Il gatto del rabbino 2: confronto culturale, diversità e discriminazione
Joann Sfar ha scritto più di un episodio de “Il gatto del rabbino”, editi in Italia dalla Kappa Edizioni. Il secondo episodio “Malka dei leoni” allarga gli orizzonti di confronto culturale del nostro rabbino. Non si tratta più di confrontarsi con un gatto saccente, ma con il mondo circostante. Gli eventi sono tanti e si susseguono l’uno dietro l’altro. Arriva il cugino Malka dei leoni, anticipato dalle leggende che raccontano di come comandi i leoni. Dal consiglio rabbinico di Francia gli chiedono di fare un esame di lingua francese. E muore un vecchio ebreo di tradizione algerina… il nostro rabbino è tramortito.
Prima di tutto l’esame di francese lo mette in ansia. Deve conoscere l’ebraico per svolgere la sua funzione nella comunità, non certamente il francese. “…per recitare la preghiera in ebraico a degli ebrei che parlano arabo, vogliono che tu scriva in francese?! Per me sono pazzi!” commenta il gatto.
Il nostro saccente animale gioca una parte importante in tutta questa storia perché prega il Santo Benedetto di aiutare il povero rabbino di superare il dettato di francese. Lingua che il rabbino non ha imparato bene.
E così perde la parola. Si proprio così, l’unico suono che gli esce dalla bocca è “miao”. Mentre il rabbino guadagna la conoscenza del francese.
Intanto arriva Malka accompagnato da un vecchio leone, il suo sparring-partner quando inganna le donne mostrandosi forte e valoroso contro i pericoli.
Questo secondo volume sembra dedicato al confronto culturale, alla diversità non solo quella attesa tra ebrei e musulmani, ma nella stessa comunità ebraica. Il nipote del morto, giunto da Parigi, fa versare l’acqua per le strade alla morte del nonno per fare in modo che l’Angelo della Morte non bagni la sua spada in quella stessa acqua. “Superstizioni” così le bolla il nostro rabbino.
Ma le diversità sono anche motivo di discriminazione. Il bar dove vorrebbe prendere un caffè è vietato a ebrei e musulmani, ma ricco di occidentali.
Ma c’è anche il dilemma, non da poco, tra sefarditi e askhenaziti su quanto tempo debba passare prima di bere il latte dopo aver mangiato la carne. Tre ore per i primi, cinque per gli altri. Dilemma che il rabbino risolve: “conosci degli askhenaziti Birkat Hacohanim? No. Allora perché ti poni il problema?” Sfar molto probabilmente ha vissuto direttamente questi dilemmi, provenendo da una famiglia di entrambi le origini.
Anche la questione della lingua francese fa sorridere, ma sottolinea la follia della burocrazia che pensa di risolvere le differenze introducendone di nuove, estranee e imposte, dimenticandosi che proprio la lingua è un fondamento della cultura, della libertà e della diversità. Ma soprattutto non tenendo conto della grande varietà di essenze che popolano la Terra.
L’ultimo confronto è tra lingua ebraica e araba. Il rabbino decide di partire con il suo gatto per recarsi nel luogo dove è sepolto il nonno di suo suocero Sfar, uomo di profonda saggezza. Ma sulla strada incontra un cantore arabo, suo amico, con lui si intrattiene nel parlare. Anch’egli è accompagnato dal proprio animale, un asino.
I due animali intraprendono un litigio particolarmente focoso sul fatto che Sfar sia parola araba con il significato di giallo, ed ebraica invece da “Sofer”, scrivere. Mentre litigano ferocemente, i due amici, saggi, commentano: “Sembra che le bestie siano stanche”.
Ancora una volta la differenza è superata da una visione che parte da un altro punto di vista che non fa parte del confronto diretto: amico-nemico, vittima-carnefice, etc… ma dal centrare l’autentico succo del problema.
Joann Sfar (nell’immagine a fianco) gioca con abile maestria sul tema della diversità senza enfatizzarlo e senza caricarlo di retorica. Ne parla nelle trame della storia e cerca soluzioni che non lascino irrisolti i conflitti.
Gli animali riposano; Birkat non conosce, per ora, askhenaziti; e il giovane algerino, pur avendo tradizioni diverse, sposerà la figlia del rabbino… eh già, nozze in vista. Ma ci sono ancora tre volumi. Un mondo disegnato da scoprire. Dove Joann Sfar “scrive” con tinte gialle e rosse, tinte di terra.
Andrea Grilli