Discorso del consigliere Claudia De Benedetti
‘Giorno della Memoria’: discorso del consigliere Claudia De Benedetti alla manifestazione tenutasi presso il Comune di Courgnè (Torino)
27 gennaio 2005
YAD VASHEM :
SIGNIFICATO E SPIRITUALITÀ
DEL MUSEO DELLA SHOAH DI GERUSALEMME
Sono grata al Comune di Cuognè che mi ha dato la possibilità di partecipare alla celebrazione della Giornata della Memoria del 2005 e ringrazio tutti voi per essere qui, chiunque siate, qualsiasi età abbiate e con qualunque religione o idea abitiate questo mondo.
La Tradizione ebraica è caratterizzata dall’imperativo categorico zachor, ricorda. “Noi ebrei – scriveva Martin Buber nel 1938 – siamo una comunità basata sul ricordo. Il comune ricordo ci ha tenuti uniti e ci ha permesso di sopravvivere…”.
Il verbo zachar, nelle sue varie forme, ricorre nella Bibbia ben 222 volte e, nella maggior parte dei casi, ha per soggetto Israele o D-o. Il concetto di ricordare trova il suo complemento e completamento nel verbo opposto: dimenticare.
Al popolo ebraico viene ingiunto di ricordare e al tempo stesso di non dimenticare.
La Toràh – il Pentateuco – nel versetto del Deuteronomio, 32; 7, ci sprona ripetutamente a ricordare e a non dimenticare: nelle ultime parole di congedo, Mosè raccomanda al popolo: ” Ricorda i tempi antichi, cerca di comprendere gli anni trascorsi, interroga tuo padre e ti racconterà, i tuoi anziani e te lo diranno….”.
Il 27 gennaio 1945, sì esattamente sessant’anni fa,si sono per sempre spalancati i cancelli del Lager di Auschwitz e dinanzi agli increduli ed esterrefatti occhi delle truppe alleate è apparsa una folla di cadenti fantasmi umani.
Auschwitz e l’annesso Lager di sterminio di Birkenau, con cinque crematori ed un milione e mezzo di vittime, rimarranno quindi il simbolo perenne del più immane delitto del secolo.
Dopo Auschwitz – si è detto – il mondo non sarà più come prima – perché Auschwitz ha rappresentato l’indicibile, l’inenarrabile.
La nostra cultura democratica, quella nella quale tutti noi europei possiamo vivere ed esprimerci oggi, nasce proprio sulle ceneri della seconda guerra mondiale e della Shoah e con esse continuerà a confrontarsi sempre.
Pochi hanno avuto il coraggio di opporsi allora, anche a costo della propria vita e a quei pochi noi dobbiamo grande rispetto e gratitudine per averci indicato che esiste sempre un’alternativa, una luce.
Oggi noi viviamo in Italia e in Europa, abbiamo la libertà di esprimerci e di essere ciò che siamo, o che desideriamo essere, dobbiamo la nostra libertà alla vittoria riportata su qualcosa di terribile, di inqualificabile,successo poco più di sessant’anni fa.
Anche allora l’Europa era la culla della cultura, dell’innovazione, delle grandi rivoluzioni di pensiero; sembrava un impossibile terreno in cui far attecchire dittature, discriminazioni violente, razzismo, intolleranza, barbarie e stermini.
Eppure, è successo. Fra il 1933 e il 1945, il regime nazista ha convinto milioni di persone come voi, normali e civili, a tollerare prima e a sostenere poi una politica di stato che ha decretato la persecuzione di milioni di altri cittadini europei da generazioni, che avevano l’unica colpa di essere nati.
Nati ebrei.
Il nazismo, appoggiato dal fascismo e da altri governi europei conniventi, ha così ridotto in cenere 6 milioni di esseri umani, di cui 1.5 milioni erano bambini e ragazzi. Prima, però, con leggi regolarmente approvate, li ha umiliati, cacciati, discriminati, perseguitati, depredati, derisi, minacciati, reclusi, esclusi… definendoli di razza inferiore, di razza ebraica.
Vi proporrò una breve riflessione sui diritti negati agli ebrei, diritti che oggi sono sanciti universalmente, ma che altrettanto universalmente vengono tutti i giorni calpestati.
La grande differenza sta nel fatto che prima e dopo la Shoahbambini, donne e uomini sono stati, in molte altre circostanze ed in tante parti del mondo, vittime innocenti di guerre, violenze, sfruttamento, ignoranza, viltà, povertà, fame, malattie… ma non di tutto insieme, contemporaneamente e per la sola colpa di essere nati.
Guardare in faccia questo capitolo assurdo e orrendo della nostra storia contemporanea è e sarà sempre faticoso, ma necessario. Diciamo che equivale a un vaccino, grazie al quale sperare in un’Europa migliore, in un mondo migliore.
A Voi affidiamo questa Memoria, questo messaggio di dolore, perché sappiate trasformarlo in un seme di speranza per il vostro futuro e per quello del paese in cui abitate.
Voi che ridete, soffrite, correte, contestate, desiderate, scegliete, gioite, insomma, compiete ogni giorno mille azioni che reputate assolutamente normali e “ dovute” , avete per le mani un grande dono di cui forse non vi rendi conto: la libertà e la dignità che da essa deriva.
Impegnatevi ad usarlo davvero, a coltivarlo per poterlo condividere con ogni vostro vicino.
Riflettete sulle diverse possibilità che ognuno di noi ha di fronte al Male.
Questo genere di Male, come sapete, è ancora in agguato: c’è bisogno di conoscerlo bene per poterlo contrastare e per trovare il coraggio di non esserne complici restando indifferenti. Basta pensare che, prima o poi, gli “altri” potremmo essere proprio noi.
Sei milioni di persone, che avrebbero potuto dare il proprio contributo al mondo sono state annientate.
Per capire meglio che cosa hanno dovuto affrontare, in questi mesi con l’aiuto dei vostri insegnanti avete approfondito e riflettuto sui grandi eventi e sul vissuto di tante vittime innocenti. Mi auguro che conoscendo più da vicino i fatti che li travolsero, possiate davvero raccogliere la loro sfida, combattere per i loro desideri inascoltati, per i loro sogni mai avverati e non farli morire di nuovo nell’indifferenza.
Adottando la loro Memoria, sarà un po’ come tenere sempre accesa una luce, l’unica veramente indispensabile, perché tanti uomini non perdano nuovamente la ragione e la capacità di amare.
Quante volte la parola ebreo viene ancora usata come un insulto, negli stadi o sui muri delle vostre città? Quante volte si sente parlare di israeliti anziché di israeliani o di sionismo come sinonimo di razzismo? Avete mai riflettuto sul vero significato di queste parole?
Quante volte le parole entrano nel vostro linguaggio senza che quasi ve ne accorgiate e che ne conosciate la storia, l’etimologia e, soprattutto, le conseguenze provocate dal loro uso improprio?
Da internet alla televisione, dai giornali ai testi delle canzoni, dal cinema alla Playstation, il mondo entra sempre più spesso in casa vostra e nel vostro cosmo personale senza filtri, senza lasciarvi il tempo di elaborare o di avere dei dubbi.
Nel mare d’informazione “usa e getta” in cui vi trovate a navigare, la parola perde troppo spesso di valore e, usata a sproposito, può addirittura concorrere ad alimentare il pregiudizio e il razzismo, come ci dimostra spesso la cronaca europea e internazionale.
Voi potete fare molto per non cadere in queste facili trappole: basta non dare tutto per scontato e usare la vostra curiosità per andare oltre i luoghi comuni.
Per cominciare, oggi certamente conoscete il piccolo vocabolario che vi propongo qui di seguito. Ecco alcune parole che fino a pochi mesi or sono magari confondevate ed ora ben sapete: con la certezza che vi stimolino a continuare questo semplice esercizio su qualsiasi altro tema storico o di attualità che vi troverete ad affrontare: ebreo, giudeo, israelita, israeliano, Sionismo, genocidio, olocausto, Shoah, pogrom, razza, razzismo, Islam, arabo, palestinese, musulmano, Israele e Palestina.
Ora non abbiamo il tempo riassumere tutte le definizioni di queste parole usate ed abusate, lascio perciò ai vostri insegnanti una sintesi, per fissare ciò che il tempo potrebbe lasciare scappare.
In questa giornata così ricca di significato ho chiesto di parlarvi di Yad Vashem di Gerusalemme.
Yad Vashem, che in ebraico significa Segno e Nome, è un luogo di commemorazione, di monito e di omaggio per i sei milioni di ebrei vittime della follia nazista; èuna tappa fondamentale perchi come voi ha studiato la Shoah.
In questo luogo della memoria, la mente, il cuore e l’anima provano un estremo bisogno di silenzio. Silenzio nel quale ricordare. Silenzio nel quale cercare di dare un senso ai ricordi che ritornano impetuosi. Silenzio perché non vi sono parole abbastanza forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah. Qui, come ad Auschwitz e in molti altri luoghi in Europa, siamo sopraffatti dall’eco dei lamenti strazianti di così tante persone. Uomini, donne e bambini gridano a noi dagli abissi dell’orrore che hanno conosciuto. Come possiamo non prestare attenzione al loro grido?
Il23 marzo 2000 Papa Giovanni Paolo IIha visitato Yad Vashem.
Appena entrato ha voluto pronunciare un Salmo che ora vi ripeto:
Le parole dell’antico Salmo sgorgano dal nostro cuore:
Sono diventato un rifiuto.
Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
Ma io confido in te, Signore; dico: ‘tu sei il mio Dio’ (Sal31, 13-15).
L’intero complesso è dominato dalla Colonna dell’Eroismo, sulla quale è incisa la parola “zkor “, cioè: Ricorda!
Fanno parte di esso:
il Muro della Shoah, un monumento i cui pannelli commemorano lo sterminio, celebrano la resistenza dei partigiani ebrei ed illustrano il ritorno dei superstiti nella Terra Promessa.
l’Ohel Izkor, la Tenda del Ricordo: una bassa struttura in cemento armato su base di basalto, sul cui pavimento sono semplicemente scritti i nomi dei ventuno principali campi di sterminio.
il Memoriale dei Bambini che ricorda il milione e mezzo di bambini morti nelle camere a gas. Il monumento è composto da un grandissimo numero di minuscole lampadine siriflettono in una scurissima e piccola stanza cui si accede da uno stretto e buio corridoio. Al visitatore pare di essere parte di un cielo costellato da milioni di stelle. I nomi di tutti i bambini morti durante la Shoah, l’età ed il paese d’origine vengono ripetuti senza sosta da una voce fuori campo.
la Valle delle Comunità distrutte che rammenta il nome di comunità ebraiche interamente annientate;
la Sala dei Nomi conserva i nomi di più di due milioni di vittime e i nomi degli eroi della Resistenza;
il Museo che raccoglie migliaia di foto e documenti che illustrano la storia completa delle persecuzioni dal 1933 al 1945
il Viale dei Giusti celebra i migliaia di non ebrei che, nel buio della barbarie nazista, si adoperarono, rischiarono e spesso persero la vita per salvare quella di un ebreo, di una famiglia ebraica, o di intere comunità. Donne e uomini come tanti, che sapevano perfettamente a che cosa andavano incontro, ma il cui senso di giustizia e di amore per i loro simili fu più forte della paura e della morte. Ai Gentili (cioè non ebrei) Giusti, gli ebrei d’Europa devono dunque particolare riconoscenza, poiché è anche merito loro se il piano nazista di fare di loro una “razza estinta” non è riuscito fino in fondo.
La storia dei Giusti è nella tradizione ebraica.
Si racconta che in qualsiasi momento della storia dell’umanità ci siano sempre 36 Giusti al mondo. Nessuno sa chi siano, nemmeno loro stessi, ma sanno riconoscere le sofferenze e se ne fanno carico, perché sono nati Giusti e non possono ammettere l’ingiustizia. E’ per amor loro che Dio non distrugge il mondo.
Nel 1953 il Parlamento Israeliano ha incaricato Yad Vashem di accordare il termine di “Giusti tra le Nazioni” come riconoscimento e ringraziamento a nome di tutto il popolo ebraico.
Un giudice della Corte Suprema presiede un comitato di personalità pubbliche che assicura che i nominati abbiano agito interamente a loro discrezione, in territori controllati dalle truppe tedesche o da loro alleati e collaboratori, e mettendo a rischio la propria libertà e la propria vita, senza ricevere remunerazioni o compensi di sorta.
Il primo presidente della Commissione è stato Moshe Landau, il famoso presidente del Tribunale che ha condannato a morte Adolf Eichmann.
Nel 1962 a Yad Vashem è stato inaugurato il Viale dei Giusti, dove vengono tutt’oggi piantati alberi di carrubo in onore e memoria. Dal 1963 al 2001 sono stati proclamati circa 20.000 Giusti. Fino al 2002, gli italiani erano 295.
Tre mesi or sono Yad Vashem ha raggiunto una importantissimo traguardo: per la prima volta ha messo su Internet le schede biografiche di tre dei sei milioni di ebrei uccisi durante la Shoah.
Il sito, www.yadvashem.org, in ebraico ed inglese, è stato elaborato da circa millecinquecento persone nell’arco di un decennio. Si tratta della digitalizzazione di cinquant’anni di lavoro sulle biografie delle vittime della Shoah.
Il nuovo database si basa in parte su più di due milioni di “pagine di testimonianze” presentate sin dal 1950 da parte di sopravvissuti, parenti e amici di ebrei sterminati durante la Shoah al Yad Vashem.
Alcune informazioni, come è spiegato nel sito, provengono anche dalla documentazione storica, tra cui corrispondenze tra ufficiali nazisti o liste di detenuti nei campi di concentramento.
Milioni di nomi che appaiono in parecchi documenti storici non sono stati ancora identificati o registrati nel database; molti altri nomi sono ancora nella memoria dei sopravvissuti o delle famiglie», riporta il sito che permette a familiari e amici di segnalare eventuali nomi mancanti con la promessa che verranno verificati e inseriti nel database.
Due i modi per effettuare ricerche nell’archivio digitale: per nome o per luogo. Inserendo per esempio il nome “Milan” (Milano in lingua inglese) compare l’elenco delle vittime nate, residenti, deportate o decedute nel capoluogo lombardo. Scrivendo invece il nome di una vittima in inglese o in ebraico, si apre una pagina con un capoverso di notizie biografiche, come la data e il luogo di nascita, stato civile, la residenza e, se è nota, data e luogo di morte. Accanto al paragrafo compare un link attraverso il quale si accede alla visualizzazione della “pagina della testimonianza” presentata allo Yad Vashem. Accanto al nome della vittima, si trova un altro link con cui reperire ulteriori informazioni sugli altri membri della famiglia deceduti.
Prima di concludere il mio intervento vorrei parlarvi ancora di un binario.
Il binario 21 della Stazione Centrale di Milano. Il 30 gennaio 1944 da questo binario una umanità dolente, composta di cittadini italiani di religione ebraica di ogni età e condizione sociale, veniva caricata tra urla, percosse e latrati di cani su vagoni bestiame.
All’alba di una livida domenica invernale più di 600 persone avevano attraversato la città svuotata partendo dal carcere di San Vittore su camion telati e avevano raggiunto i sotterranei della Stazione Centrale con accesso da via Ferrante Aporti.
Tutti loro, braccati, incarcerati, detenuti per la sola colpa di esser nati ebrei partivano per ignota destinazione. Fu un viaggio di 7 giorni passati tra sofferenza e ansia.
I bambini da 1 a 14 anni erano più di 40, la signora Esmeralda Dina di 88 anni era la più anziana.
All’arrivo ad Auschwitz, la successiva domenica 6 febbraio, circa 500 fra loro vennero selezionati per la morte e furono gasati e bruciati poche ore dopo.
Dal binario 21 era già partito un primo convoglio con quasi 250 deportati il 6 dicembre del 1943, ne sarebbero partiti altri fino a maggio del 1944.
Il binario 21 è ancora lì. Oggi in disuso e forse destinato ad essere soppiantato da un centro commerciale o da una discoteca.
Per offrire a Milano e alle sue giovani generazioni un memoriale della Shoah e un centro multimediale per la prevenzione del pregiudizio, del razzismo e dell’antisemitismo ènato un comitato composto da enti e professionisti che trasformeranno questo sotterraneo in un luogo di meditazione e di vita.
Piccolo vocabolario della Shoah
Ebreo: dal verbo avar, che in ebraico significa “passare, oltrepassare, andare oltre”, da cui ivrì, cioè “passato oltre” dalla Mesopotamia alla Terra Promessa, dal politeismo, al monoteismo e attribuito per la prima volta ad Abramo, padre indiscusso delle tre grandi religioni monoteiste (in ordine di apparizione sulla Terra: – circa 4000 anni fa, l’Ebraismo; – circa 2000 anni fa, il Cristianesimo; – circa 1400 anni fa, l’Islam). Abramo è inoltre discendente di Eber, bisnipote di Sem, uno dei tre figli di Noé. In entrambe le possibili etimologie, ebreo è dunque “colui che discende da Abramo”.
Essere ebreo, perciò, significa appartenere a una fede religiosa e seguirne la tradizione, indipendentemente dalla propria nazionalità o cittadinanza. Non è quindi sinonimo di israeliano.
Gli ebrei non sono una nazione, né sono solo e soltanto una fede religiosa, né tanto meno una razza, come hanno voluto far credere i loro persecutori. Sono un popolo con un destino particolare, che ha vissuto una buona parte della sua storia disperso tra altre genti, tra culture e lingue diverse, continuando però a custodire la propria identità culturale, non solo religiosa ma etica, umana, storica e ideologica. Negli oltre duemila anni di vita nei Paesi più disparati gli ebrei hanno mantenuto i loro usi e costumi, la lingua (quella ebraica), la cucina, le preghiere e lo studio della Torà.
Giudeo letteralmente “discendente della tribù di Jehudà, una delle 12 tribù d’Israele”. Come sinonimo di “ebreo”, si trova nel Nuovo Testamento e nel secondo Libro dei Maccabei, dove si fa riferimento a coloro che tornarono a Gerusalemme dall’esilio babilonese ancora così fedeli alle antiche tradizioni, da risultare molto più devoti a Dio dei loro fratelli rimasti nella Terra Promessa.
In realtà ha assunto nel tempo un significato deteriore, legato alla figura di Giuda Iscariota, il discepolo “traditore” di Gesù, creando uno degli stereotipi negativi più usati nell’iconografia del pregiudizio antiebraico di matrice cristiana.
Israelita letteralmente “discendente di Israel”, nome dato a Giacobbe dall’angelo del Signore contro il quale aveva lottato. Quindi israelita è colui che discende da Israel, membro del popolo che aveva tenuto testa a Dio. Si tratta quindi di un sinonimo di ebreo e di giudeo, che nulla ha a che vedere con l’essere cittadino del moderno Stato di Israele.
Israeliano cittadino del moderno Stato di Israele, quindi non necessariamente ebreo, in quanto anche persone di altra fede religiosa sono cittadini israeliani a tutti gli effetti.
Israele regno antico, dal 1004 al 926 a.C. con capitale Gerusalemme, poi divisosi in regno d’Israele a nord e regno di Giudea a sud. La sua estensione territoriale comprendeva nel periodo di massimo splendore, cioè ai tempi di re Salomone (1000 a.C.): a nord, parte dall’attuale Libano del sud, le alture del Golan e una parte dell’attuale Siria; a est e a sud una parte dell’attuale Giordania, oltre Amman, fino ad Aqaba, sul Mar Rosso; a ovest tutto il territorio del Negev, fino alla costa e cioè all’attuale striscia di Gaza. Seguirono fasi alterne, fino alla distruzione del secondo Tempio di Gerusalemme (70 d.C.), che coincise con l’inizio della diaspora ebraica e di secoli di dominazioni. Dal 1948, moderno Stato, con capitale Gerusalemme.
Sionismo movimento politico fondato dal giornalista e scrittore ungherese Theodor Herzl, che nel 1896 pubblica il volume Lo stato degli ebrei, dove teorizza la necessità di uno Stato nazionale per gli ebrei. T. Herzl è fra i principali organizzatori del primo Congresso sionista, che si tiene a Basilea nel 1897, dove si tenta di proporre una soluzione concreta alle manifestazioni dichiaratamente antisemite (pubblicazioni, correnti di pensiero, caso Dreyfus, violenti pogrom in Russia, solo per citarne alcuni) che, malgrado l’emancipazione degli ebrei d’Europa, la stanno nuovamente e pericolosamente attraversando. Il movimento sionista non è assolutamente compatto al suo interno ma attraversato da molteplici correnti, spesso in contrasto fra loro. Primo passo per la costituzione di un focolare ebraico in terra di Palestina è comunque quello di raccogliere fondi per l’acquisto di terra, la sua bonifica e coltivazione, dando impulso all’emigrazione nata già spontaneamente nella regione, dei cosiddetti “pionieri”, fin dal 1878. Nascono così le prime colonie agricole, sia di matrice religiosa, sia socialista, al cui interno vige la più assoluta eguaglianza economica e sociale e la totale disponibilità alla convivenza pacifica con i propri vicini arabi. Insieme all’esigua popolazione ebraica mai uscita dalla sua Terra, questi pionieri creeranno la base e le sovrastrutture che renderanno possibile far nascere, dopo la risoluzione delle Nazioni Unite del 1947, il nuovo Stato d’Israele.
Genocidio dal greco génos – stirpe – e dal latino caedere – uccidere. Riferito alla metodica distruzione di un gruppo etnico o religioso, compiuto attraverso lo sterminio fisico sistematico e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali. Questo termine inizia a essere impiegato proprio dopo i tragici eventi che determinarono lo sterminio degli ebrei d’Europa durante la Seconda guerra mondiale. Oggi viene adoperato con una tale leggerezza, che non solo ne dissacra il significato, ma che contribuisce a offuscare il giudizio su molti conflitti in atto e a falsarne pericolosamente la sostanziale portata.
Olocausto dal latino holocaustum, che è il greco holòkauston, da hòlos , tutto,e kaustòs , bruciato, dal verbo kaìein ,bruciare. Per estensione, Sacrificio, soprattutto della propria vita, ispirato da una dedizione completa al proprio ideale. Questa parola è stata impropriamente adottata per definire lo sterminio degli ebrei europei durante la Seconda guerra mondiale. Come si capisce dall’etimologia, infatti, non definisce correttamente l’evento. Implicherebbe cioè una volontà delle vittime nell’offrirsi in sacrificio per un ideale, cosa ovviamente impensabile. Ecco perché si preferisce l’uso della parola ebraica Shoah.
Shoah voce biblica che significa “desolazione, catastrofe, disastro”. Questo vocabolo venne adottato per la prima volta nella comunità ebraica di Palestina, nel 1938, in riferimento al pogrom della cosiddetta “Notte dei Cristalli” (Germania, 9-10 novembre 1938). Da allora definisce nella sua intierezza il genocidio della popolazione ebraica d’Europa, perpetrato durante la Seconda guerra mondiale.
Pogrom dal russo pa’grom. Sommossa animata da volontà distruttiva, con particolare riferimento alle violente rivolte popolari russe di fine 1800 – primi del 1900, contro gli ebrei, tollerate e favorite dalle autorità dello zar.
Razza sostantivo che indica un raggruppamento di individui appartenenti a una stessa specie animale o vegetale, che si distingue per caratteristiche ereditarie comuni, derivate da cause diverse (geografiche, climatiche, ambientali). Il concetto di “razza” è applicato anche all’uomo, che viene empiricamente suddiviso in razze a seconda del colore della pelle o di altri criteri morfologici, in seguito a studi che hanno inizio nel XIX secolo.
La scienza moderna nega questa classificazione del genere umano, dal momento che solo un codice genetico (DNA) può determinare i caratteri ereditari degli esseri umani e l’appartenenza di ogni uomo a un gruppo d’individui a lui simili.
Razzismo atteggiamento ideologico di un gruppo umano dovuto alle sue vere o presunte caratteristiche “razziali”, che gli proibisce di mescolarsi agli altri gruppi, gli fa credere di avere una superiorità biologica e una civiltà superiore e porta perciò i suoi appartenenti a respingere, fino a odiare e perseguitare i membri degli altri gruppi. Molto diffuso anche se non sempre consapevole, è talvolta alla base di altri atteggiamenti ideologici, come il nazionalismo o la discriminazione sociale.
Islam dal verbo arabo aslama che significa “sottomettersi”. La sottomissione massima è quella alla volontà di Dio. Questa parola designa la dottrina religiosa monoteistica praticata da Maometto nel VII secolo d.C. e diffusa nel mondo dagli arabi. Per estensione, definisce la civiltà, il sistema politico, sociale e culturale che sono intimamente connessi con quella religione.
Arabo da una voce araba, tradotta nel latino Arabus, nome che definiva gli abitanti di una vasta zona del Medio Oriente chiamata Arabia, abitata da popolazioni nomadi, organizzate in tribù. Nome che oggi erroneamente definisce tutti i popoli che hanno subito l’influenza araba, assimilandone lingua, usi e religione. La lingua araba è la lingua della “rivelazione” di Allah a Maometto, la lingua sacra del Corano. Tuttavia va sottolineato che non tutti gli arabi sono di religione islamica, sebbene sia fra loro la religione più seguita.
Musulmano dal participio muslim del verbo arabo aslama, sottomettersi, designa colui che si sottomette, che obbedisce. La sottomissione ad Allah, Dio unico e onnipotente è il principio fondante dell’Islam, predicato da Maometto.
Come sempre, va precisato che non tutti i musulmani sono necessariamente anche arabi. L’Islam è, in termini numerici, la religione monoteistica più diffusa nel mondo.
Palestinese letteralmente “abitante della Palestina”, dall’antica striscia di terra popolata dai Filistei. Attribuito alla popolazione locale della regione fin dai tempi dei Romani (quindi anche gli ebrei, in passato, erano considerati “palestinesi”). In Palestina, nel corso dei secoli, è sempre vissuta una minoranza ebraica, ma il termine “palestinese” si riferisce oggi solo alla popolazione araba della regione, che fino alla nascita dell’OLP nel 1965 e dell’Autorità Palestinese nel 1996 non si è mai identificata con uno Stato vero e proprio.
Palestina nel 135 d.C. dopo anni di lotte e rivolte da parte degli abitanti del regno di Giudea (occupata con fasi alterne dai Romani per circa un centinaio d’anni), Gerusalemme viene definitivamente riconquistata dall’imperatore Adriano, rinominata Aelia Capitolina e viene interdetta agli Ebrei. La Giudea viene rinominata Palestina (da una delle popolazioni di quell’area geografica, i Filistei). Da allora in poi non si è più parlato di una nazione vera e propria in quella regione, bensì di dominazioni arabe e ottomane e, dalla fine della Prima guerra mondiale, di protettorato britannico, che si conclude con la risoluzione delle Nazioni Unite del 1947, che auspicava la nascita di due Stati: uno ebraico e uno arabo, Israele e Palestina. La risoluzione fu accettata e messa in atto solo dalla parte ebraica, dando vita allo Stato d’Israele nel 1948, mentre tutte le componenti arabe della regione la rifiutarono, impedendo la nascita dello Stato palestinese.