Come rispondere?
Come rispondere ai referendum ?
Una scelta personale, ma dai risvolti etici e religiosi: il punto di vista della legge ebraica
La fecondazione artificiale: una pratica consentita ma con precise regole
Chi si aspettava da parte di Rav Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma, una precisa indicazione di voto per i prossimi referendum sulla fecondazione assistita, sarà rimasto deluso. E’ così elaborata e complessa la materia sui cui siamo chiamati a decidere (risvolti fisici, ma anche psicologici, morali ed etici), che la legge ebraica non può ridursi ad una semplicistica indicazione per un si o per un no. ”Il passaggio tra l’indicazione della legge religiosa e la scelta di voto – ha osservato Rav Di Segni – non è semplice per due motivi: le scelte referendarie da fare non sono univoche e non c’è mai piena concordanza o discordanza con le norme religiose ebraiche. L’applicazione della Halakhà, la legge ebraica, alla scelta politica è un problema complesso che va discusso”.
Pur senza una precisa indicazione di voto, il folto pubblico intervenuto alla conferenza-lezione ‘Fecondazione assistita e referendum: cosa dice la legge ebraica?’ – tenutasi alla Protomoteca in Campidoglio su iniziativa del Benè Berith, del Collegio Rabbinico Italiano, dell’Associazione Medici Ebrei e dell’Ospedale Israelitico – ha però perfettamente compreso il modo differente e sostanzialmente divergente con cui la religione ebraica, rispetto a quella cattolica, si pone di fronte alle nuove questioni che l’evoluzione scientifica e tecnica pongono nel campo della fecondazione.
Innanzitutto nessuna autorità ebraica lancia inviti a disertare le urne, come suggerito invece dal Cardinale Biffi. Vi è invece la piena consapevolezza che i 4 quesiti referendari devono essere oggetto di un attenta valutazione poiché, pur considerando la fecondazione assistita una pratica consentita dalla maggioranza delle Autorità Rabbiniche – da segnalare gli argomenti contrari: dispersione del seme ; rischio di confusione tra donatori; inadempimento dell’obbligo della riproduzione; più tollerata l’inseminazione artificiale della procedura extracorporea, che è innaturale e annulla l’identità dei gameti – devono però essere precisati i limiti.
Si parte innanzitutto da un principio che segna la grande differenza con la religione cattolica: lo status giuridico del concepito è incompleto e acquista pienezza di diritti/doveri solo al momento della nascita. Derivano una serie di conseguenze: il feto è protetto fin dal concepimento, ma il suo diritto non prevale su quello della madre all’integrità fisica e secondo alcuni psichica; la soppressione del feto è proibita a meno che non sia giustificata, e comunque non è considerata omicidio; la legittimità dell’aborto di un feto malformato è oggetto di discussione. Inoltre nei casi in cui la fecondazione assistita avvenga in vitro, fuori cioè dall’ambiente uterino materno, ciò consente di ritenere: che l’embrione fino a quando non è impiantato in utero non è considerato vita potenziale da difendere a tutti gli effetti; che il feto nel corpo materno è ancora considerato parte materna e il divieto di aborto deriva, secondo alcuni, dal divieto di danneggiare la madre; che l’impiego a scopo scientifico serve a salvare vite umane; che nei primi 40 giorni dal concepimento l’embrione non è considerato un essere vero e proprio.
Si pone ora il problema di distinguere due modi diversi di produrre gli embrioni: la fecondazione omologa è consentita alle coppie sposate in difficoltà, per impedire il divorzio e quindi è una pratica preferibilmente non applicabile ai singles. Quella eterologa (donatore esterno alla coppia) è in linea di massima vietata con il seme di un donatore; se invece è l’ovulo ad essere donato rimangono i divieti ma con qualche piccola apertura.
La contrarietà della legge ebraica alla fecondazione eterologa nasce da una serie di ragioni, soprattutto se il seme viene da un donatore ebreo: difficoltà di attribuire i riconoscimenti di paternità o maternità; problematiche psicologiche nella coppia, nel donatore e nel concepito; problematiche legate al divieto di incesto; diritto ereditario.
Come è regolato il riconoscimento di paternità e maternità? Per la legge ebraica se il seme è del marito, questi è considerato padre in tutte le questioni “a rigore”, più controverso in altri casi; se il seme è eterologo il marito non è il padre; se l’ovulo è di un’altra donna, la maternità è controversa: “ovarica” o “uterina” ?
Anche sul tema della ricerca scientifica sugli embrioni per la cura della sterilità, la legge ebraica è più permissiva e la consente in quanto viene effettuata fuori dal corpo umano, nei 40 giorni precedenti alla fecondazione e per ragioni di salvataggio di vite umane. Non devono però essere superati alcuni limiti: vietato creare appositamente embrioni per la ricerca; è permesso usare quelli in soprannumero; bisogna studiare alternative (staminali adulte); ci vuole il consenso informato e un controllo bioetico. Una ricerca consentita anche per prevenire la trasmissione di malattie genetiche mediante selezione extracorporea degli embrioni sani prima dell’impianto e che consente di produrre embrioni in soprannumero e di conservarli.
La legge ebraica consente la diagnosi preimpianto, quindi consente la possibilità di selezionare embrioni scartando quelli affetti da gravi malattie genetiche. Rav Di Segni ha ricordato la grave malattia di Tay-Sachs, di cui è portatore un askenazita su ventisette, e che porta alla morte prematura dei bambini.
Ultima questione la clonazione, un tema che viene affrontato dai decisori rabbinici con molta prudenza e cautela: non esistono obiezioni di fondo se lo scopo è quello di produrre solo tessuti e organi e non esseri completi.
Rimane sospeso il problema generale se sia consentito e con quali forme, far discendere dall’Halakhà una scelta politica che imponga ad altri convincimenti di carattere religioso, ma allo stesso tempo chiedersi anche perché non attribuire al pensiero religioso la stessa importanza e valore di quello laico. Un dilemma che l’ebreo dovrà risolvere al momento del voto sapendo che: l’attuale legge proibisce cose secondo noi proibite (fecondazione eterologa), ma proibisce anche cose che secondo noi sono permesse (ricerca sugli embrioni, diagnosi sugli embrioni).
Giacomo Kahn
(Per gentile concessione dell’Autore e del mensile ‘Shalom’)
BOX
I 4 quesiti a confronto con l’Halakhà
Quesito 1. «Per la tutela della salute della donna»
Le richieste referendarie
concordano con la halakhà (legge ebraica) sul fatto che:
• le tecniche non debbano essere indicate solo per la sterilità;
• non ci deve essere limitazione sul numero di embrioni;
• il momento della fecondazione dell’ovulo non è vincolante per la revoca;
• ci può essere flessibilità nelle procedure di crioconservazione;
discordano sul fatto che:
• per la halakhà a queste tecniche si ricorre solo se non ci sono alternative, e la gradualità sembra logica.
Quesito 2. «Per la Fecondazione eterologa»
Le richieste referendarie non concordano con la halakhà, che solo in casi limite ammette la fecondazione eterologa.
Quesito 3. «Libertà di ricerca scientifica»
Le richieste referendarie concordano con la richiesta di permettere la ricerca sull’embrione e consentirne la crioconservazione.
La richiesta di non proibire esplicitamente la clonazione potrebbe essere compatibile con l’halakhà se si tratta di produzione di linee cellulari e non di nuovi individui.
Quesito 4. «Per l’autoderminazione e la tutela della salute della donna»
E’ uguale al quesito 1, con l’aggiunta della richiesta di eliminazione totale dell’art. 1 che riconosce pari diritti al concepito. Secondo l’halakhà il concepito non ha pari diritti, e su questo si concorda.
Non si concorda sul titolo generale della richiesta che parla di “autodeterminazione”, concetto che per la halakhà – che si esprime sotto forma di obblighi – generalmente non vale ne per gli uomini ne per le donne.