Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    17 Novembre 2021 - 13 Kislev 5782

IDENTITÀ E CANCEL CULTURE 

Monica Lewinsky, lo scandalo del pregiudizio

“Immagina di svegliarti e tutto il mondo sta parlando di te perché il tuo mistero, il tuo segreto è diventato pubblico. Credimi, ne so qualcosa...”.
Così Monica Lewinsky, protagonista suo malgrado di uno degli scandali più celebri degli anni Novanta e oggi in prima linea contro il cyberbullismo. Nessuno meglio di lei conosce lo stigma della cancel culture e la gogna mediatica che i social hanno ormai promosso all’uso quotidiano. A poco più di vent’anni è stata la “paziente zero”, come lei stessa si definisce nel documentario di cui ha scelto di farsi voce narrante: 15 Minutes of Shame (15 minuti di vergogna), dedicato alle vicende di uomini e donne finiti per un errore nel mirino dei social media e ritrovatisi con la reputazione a pezzi. Se del “segreto” di Lewinsky si sanno anche i dettagli più imbarazzanti e di quella storia non si è mai smesso di parlare, l’aspetto che ancora tende a passare sotto silenzio è la sua identità ebraica – quanto meno sui media mainstream perché online i veleni antisemiti si sono sprecati fin dal principio. Nemmeno la nuova serie Impeachment in onda su Fox, dedicata allo scandalo che ha rischiato di mandare all’aria la presidenza Clinton, è riuscito a riportare l’argomento di attualità. Malgrado Monica Lewinsky sia nell’elenco dei produttori e a interpretarla sia l’amica attrice Beanie Feldstein, come lei ebrea di Los Angeles che non ha mai fatto mistero della sua appartenenza e a breve sarà a Broadway nel ruolo più ebraico che ci sia - la Funny Girl che ha già reso famosa Barbra Streisand. Eppure, fin dalle prime battute dell’affaire Clinton il background ebraico di Lewinsky era finito su tutte le prime pagine, con tanto di foto che la ritraevano al bar mitzvah del fratello insieme al padre in talled e kippah. E lei stessa negli anni si era più volte dichiarata legata alle sue radici e all’ebraismo. C’è dunque da interrogarsi sulle ragioni di questo silenzio – tanto più notevole perché è l’unico che riguardi la sua vita. Alla luce delle volgarità e delle perfidie messe in campo, è difficile immaginare un elemento di rispetto, se non di pura facciata. 
A rileggere le cronache saltano invece all’occhio altri elementi che, come nota Eliyah Smith su Forward, sembrano piuttosto risalire a un atteggiamento di diffidenza e fastidio nei confronti del mondo ebraico. Lewinsky non è solo vittima del sessismo e della misoginia dei media che in quegli anni devasta le vite di altri personaggi famosi (tra i più noti, Paris Hilton e Britney Spears) oltre che del crudele ostracismo comminatole dal clan Clinton. Nel suo caso entra in gioco il veleno del più puro pregiudizio, scrive Smith. “Nelle mani della stampa, degli investigatori, del pubblico americano e di chiunque abbia fatto dello scandalo una storia, Monica è diventata la classica caricatura antisemita della donna ebrea”. Nell’immagine che ne viene data, il tema del desiderio inappropriato e smodato, l’ingordigia, il consumismo, l’ossessione dello status, le ambizioni sociali e la mancanza di gusto si intrecciano in un mix crudele. E una componente cruciale, sottolinea Smith, ha a che fare con la sua incapacità a ottenere quello che desidera. “È questo che rende Monica così patetica, e così archetipicamente ebrea. Il suo peccato cardinale non è stato solo volere essere alla moda, popolare, ricca, ben vestita e famosa; è stato non riuscire a ottenere queste qualità”. Non c’è niente di ebraico in tutta questa storia ed è inutile sottolinearlo. A guardarla oggi, una quarantenne elegante e radiosa, non si può però fare di meno di chiedersi dove abbia trovato la forza di superare quella spaventosa bufera di veleni. E non si può fare a meno di pensare a una qualità, questa sì profondamente ebraica - la resilienza.

Daniela Gross

L'OMAGGIO DI MILANO ATTRAVERSO LA PROPRIA MASSIMA ONORIFICENZA

L'Ambrogino d'oro al Memoriale della Shoah:
"Premiato un lavoro su molti fronti" 

“È un riconoscimento che gratifica il nostro lavoro e un ulteriore stimolo affinché riparta a pieno l’attività di visite delle scuole, perché torni l’incentivo a varcare la soglia di questo edificio”.
C’è soddisfazione nelle parole di Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano. Nelle scorse ore fa il Comune ha divulgato la rosa dei vincitori dell’Ambrogino d’oro, la massima onorificenza cittadina. Tra le organizzazioni premiate spicca proprio il Memoriale, che Jarach guida dalla primavera del 2018 dopo esserne stato per anni il vicepresidente.
Memoria come leva irrinunciabile per un futuro migliore: questa la mission che contraddistingue da sempre l’impegno del Memoriale, al cui ingresso risalta la grande scritta “Indifferenza” voluta dalla senatrice a vita Liliana Segre. Un luogo vivo d’incontro e sempre più percepito a livello non solo locale ma anche nazionale come testimonia la recente visita del Primo ministro Mario Draghi. “Sono felice – disse in settembre il premier – che il Memoriale della Shoah sia tornato a essere frequentato dagli studenti, da tutti i cittadini, dopo la chiusura durante la fase più dura della pandemia. L’attività economica e sociale del Paese riprende. Ma l’anima di ogni ricostruzione è la vita civile e morale della nostra democrazia”.



 

Uno spazio inoltre per ritrovarsi e rilanciare battaglie di civiltà senza confini come nel caso del presidio convocato al suo esterno, in ottobre, dopo le orrende strumentalizzazioni sulla Memoria di parte del mondo No Vax e No Green Pass.
“In sede di premiazione – aggiunge Jarach – mi piacerebbe però che si ricordasse anche il nostro impegno di accoglienza dei profughi, svolto in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio. Una delle iniziative di cui sono più orgoglioso”.

(Nelle immagini: la scritta Indifferenza all’ingresso del Memoriale; Mario Draghi, Liliana Segre e Roberto Jarach durante la visita in settembre del Primo ministro)
 

LE LINEE PROGRAMMATICHE PER IL 2022

“Beni culturali ebraici, un futuro di grandi sfide"

Dalla catalogazione del patrimonio a quella dei libri antichi, dallo sviluppo del sito web e dei canali comunicativi al recupero dell’antico cimitero di Valdirose presto protagonista di grandi eventi internazionali. Aree d’azione centrali nell’impegno della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia nell’anno corrente ma anche nel prossimo futuro, come si è convenuto nel corso della riunione del cda in svolgimento nei locali del Centro Bibliografico UCEI oggetto di un recente accordo che ne ha affidato la gestione alla Fondazione stessa. “Una nuova avventura ha inizio” sottolinea Dario Disegni, presidente della Fondazione, alludendo ai frutti di una convenzione che rappresenta “un impegno gravoso ma al tempo stesso decisamente stimolante e coerente con i nostri obiettivi istituzionali: il Consiglio darà il massimo apporto e lo stesso faranno il comitato scientifico e lo staff preposto”. Si lavora in questo senso per affinare al meglio la struttura: “Nelle scorse settimane – spiega Disegni – abbiamo provveduto alla nomina della responsabile del Centro, affidando l’incarico a Diletta Cesana. A breve si chiuderà il bando per la ricerca di una risorsa part time di assistente bibliotecario-archivista. Oggi procederemo invece con la nomina di parte del comitato scientifico”.
Durante l’esposizione delle linee programmatiche per il 2022 Disegni ha tracciato un quadro positivo delle iniziative assunte nell’anno che va concludendosi “pur nella difficilissima situazione indotta dalla pandemia nella quale la Fondazione è stata costretta al pari di ogni altra istituzione”.
Sul fronte della catalogazione del patrimonio culturale proseguirà l’aggiornamento da parte “di sette giovani schedatori che operano sotto la sapiente guida della Consigliera Andreina Draghi e di un comitato scientifico che revisiona il lavoro svolto”. Il portale di consultazione dedicato al patrimonio ebraico, ha poi annunciato Disegni, verrà messo online entro la fine del corrente anno e verrà presentato al pubblico in un apposito convegno da programmare nel primo trimestre 2022″.
Coinvolgimento diretto anche nella grande sfida di I-Tal-Ya books, “assicurato dal ruolo di project manager affidato alla segretaria della Fondazione, Diletta Cesana, in collaborazione con Gloria Arbib, Consigliera UCEI delegata a seguire le attività culturali e componente dello Steering Committee del progetto”.
Nei prossimi mesi la Fondazione implementerà quindi il portale www.visitjewishitaly.it, promuovendolo attraverso tutti i social dell’ente “sotto la guida dei Consiglieri Annie Sacerdoti e Giorgio Segrè e con la collaborazione dell’architetto Baruch Lampronti, curatore dei testi sin dalle prime fasi del progetto”.
Grazie a un importante contributo giunto dall’estero saranno inoltre avviati operativamente i lavori di restauro dell’antico cimitero di Gorizia (Valdirose) “sulla base dell’articolato progetto di recupero e valorizzazione dello stesso predisposto dai Consiglieri Andrea Morpurgo e Renzo Funaro”.
Anche per il 2022, ha evidenziato Disegni, “verranno promossi, in collaborazione con le Comunità proprietarie dei beni culturali che necessitino di appositi interventi, alcuni progetti di restauro esemplari, per i quali verranno attivati tutti i canali di finanziamento ipotizzabili e per i quali la Fondazione metterà altresì a disposizione le competenze professionali presenti al suo interno”.

(Nell'immagine il Consiglio della Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia riunito al Centro Bibliografico UCEI vicino all'installazione artistica "La mezuzah" di Ariela Bohm)

L'ALLESTIMENTO IN PREPARAZIONE

Luce per la vita, le Chanukkiot d'autore
da Casale Monferrato a Innsbruck

Ultimi preparativi per l’allestimento di una mostra davvero suggestiva: “Chanukkah, Leuchter des lichterfestes” (Chanukkah, le lampade della Festa delle Luci), a cura del Tiroler LandesMuseen di Innsbruck e con all’interno ben 32 opere del Museo dei Lumi di Casale Monferrato. Una collezione unica nel suo genere, con il coinvolgimento di molti grandi artisti che nel corso degli anni hanno donato i frutti del loro estro alla Fondazione Arte, Storia e Cultura Ebraica a Casale Monferrato e nel Piemonte Orientale Onlus.
La mostra (26 novembre 2021 – 27 febbraio 2022) sarà allestita al Ferdinandeum, palazzo eretto nel 1823 per ospitare le collezioni artistiche del Tirolo, ma avrà anche un richiamo nella nuova sinagoga della città inaugurata nel 1993 nello stesso spazio di quella distrutta dai nazisti dopo l’Anschluss, la cui sala di preghiera ospita una Chanukkiah d’argento omaggio del vescovo cattolico Reinhold Stecher.
La mostra nasce da una intuizione di Peter Assmann, già direttore del Complesso Museale di Palazzo Ducale di Mantova, cittadino onorario di Casale e oggi direttore proprio del Tiroler LandesMuseen, che ha voluto coinvolgere la Comunità ebraica monferrina in un progetto che affianca alle lampade anche altre mostre dedicate alle prossime festività. Nel luglio del 2021 una visita di Assmann a Casale, insieme a Günter Lieder, presidente della Comunità ebraica del Tirolo e del Vorarlberg e Veronica Schürr, responsabile delle mostre e degli eventi della rete museale di quel territorio, aveva gettato le basi di questa proficua collaborazione.


“L’operazione acquista significato ancora più profondo rispetto ad altri prestiti” spiega Daria Carmi, Young Curator del Museo dei Lumi. “La nostra città che ha un patrimonio di arte e tradizioni ebraiche così visibile, porta la sua testimonianza in un’altra città che invece ha visto le proprie cancellate dalla violenza. La luce delle nostre lampade si propaga e arriva in luoghi dove può restituire nuovamente una forma a ciò che era diventato invisibile”.

(Nelle immagini: un dettaglio del Museo dei Lumi; un recente incontro a Casale tra gli artefici di questa nuova collaborazione che porterà 32 Chanukkiot ad Innsbruck)

LE ANTICIPAZIONI DAL CONVEGNO INTERNAZIONALE DI ROMA

Ebrei di Libia, storie di vita e rinascita

Un’immagine simbolo a introdurre il programma: rotoli della Torah, lo sfondo di una sinagoga che riluce anche per la loro presenza. Una delle chiavi di lettura del convegno internazionale “Storie di rinascita: gli ebrei di Libia” che si svolgerà a Roma dal 28 novembre al 5 dicembre su iniziativa dello psicoanalista David Gerbi. Immagine emblema, spiega Gerbi, della capacità di resilienza “di un gruppo straordinario che è stato ‘profugo’ per poco tempo, ha saputo rialzarsi e diventare protagonista della storia recente di Roma e della sua Comunità ebraica, lasciando un segno importante anche in Comunità come quelle di Milano e Livorno".
Vicende e personaggi che animeranno un’intera settimana di incontri sotto l’egida dell’ASTREL, l’Associazione Salvaguardia Trasmissione Retaggio Ebrei di Libia di cui Gerbi è presidente.
Svariate decine gli ospiti, provenienti anche dall’estero e in particolare da Israele. “È un progetto che si è sviluppato progressivamente e la cui strutturazione si è chiusa proprio in queste ore. Un cantiere aperto fino all’ultimo” sottolinea con soddisfazione Gerbi. “Tutto – prosegue – nasce nel segno delle numerose testimonianze orali che sto raccogliendo e che ogni lunedì sono proposte, su Pagine Ebraiche, nella rubrica ‘Storie di Libia’. Un patrimonio immenso destinato ad essere accolto presso Anu, il museo del popolo ebraico con sede a Tel Aviv”.
Proprio Anu è tra i principali partner dell’iniziativa, insieme tra gli altri a Comunità ebraica di Roma, UCEI, Ambasciata d’Israele. 


(Nell'immagine: rotoli della Torah nel Tempio Beth Shmuel di via Garfagnana)

Ticketless - Piazza Stamira
Di tutte le città-porto d’Italia, dove fiorirono vivaci comunità, Ancona è la meno studiata, ancorché sia carica di memorie ebraiche al pari di Livorno, Trieste, Venezia. Chissà mai se nella sinagoga di Ancona si conserva ancora la splendida cortina di quelle da appendersi all’arca che racchiude i rotoli della Legge, nel centro della quale un’iscrizione a caratteri ebraici informa che nel 1630 Leone Montefiore donò questo lavoro di sottile e ingegnosa arte femminile, ricamato dalla moglie di lui Rachele. E chissà mai se, ad un passo dalla sinagoga, nella frazione di Fermo, la borgata Montefiore, si mantiene il ricordo di aver dato radice a una delle più antiche famiglie dell’ebraismo europeo. Nel 1758 nacque sir Moses Montefiore, il filantropo, che s’impegnò alla redenzione materiale e morale di tanta parte degli Ebrei d’Oriente, massime della Siria e del Marocco.
 
Alberto Cavaglion
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L'autonomia di Dante 
Abbiamo detto le volte precedenti che, per valutare l’atteggiamento di Dante di fronte al destino di sofferenza inflitto dalla Chiesa al popolo ebraico per l’accusa di “deicidio” e, più in generale, riguardo alla giustificazione di una punizione collettiva, è necessario fare riferimento alla specifica posizione del poeta nei confronti del concetto di mistero, che occupa una posizione di rilievo nella sua complessiva visione ideologica.
 
Francesco Lucrezi
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La seconda volta
Nel 2004 e 2005 a Gerusalemme raggiunsi Greta Klingsberg che a Theresienstadt interpretò Aninka nell’operina Brundibár di Hans Krása; fu colà trasferita 13enne con sua sorella gemella Trude. Greta aveva partecipato a numerose rappresentazioni del Brundibár; era presente quando i funzionari della Croce Rossa Internazionale visitarono il Campo nel giugno 1944. Pochi giorni prima, l’autorità tedesca “risolse” i problemi di sovraffollamento smistando altrove i deportati in eccesso.
Francesco Lotoro
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