IL NUMERO DI MAGGIO DI DAFDAF

I giovani e la sfida della libertà

“Fu molte guerre in una, la Resistenza. Fu guerra civile, patriottica, di classe, di generazioni. E fu anche guerra di luoghi. Un conflitto in cui alle città umiliate e occupate dalla violenza fascista, in cui regnano il terrore e la fame, si contrappongono le campagne e i monti, con la loro fredda libertà protetta da boschi fitti, con la sicurezza donata da una natura estranea eppure accogliente. I luoghi plasmano gli esseri umani con la loro forza evocativa di immagini perse in memorie ancestrali. Plasmano pure i conflitti, perché anche i più feroci combattenti sono infine solo uomini e donne che vivono in spazi determinati.”
Con queste parole, dello storico Francesco Filippi, si apre l’introduzione al libro cui questo mese DafDaf dedica la copertina.
Si tratta di “Nome di battaglia Nero”, il quaderno quadrone di Rrose Sélavy scritto e illustrato da Sonia Maria Luce Possentini in cui si racconta “una storia fatta di ricordi evocati dai boschi, dalle montagne e dai sentieri che ha attraversato e vissuto, dai luoghi che, a distanza di anni, diventano parte del racconto”.
Non un testo semplice, certo, ma i giovani lettori del giornale ebraico dei bambini sono abituati a contenuti non ovvi, e le illustrazioni e la storia di “Nome di battaglia Nero” portano contenuti importanti, da ribadire con forza.
In apertura del numero in distribuzione l’omaggio del direttore della redazione giornalistica UCEI Guido Vitale a un personaggio straordinario, capace di fare un giornale per bambini tutto di testa sua. “Il suo lavoro – racconta – non era facile. Viveva negli Stati Uniti, ma l’inglese non era la sua lingua madre, perché era arrivata dalla Germania solo qualche anno prima. Aveva pochi soldi a disposizione. Conosceva poche persone. E abitava in un paesino dell’Illinois lontano dalle grandi città dove stanno tutti i grandi editori di giornali”. Marianne Carus ha fondato nel 1973 Cricket, un giornale illustrato per bambini molto speciale. La prima di una serie di pubblicazioni di grande valore, tutte dedicate ai giovani. A Vitale, che ebbe occasione di chiederle come fosse riuscita a fare un giornale così bello, aveva spiegato che non era stato così difficile: “Bastava avere il coraggio di buttare via le cose senza valore e tenere solo il meglio. Per riuscire a fare un giornale bello bisogna lavorare con impegno senza stare tutto il tempo a pensare ai soldi. Se avessi voluto guadagnare molti soldi avrei pubblicato fumetti, oppure orari ferroviari. Molta gente vuole parlare ai bambini ma pochi sono disposti a rispettare la loro intelligenza”.

Ada Treves

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IL DOSSIER SUL NUMERO DI MAGGIO DI PAGINE EBRAICHE

Dall’Inferno al Paradiso, gli ebrei della Commedia

Dove andranno a finire gli ebrei nell’aldilà dantesco? È una domanda che mi sono posta da quando ho scoperto l’esistenza della Commedia. Nel limbo, diceva decisa mia nonna; e per molti anni ho dato per scontato che avesse ragione. In effetti Dante non colloca nel limbo solo personaggi vissuti prima del cristianesimo: ci sono Seneca, Lucano, Galeno, Tolomeo e, soprattutto, tre musulmani quasi suoi contemporanei, Averroè, Avicenna e addirittura il Saladino. Non è scontato, però, che possano essere trattati con la stessa generosità coloro che vivono in mezzo ai cristiani, ne condividono almeno in parte i testi sacri e nonostante questo seguono una religione diversa. Si potrebbe forse supporre che gli ebrei stiano tra gli eretici. Però nel canto relativo agli eretici (il decimo dell’Inferno, uno di quelli che a scuola si leggono sempre) non c’è nulla che possa confermare questa ipotesi. Così come non c’è alcun motivo di supporre che siano proprio ebrei i personaggi completamente sepolti nel ghiaccio (tanto che non è neppure possibile parlare con loro) che troviamo nella quarta e ultima zona del nono cerchio dell’inferno, cioè i traditori più traditori di tutti; l’ipotesi dipende dal fatto che la zona si chiama Giudecca, come le parti abitate da ebrei in molte città medievali, ma è molto più probabile che il nome derivi semplicemente da Giuda Iscariota, che infatti sta lì nel fondo dell’inferno maciullato in eterno da una delle tre bocche di Lucifero. Peraltro nel testo, a parte il nome della zona, non c’è nulla che possa indurre a supporre che i dannati della Giudecca siano ebrei.
Chissà, poi, se Dante si sia mai posto il problema di dove collocare gli ebrei suoi contemporanei. Potrebbe non esserselo posto affatto, oppure (ipotesi ben più affascinante) potrebbe averlo deliberatamente lasciato aperto.

In realtà, anche se quasi nessuno di loro dialoga direttamente con Dante, nella Commedia gli ebrei non sono pochi. Anzi, detengono addirittura la maggioranza assoluta del paradiso: una metà esatta dei beati, infatti, è costituita da ebrei vissuti prima di Cristo – cioè i personaggi del Vecchio Testamento (per quelli vissuti dopo usa il termine “giudei”) – l’altra metà da cristiani, ma tra loro ci sono personaggi che si sarebbero definiti ebrei, come Maria o gli apostoli.
I personaggi biblici possono apparire in elenchi: «Moïsè legista e ubidente; / Abraàm patrïarca e Davìd re, / Israèl con lo padre e co’ suoi nati / e con Rachele, per cui tanto fé» (Inferno IV); «Ne l’ordine che fanno i terzi sedi, / siede Rachel di sotto da costei / con Bëatrice, sì come tu vedi. / Sarra e Rebecca, Iudìt e colei [Ruth] / che fu bisava al cantor che per doglia / del fallo disse ‘Miserere mei’ (Paradiso XXXIII)»; possono essere utilizzati per una similitudine (famosissima quella che paragona i consiglieri fraudolenti avvolti nelle fiamme al carro di fuoco che rapisce il profeta Elia), o portati come esempi positivi e negativi da proporre alle anime del purgatorio: c’è il re David che danza in mezzo al popolo quando l’Arca Santa viene portata a Gerusalemme, c’è Daniele che ha rifiutato il cibo alla corte di Nabuccodonosor, c’è Gedeone che congeda i suoi compagni che si sono fermati a bere, ci sono la regina Ester e ’l giusto Mardocheo, / che fu al dire e al far così intero (Purgatorio XVII).

Anna Segre, insegnante
 

(Nelle immagini: alcune incisioni relative all’Inferno realizzate da Gustavo Dorè)

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L'INIZIATIVA ORGANIZZATA DALL'AMBASCIATA D'ISRAELE IN ITALIA

Dall'arte alla cultura, le nuove strade della tecnologia

Quale ruolo può avere la tecnologia nel settore della cultura e dell'educazione? Parte da questo interrogativo il ciclo di incontri organizzato dall'ambasciata d'Israele in Italia e intitolato “Games for Change series”. Dalle potenzialità del Gaming come strumento per valorizzare il patrimonio museale all'uso della realtà virtuale come supporto per l'apprendimento, al cuore dei tre appuntamenti – parte della manifestazione Virtual Reality Experience 2021 – un'ampia riflessione su come le nuove tecnologie legate al mondo dei videogiochi trovino sempre più spazio anche in realtà apparentemente distanti, come la cultura, l'educazione, l'arte. Proprio quest'ultima sarà al centro dell'ultimo incontro (5 maggio – ore 16.30) con protagonisti lo scrittore, filmmaker e game designer israeliano Boaz Lavie e il direttore del Center of Contemporary Art di Tel Aviv Nicola Trezzi. “Quando si parla di arte, la tecnologia non viene utilizzata, a differenza che negli altri contesti, in maniera produttiva. L'avanzamento tecnologico, che sia la stampante 3D, Second life o i social network, viene utilizzato dagli artisti in maniera molto personale, e spesso in opposizione alla funzione per cui è pensata la tecnologia stessa”, spiega Trezzi (nell'immagine) a Pagine Ebraiche.

L'INCONTRO DI LIBERA CON I RAPPRESENTANTI DELLE DIVERSE MINORANZE

"Contro le mafie, dobbiamo fare rete"

La lotta alla povertà e la lotta alle ingiustizie e alla illegalità costituiscono le basi per una convivenza civile. Tale impegno è prioritario nelle comunità religiose non solo al loro interno ma soprattutto nelle nazioni in cui sono presenti. Il loro impatto aumenta se riescono a fare un fronte comune, a lavorare insieme attivando un processo che generi fiducia reciproca nel rispetto della diversità, riconoscendo il valore della differenza di ogni credo religioso”. A sottolinearlo, nel corso dell'incontro “Le mafie, la pandemia, l'impegno. Le religioni si interrogano”, il vicepresidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara. Nel corso del panel, organizzato dall'associazione Libera e moderato da don Marcello Cozzi, Francesca Rispoli ha presentato il report “La tempesta perfetta. Le mani della criminalità organizzata sulla pandemia”. A partire da questa indagine, esponenti di diverse confessioni religiose, dal mondo islamico alla realtà induista, si sono confrontanti sul problema di come impegnarsi collettivamente per contrastare le mafie e la loro capacità di sfruttare questo momento di fragilità del paese.

IL PROGETTO PER LE SCUOLE NEL SEGNO DI PAGINE EBRAICHE

“Diamo insieme un calcio al razzismo”

Dall’indifferenza di cui fu vittima Arpad Weisz, annientato ad Auschwitz e a lungo dimenticato dai suoi stessi tifosi. Al coraggio di Matthias Sindelar, il capitano del “Wunderteam” austriaco che pagò con la vita la sua opposizione al nazismo. E ancora: le partite di pallone, tra abisso e rinascita, raccontate da Primo Levi nei suoi libri; l’umanità di Ferdinando Valletti, mediano del Milan, che in lager pensò prima agli altri che a se stesso; il Totocalcio, l’intuizione del giornalista triestino Massimo Della Pergola per ridare linfa a un Paese disastrato (la prima schedina fu giocata esattamente 75 anni fa, il 5 maggio del ’46).

Queste e altre le storie “adottate” della scuola media Bartolena di Livorno, che ha festeggiato il ritorno alle attività in presenza con un grande evento pubblico nel campo davanti allo stadio cittadino Ardenza. A confronto con circa 350 studenti il giornalista della redazione di Pagine Ebraiche Adam Smulevich e un campione del recente passato: Igor Protti, bandiera del Livorno e unico calciatore italiano ad aver vinto la classifica cannonieri in Serie A, B e C.

Una giornata all’insegna di sport e valori che ha visto l’intervento di numerosi ospiti, accolti dalla coordinatrice del progetto “Un calcio al razzismo e all’antisemitismo” Anita Leonetti: il sindaco di Livorno Luca Salvetti, la vicesindaca Libera Camici, il presidente della Comunità ebraica cittadina Vittorio Mosseri, il delegato livornese del Coni Giovanni Giannone, il preside dell’istituto Ersilio Castorina, la dirigente del Miur Milva Segato, la professoressa Silvia Guetta dell’Università degli studi di Firenze. Con loro anche Roberto Rugiadi, figlio della Testimone della Shoah Frida Misul.

(Nelle immagini, dall’alto in basso: alcuni degli ospiti intervenuti; i ragazzi sugli spalti del campo scuola; Igor Protti con alcuni giovani ammiratori)

LA DONAZIONE DI FABIO E IRENE LOPEZ NUNES AL MUSEO DELL'EBRAISMO ITALIANO

Dall’antico talled agli shadday da culla,
il Meis accoglie le memorie di famiglia

Un regalo prezioso, che custodisce in sé un pezzo della storia ebraica italiana in un percorso lungo secoli.
Fabio e Irene Lopez Nunes hanno donato al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara alcuni beni del fondo Sisa Tabet e Sabatino Lopez, i loro nonni. Nato a Livorno nel 1867, Sabatino fu un grande drammaturgo e critico letterario nell’Italia post-unitaria. Insegnò in diverse città italiane e raggiunse il successo con drammi dall’ambientazione borghese. Nel 1909 sposò la concittadina livornese Sisa Tabet da cui ebbe due figli, Roberto e Guido, quest’ultimo, scrittore e esperto di Rinascimento, è noto al pubblico ebraico italiano per le rubriche letterarie della trasmissione “Sorgente di vita”.
Gli oggetti giunti al Meis permettono di tuffarsi tra le pieghe della vita di una famiglia ebraica pienamente inserita nel contesto sociale italiano: trai beni spiccano il talled appartenuto a Cesare Tabet, padre di Sisa; gli shadday da culla, una copia manoscritta del XVII secolo della legge livornina promulgata nel 1593 e tanti altri volumi e manoscritti di famiglia.

L'INIZIATIVA DI QUESTA SERA

Rav Richetti, il segno di un Maestro

A un mese dalla scomparsa, una serata di studio e testimonianze organizzata da Assemblea rabbinica italiana e Unione delle Comunità Ebraiche Italiane ricorderà la vita, le scelte e l’immensa umanità di rav Elia Richetti. L’appuntamento è per martedì 4 aprile alle 21, in diretta sulla pagina Facebook UCEI e su webtv.UCEI.it. Dopo i saluti introduttivi della Presidente dell’Unione Noemi Di Segni interverranno, con un Davar Torah ciascuno, il rabbino capo di Milano e presidente Ari rav Alfonso Arbib; rav Giuseppe Momigliano, rabbino capo di Genova e membro di Giunta UCEI per la Consulta rabbinica; rav David Sciunnach, presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia; e rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Cultura e Formazione dell’Unione. Seguiranno i ricordi e le testimonianze di Eli Innerhofer, presidente della Comunità ebraica di Merano; Rossella Bottini Treves, presidente della Comunità di Vercelli; Eddie Olifson, presidente del Tempio milanese di via Eupili. La serata sarà moderata da Davide Saponaro dell’area Cultura e Formazione UCEI.

Il contagio del ricordo
Ci dicono ‘La vostra memoria ci schiaccia.’ ‘Sono passati ormai settant’anni.’ Noi cerchiamo di frenare il ricordo, ma non funziona. Pensiamo che ci voglia tempo, forse qualche generazione. Solo allora, quando non ci saranno più i figli, e i figli dei figli, si potrà forse distanziare il ricordo e lenire il dolore della storia. Una fine allo strazio la si deve pur trovare prima o poi. Non si può continuare a vivere a ferita aperta. 
Dario Calimani
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Sociologia e letteratura
Mi sono sempre appassionato al filone di Law & Literature; partecipai pure ad un convegno romano presieduto da Pietro Rescigno e Anthony T. Kronman, dove, nell’ordine, costoro somigliavano alle amene descrizioni di Henrich Heine del prete cattolico e del pastore protestante, immortalate nelle sue Impressioni di viaggio; chi non le avesse lette, lo facesse, se non altro per vedere quanto sia falso il luogo comune che vede i tedeschi come refrattari all’umorismo e gli italiani, invece, come molto portati. Nel convegno, parlai di Franz Kafka, pur accorgendomi che il pubblico faceva smaccatamente il conto alla rovescia aspettando che finissi: debbo essere stato noiosissimo.
Emanuele Calò
Resistenza ebraica, impegno morale
Molto si è detto e scritto le scorse settimane sulla Guerra di Liberazione, narrando alcune sue vicende, prendendo in esame il suo ruolo primario nel formare le coscienze democratiche, le difficoltà di penetrazione del suo messaggio nella società contemporanea. Due intensi incontri in streaming hanno opportunamente ricordato il ruolo degli ebrei nella Resistenza, o come appartenenti a gruppi di partigiani ebrei (soprattutto nell’Europa orientale), o come membri di bande dalla variegata composizione.
David Sorani
Coanim
Nella parashà di sabato scorso, Emor, abbiamo letto tutta una serie di prescrizioni riguardanti i Coanim ed in particolare il Coen gadol, il Gran Sacerdote in carica, responsabile della direzione del Santuario di Gerusalemme.
Roberto Jona
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