani chiusi. Negli ultimi anni il nostro
governo pro-Islam sta perdendo la sua faccia liberale. Sta diventando
sempre più autoritario e repressivo” afferma Pamuk.
Anche Rachele Mussolini, sorella di Alessandra, in corsa alle prossime
elezioni amministrative romane. Ma se Alessandra guiderà la compagine
di Forza Italia, Rachel andrà invece con Giorgia Meloni. “Che la
battaglia potesse schierare su fronti opposti, oltre ai vecchi
camerati, addirittura due consanguinee dall’emblematico cognome –
scrive Repubblica Roma – è una novità delle ultime ore che regala al
conflitto esploso fra gli eredi del Movimento sociale il sapore del
colpo di scena con venature nostalgiche. Perché nella corsa a
dimostrare chi è più autenticamente di destra, entrambi i contendenti
al soglio capitolino hanno deciso di esibire come trofeo un discendente
diretto del Duce. Di più. Due sorelle, sebbene solo per parte di padre”.
“All’interno delle mie liste non voglio persone che abbiano in alcun
modo rapporti con movimenti fascisti e antisemiti”. Così il candidato
sindaco del centrodestra milanese Stefano Parisi ieri a margine di una
visita al Pio Albergo Trivulzio (Il Giornale Milano).
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PARLA IL RABBINO DELLA CITTà INGLESE "Leicester, un miracolo sportivo con una grande lezione ebraica"
“Quello
che si è realizzato è un autentico miracolo sportivo. Una sorpresa per
molti, ma forse i meno sorpresi dovremmo essere noi, ebrei, che da
sempre viviamo nell’utopia, con grandi attese nel nostro cammino.
Questa è la dimostrazione che talvolta quelle aspettative, se
manterremo alta la fede, possono realizzarsi”.
Sono quindici anni che vive a Leicester Shmuli Pink, il rabbino chabad
che è guida spirituale della piccola comunità ebraica cittadina.
Cinquecento anime, un tifo sfrenato per le Foxes allenate da Claudio
Ranieri cui lo stesso rav (che è nato a Manchester) non si sottrae.
“Abbiamo
assistito a una favola, che porta con sé alcuni insegnamenti” spiega a
Pagine Ebraiche. In primis, sottolinea, “questa è la vittoria
dell’unità: un valore sacro, ancora di più in questi tempi difficili
segnati da molte divisioni e contrasti”. Ed è inoltre un grande
messaggio di speranza senza confini identitari, ideologici e religiosi.
“Parliamo di calcio, che è un gioco. Ma la vittoria del Leicester –
afferma Pink – ci insegna a credere nei sogni, a inseguirli con tutta
la nostra passione e intensità.”.
E pazienza se cadremo, dice Pink. Pazienza se ci vorrà del tempo.
“L’importante è credere, credere, credere. D’altronde noi ebrei, che da
millenni aspettiamo il Messia, ne sappiamo senz’altro qualcosa”.
Sarà quindi uno Shabbat particolare quello che riunirà le famiglie
ebraiche di Leicester a tavola e in sinagoga. “Parleremo di Torah,
parleremo degli insegnamenti dei Maestri, ricorderemo il significato di
questo momento nella settimana ebraica. Ma senz’altro parleremo anche
di calcio e dell’impresa che abbiamo appena visto compiersi sotto i
nostri occhi. Queste, per Leicester, sono giornate irripetibili. E la
nostra comunità vuole godersele fino in fondo” dice Pink.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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qui milano - elezioni amministrative Parisi, Sala e Corrado: candidati a confronto sui temi caldi
A
giugno si chiude il capitolo di Giuliano Pisapia alla guida di Milano,
la città “locomotiva d’Italia”. Due i candidati che si contendono
l’elezione a sindaco della città, Stefano Parisi per il centrodestra e
Giuseppe Sala per il centrosinistra, con l’outsider Gianluca Corrado
del Movimento Cinquestelle a cercare di sparigliare le carte.
Contattati dal giornale dell’ebraismo italiano tutti e tre i candidati
hanno dimostrato subito la propria disponibilità a rispondere ad alcune
domande su temi su cui il mondo ebraico, in particolare milanese, si è
dimostrato sempre sensibile. A partire da qual è il loro rapporto con
una Comunità che quest’anno festeggia 150 anni di vita ed è uno dei
simboli di integrazione di Milano. E ancora qual è la loro posizione su
una questione che intreccia libertà di culto e sicurezza: la
costruzione della moschea. Come pensano poi Corrado, Parisi e Sala di
rispondere a un’emergenza, quella dei profughi, in cui il mondo ebraico
cittadino nel recente passato si è impegnato a dare il proprio un
contribuito? Milano‐Tel Aviv, città gemellate: cosa pensano i candidati
di questo binomio e dei rapporti con Israele? Leggi
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new york - omaggio a primo levi
"La sua testimonianza centrale per l'Italia e per il Meis"
“Non
so, e non mi interessa sapere, se nel mio profondo si annidi un
assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so
che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora
esistono, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o
un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità; soprattutto,
è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della
verità”. A scrivere queste parole, Primo Levi nel suo I sommersi e i salvati:
testo duro quando fondamentale per comprendere la Shoah e di cui
proprio nelle scorse ore l'attore John Turturro ha letto alcuni brani
in una cornice prestigiosa come quella delle Nazioni Unite. A New York
infatti, nella sale dell'Onu, si è tenuto in occasione delle
commemorazioni di Yom HaShoah il convegno “Dopo la Shoah – Primo Levi e
le connessioni tra scienza, responsabilità e umanesimo”, incentrato sui
lavori dello scrittore torinese – in particolare è stato presentato
"Opere Complete”, il lavoro di traduzione in inglese di Levi curato da
Ann Goldstein –
e organizzata dal Holocaust and United Nations Outreach Programme
assieme al Centro Primo Levi di New York. Tra gli ospiti chiamati a
parlare nel panel di esperti e rappresentanti delle istituzioni che
lavorano sulla Memoria, Dario Disegni, presente nella doppia veste di
presidente del Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah di
Ferrara e vicepresidente del Centro Primo Levi di Torino. Quest'ultimo,
ha ricordato Disegni, lavora da dieci anni per portare alla luce la
complessità degli scritti e del messaggio di Levi. E lo scrittore, ha
proseguito il presidente del Meis, sarà anche una delle figure centrali
del Novecento a cui il Museo di Ferrara, in via di realizzazione, farà
riferimento. Istituzione i cui obiettivi, assieme a quelli della
Fondazione per i beni culturali ebraici in Italia, Disegni presenterà
sempre a New York, questa volta al consolato italiano, domani.
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TRENTO ECONOMIA Le città e i luoghi della crescita
Si
parlerà di città e territori come luoghi di crescita, di migranti e
integrazione in chiave economica, di geografia dei conflitti nella
prossima edizione del Festival Economia di Trento (2-5 giugno),
presentato nelle scorse ore a Roma nella sede della casa editrice
Laterza. Tra i protagonisti di quest’anno Kaushik Basu, senior
vice-president della Banca Mondiale, che analizzerà le radici della
crisi e le prospettive future, Alan Krueger, ex consulente economico
del presidente Usa Barack Obama e già protagonista di un’intervista su
Pagine Ebraiche, tornerà a Trento per parlare di sharing economy,
Raffaele Cantone invece spiegherà la “geografia della corruzione”; sul
tema dei “luoghi della crisi”, parlerà il ministro degli Esteri Paolo
Gentiloni e ci sarà una lezione di Raj Chetty sul rapporto fra
geografia e longevità. Leggi
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yom hashoah - qui roma "Ricordare, per costruire"
"Oggi
ricordiamo che essere ebrei significa anche compiere quotidianamente un
atto di eroismo”. Non solo prendendo le armi come fecero nel Ghetto di
Varsavia, “ma anche rimanendo fedeli alla propria identità anche nei
momenti più difficili”. Questo il significato della scelta del governo
israeliano di abbinare nella data simbolica in cui ebbe inizio la
rivolta guidata da Mordechai Anielewicz il ricordo delle vittime a
quello degli eroi nel giorno di Yom Hasikaron laShoah ve-laGvurah (il
Giorno del ricordo della Shoah e dell’eroismo). Lo ha sottolineato il
rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni nelle celebrazioni svoltesi ieri
al Tempio Maggiore della Capitale. Una riflessione poi collegata anche
alla vicenda di Arminio Wachsberger, sopravvissuto alla Shoah arrestato
dai nazisti a Roma nel rastrellamento del 16 ottobre 1943 e deportato
ad Auschwitz dove svolse il ruolo dell’interprete tra i deportati e le
autorità naziste, la cui testimonianza è raccontata nel libro
L’interprete di Auschwitz di Gabriele Rigano (Guerini e Associati),
presentato dal rav Di Segni insieme al presidente della Società Dante
Alighieri Andrea Riccardi e la storica della letteratura Marina Beer.
La riflessione sui temi della Shoah è proseguita poi questa mattina al
Centro ebraico il Pitigliani con il seminario intitolato “Scuola.
L’allontanamento e il ritorno”, promosso da Uil Scuola in
collaborazione con il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea,
l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e lo Yad Vashem. Leggi
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Memoria a Predappio |
Quale
memoria a Predappio? Io osservo la questione del proposto Museo del
fascismo a Predappio da un’ottica particolare: ho partecipato alla
realizzazione di mostre documentarie sulla Shoah in Italia, partecipo
alla realizzazione del Meis di Ferrara, partecipo alla commissione del
governo per la nuova esposizione italiana nel Museo dell’ex-campo di
Auschwitz, vado regolarmente a studiare i musei o sezioni museali su
fascismo e Resistenza (da ultimo: Sant’Anna di Stazzema, Salò e Dongo).
I Musei si fanno in luoghi scelti per l’importanza, in luoghi ove è
depositata una specifica memoria, in luoghi che attraggono visitatori
interessati al tema (anche in modo inverso), in luoghi casuali. Io
ritengo che Predappio (così come Salò) appartenga alla terza categoria,
quella del flusso di persone interessate. Negli ultimi 71 anni l’Italia
della democrazia e della consapevolezza storica ha lasciato che piccoli
fiumi di reduci, di nostalgici e di nuovi adepti si recassero a
Predappio (e altrove) in cerca di un passato da ritrasformare in
futuro. Ed è grazie a quei fiumi che anni fa, in un bell’albergo di
Salò che ospitava noi partecipanti a un convegno di studi, mi sono
trovato a cena il menu con stampato in grande il faccione del duce. Io
ho detto ad alta voce: ‘con quello lì non ci mangio’, e mi sono
rifugiato in una pizzeria. Sì, senza voler far paragoni fuori luogo, mi
sono rifugiato altrove perché il ‘campo’ era loro. Ma poi riflettei che
anche l’abbandono del campo non era cosa giusta. Per questo mi piace
l’idea che noi persone civili sosteniamo il sindaco di Predappio e
quindi i suoi cittadini civili nel progettare la riaffermazione
democratica di quel luogo, tramite il museo proposto. Ciò non è affatto
alternativo alla necessità che questo nostro dormiente Paese allestisca
grandi esposizioni didattiche sul fascismo anche a Milano o Roma.
Michele Sarfatti
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Setirot
- L'Europa distratta
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Dice
la pittrice Barbara Nahmad: “In questa Europa barcollante tra muri e
indecisione, bloccata nei dubbi a vantaggio di pochi, penso che ancora
si possa fare qualcosa. Bisogna avere la forza di una visione sul
futuro e battersi, come nuovi pionieri!”. Lei, a modo suo, ci prova. Ed
ecco scorrere le trentacinque opere che saranno esposte al Museo
ebraico di Bologna in occasione della Notte Europea dei Musei, il 21
maggio. La mostra, curata da Vittoria Coen, s’intitola Eden (chiuderà
il 31 luglio) e in realtà arriva sotto i portici di Via Valdonica dopo
un buon successo riscosso a Tel Aviv.
Ma perché Nahmad tira in ballo l’Europa disastrata di oggi se i suoi
dipinti ocra e grigi che sembrano di sabbia narrano ed evocano invece i
primi anni Cinquanta in Israele? Non sono certo un esperto d’arte,
tuttavia confesso che da quelle immagini – di sicuro ci sarà chi le
troverà un po’ tanto “idealizzate” – l’idea che ci si debba «battere
come nuovi pionieri» arriva al cuore oltre che al cervello. Perché i
suoi sono sguardi e luoghi in cui iniziò una nuova storia che può
aiutare a comprendere anche l’impasse e l’esigenza di rinnovamento
dell’Europa di oggi.
Stefano Jesurum, giornalista
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In ascolto - Salomone Rossi
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Per
qualcuno la musica è una professione, per altri una ragione di vita,
per altri ancora una colonna sonora o una scatola di ricordi. Negli
ultimi anni abbiamo letto pubblicazioni scientifiche (e non) in cui si
dice che la musica influisce sul benessere della persona e sullo
sviluppo neurologico e psicofisico. Non entrerò nel merito della
questione, non è il mio mestiere, ma posso dire per lunga esperienza
personale che di certo una delle attività musicali più belle e sane che
si possano fare nella vita è il canto in coro. Il coro permette di
acquisire competenze musicali e di stringere legami personali, è uno
spazio in cui si può essere se stessi ed esprimersi senza
competitività. E quando le voci si uniscono e creano l’armonia nasce
qualcosa di davvero speciale, che va al di là della performance.
Maria Teresa Milano Leggi
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Time out - Domande e risposte |
Mi
sembra illogica e pretestuosa la polemica nei confronti dei candidati
sindaco a Roma che non hanno risposto alle domande dei giornalisti di
Pagine Ebraiche. In primis perché può capitare che un candidato sindaco
insieme al suo staff decidano tempi e modi per parlare con la stampa,
poi perché, ancor più grave è la pretesa da parte di Pagine Ebraiche di
interpretare un diniego o un silenzio come un atto che merita
riflessione da parte dell’elettorato ebraico. Come prassi i candidati
sindaci richiedono incontri alla Comunità ebraiche che, ascoltano e nel
caso fanno le loro dovute osservazioni sui temi che ritengono
meritevoli di attenzione. Spetta al Presidente e al Rabbino di una
Comunità questo compito, non ad altri e stupisce che l’editore, sempre
attento ai perimetri di competenze in questo caso se ne sia
dimenticato. Anzi, dato che a non rispondere sono dei candidati che
ancora devono incontrare la Comunità, è stato un atto di rispetto
quello di aspettare a parlare prima con la Comunità dei diversi temi
che con i giornali. A quanto pare c’è maggiore rispetto dall’esterno
che dall’interno.
Daniel Funaro, Consigliere della Comunità ebraica di Roma
Evitiamo
le confusioni e stiamo ai fatti. Le istituzioni bene fanno ad agire in
totale autonomia e quando lo ritenessero opportuno informeranno il
pubblico delle loro attività istituzionali. Ma in un regime democratico
non dovrebbe né sorprendere né preoccupare che i giornali, facendo il
minimo del proprio dovere, chiedano a chi si candida di spiegare il
proprio programma. Ovviamente gli intervistati non hanno alcun obbligo
di rispondere, ma il lettore ha il diritto di sapere come sono andate
le cose e i giornali hanno l’obbligo di avvertirlo. A tutti, a Roma e a
Milano, sono state poste le stesse domande. A Roma alcuni candidati non
hanno ancora risposto. Il loro silenzio non può certo essere
interpretato come una disattenzione della redazione, che invece ha
agito con imparzialità, li ha più volte rispettosamente invitati e
continuerà a farlo, consapevole di quanto sia importante offrire a
tutti le stesse possibilità di esprimersi.
Leggi
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Vince il lettore
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Siete
mai stati all’ippodromo, o allo stadio, o anche davanti alla
televisione a seguire una gara che vedeva in campo la vostra squadra
del cuore, o un vostro caro che gioca, che monta quel cavallo? Facevate
il tifo, no? Immaginatevi che sia un ciclista: è in fuga a un centinaio
di metri dal traguardo e dietro a lui un gruppo di inseguitori sta per
raggiungerlo. Cosa pensate, dite o gridate – a seconda del vostro
temperamento ? “Forza! – Dai! Alè!” Bene, così ero io mentre scorrevano
le pagine de La Lettrice Scomparsa e il suo fantino Fabio Stassi lo
stava portando al trionfo per i colori della Sellerio. Leggevo e gli
dicevo Forza e Alè, perché avevo paura che la sua gara, magnifica fin a
quel momento, potesse finire con un risultato minore del primo posto,
che ‘rompesse in dirittura d’arrivo’, insomma. Bene: ha vinto. La
puntata da euro 11.90 è ben pagata dalle 280 pagine che dura.
Valerio Fiandra
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Basta tornare |
E
così anche questa Hag HaMatzot è passata, di matzot ne sono avanzate
anche più del previsto, e persino i biscotti all’arancia non sono
venuti a mancare. Ma il sapore del pane dell’afflizione che nel
dipanarsi del Seder assumeva il profumo della libertà aveva un gusto
particolare, quest’anno. Sarà che mentalmente abbiamo salutato la
nostra keillà, dopo quasi vent’anni in questa città, proprio mentre
amici prossimi a festeggiare il primo figlio, che sarà Bar Mitzvà tra
una settimana, ci chiedevano se anche questi tre ragazzetti in procinto
di partire torneranno per salire sulla Tevà.
Sara Valentina Di Palma
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5 maggio, un doppio significato
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Gli
anniversari istituzionali e le ricorrenze possono ammantarsi di quel
velo di retorica che per alcuni li rende inutili. A mio avviso sono
momenti per celebrare e ricordare: donne, uomini e avvenimenti che
hanno fatto parte di una storia personale-collettiva di uno stato, di
una popolazione, dell’intera umanità. Per molti, almeno in Italia, il 5
Maggio è nelle parole di Alessandro Manzoni. Per alcuni nelle parole
del Giuramento di Mauthausen
Grazia Di Veroli
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