Qui Milano – Nedo Fiano agli studenti della Bocconi, Ricordare e mai dimenticare!

Accetta volentieri Nedo Fiano, l’invito a portare la propria testimonianza all’Università in cui si laureò 41 anni fa in Lingue e Letterature Moderne, per presentare il suo secondo libro “Il passato ritorna” (Editrice Monti, pp 192).
“Un’università meravigliosa” ricorda commosso “in cui sono arrivato tardi a causa delle vicissitudini della mia vita, ma in cui ho imparato tantissimo, e più di tutto a superare me stesso, perché non fu semplice rimettersi a studiare a quarant’anni. Io lo feci seguendo un consiglio che portavo nel cuore, quello della mia mamma, che un giorno mi disse: “Laureati”, come mio nonno, tempo prima, mi aveva detto: “Impara il tedesco” quel tedesco che ad Auschwitz mi salvò la vita.”
“Il passato ritorna” narra la storia di una coppia torinese, Ersilia e Gabriele Levi, che nel 1938 affidano il proprio bimbo appena nato ad una famiglia di amici svizzeri. Gabriele, ebreo viene deportato nel campo di sterminio di Auschwitz, da dove non farà ritorno, Ersilia muore sotto i bombardamenti. Il piccolo David cresce a Lugano, ignaro della propria identità, finché a 54 anni, imprenditore dalla vita agiata e dalle forti propensioni antisemite, non viene contattato da un anziano medico ebreo compagno del padre ad Auschwitz, che gli racconta la verità sul suo passato. David dovrà affrontare e superare una profonda crisi esistenziale attraverso la ricerca spasmodica delle sue radici e di chi fece arrestare il padre, e la rivelazione della propria origine a coloro con cui condivideva le proprie idee antisemite.
È un incontro ricco quello organizzato dall’ISU Bocconi con la collaborazione
dell’Università, della libreria Egea e dell’editrice Monti, davanti a una platea molto coinvolta, ma non numerosissima, complici gli esami imminenti, che, introdotto dal direttore dell’editrice Monti, Sergio Slavazza, ha visto come relatore anche rav Giuseppe Laras, rabbino capo di Milano dal 1980 al 2005 e Presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana.
“Quando chiesi a Nedo come potesse essere inquadrato questo suo secondo libro se andasse considerato un romanzo storico, autobiografico o di fantasia, egli mi rispose che quest’opera racconta una storia inventata.” ricorda Rav Laras “Io ho letto questo libro e oggi sono qui a presentarlo come avevo fatto col primo (A5405, Il coraggio di vivere – Editrice Monti). E leggendolo ho incontrato la preoccupazione, l’angoscia della famiglia Levi quando fu promulgata la legislazione razzista, un’angoscia reale. L’arrivo del padre del protagonista ad Auschwitz dopo un viaggio d’orrori, le urla che sente, gli odori, l’abbaiare dei cani, sono reali. Così come il dottor Mengele che con occhi “apparentemente buoni” e cioccolatini cercava tra tutta quella gente i gemelli per condurli ai suoi esperimenti. Quanti sono gli esseri umani che hanno vissuto le esperienze di questa famiglia torinese, senza che nessuno abbia potuto raccontarlo? Ecco perché questa storia pure non vera, non può essere considerata di fantasia. È una testimonianza attraverso la parola scritta che è capace di superare la dimensione del tempo. “Ricordati di quello che ha fatto Amalek” recita un passo del Deuteronomio. Questo imperativo rimane un dovere fondamentale per tutti, e presuppone uno sforzo, che deve essere compiuto non solo dal popolo ebraico, ma dall’umanità intera. Ricordare significa adoperarsi attivamente, perché nel tempo in cui saranno scomparsi i testimoni diretti, i loro figli, i loro nipoti, sulla Shoà non scenda il silenzio e, di conseguenza, l’oblio.”“Questa è la ragione per cui l’impegno letterario è diventato la mia principale occupazione.” Così Nedo Fiano si riallaccia al discorso del rav Laras. “Lo scritto, a differenza della parola, è capace di sconfiggere il tempo. Io non sono uno scrittore importante o prolifico. La mia pretesa non è di sapere molto, ma di sapere qualcosa che gli altri non sanno e debbono sapere. Per me il ricordo della Shoà è qualcosa di tangibile, che mi accompagna ogni giorno della vita. E mi rende più forte. Perché l’uomo senza ricordo è fragile, facilmente attaccabile. Io che sono sopravvissuto ad Auschwitz per un miracolo che non sono mai riuscito a comprendere fino in fondo, sono capace di vivere ogni giorno nell’ottimismo e nella consapevolezza del privilegio costituito dalla propria esistenza, dall’amore, ma anche solo dalla possibilità di riposare quando si è stanchi, e di mangiare quando si ha fame. La Shoà non solo privò milioni di esseri umani della vita. Ci privò della dignità. Non dimenticherò mai l’immenso dolore che provai nel vedere mio padre, uomo così pieno di contegno, costretto a sorbire l’immonda brodaglia che ci diedero quando arrivammo ad Auschwitz direttamente con la bocca, come un animale. Né gli occhi bassi di mia madre quando incontravamo i vicini che un giorno avevano smesso di salutarci. Tutto questo aveva sconfitto i miei genitori, prima che venissero uccisi. Ma io ero giovane, e i giovani hanno una capacità di recuperare, di superare, pur nella sofferenza, le umiliazioni, che a me consentì di andare avanti, portando questi ricordi, e i miei genitori,dentro di me. Nessuno può comprendere cosa significhi per me, quale gioia ed emozione, il fatto che nel Parlamento del mio Paese, che tanti anni fa ci ripudiò, oggi sieda mio figlio (l’onorevole Emanuele Fiano). Vorrei tanto che mia madre potesse vedere tutto questo. Lei con la sua semplicità, vedere suo nipote ricoprire un ruolo politico così importante. Avrei davvero desiderato che potesse esserci. Ma, in fondo, so che può.”

Rossella Tercatin