Beni da salvare 10 – Sparso per il mondo il patrimonio librario ebraico italiano

L’ebraismo italiano è stato dal punto di vista culturale una fra le comunità più prolifiche del mondo, e ha prodotto attraverso i secoli una quantità infinita di testi, libri e manoscritti. Una parte di questa produzione sono copie di testi già conosciuti e prodotti altrove durante il periodo in cui l’arte della stampa non era ancora stata inventata, ma la maggior parte di essi sono testi originali, fra cui testi mai stampati e nel migliore dei casi conosciuti soltanto dagli esperti di bibliografia e paleografia. Questa produzione è estremamente eterogenea e spazia dai commenti biblici ai volumi di filosofia, dall’astronomia alla poesia, ma soprattutto comprende una quantità enorme di responsa rabbinici riguardanti tutti i temi della giurisprudenza tradizionale ebraica. Molti di questi quesiti rituali venivano trascritti ancora in bozza dall’autore su un proprio quaderno per un uso personale, e così sono rimasti fino a ora.
Ora, queste collezioni di manoscritti, che spesso venivano conservate gelosamente dalle comunità ebraiche nei propri archivi, alcune volte sono state invece vendute al maggior offerente in aste pubbliche di libri antichi, per somme che non raramente hanno raggiunto le decine di migliaia di dollari. Come conseguenza di questo fenomeno, non solo si è verificato un impauperimento del patrimonio culturale ebraico italiano, ma soprattutto si è creata una dispersione e uno spargimento di questo materiale per quasi tutto il mondo. Così si sono venute a creare delle collezioni di libri ebraici italiani di cui alcune anche famose, come la collezione Kaufamnn conservata a Budapest o quella di Guinzburg conservata a Mosca o quella del Jewish Theological Seminary di New York. Inoltre, ogni tanto capita che queste collezioni vengono messe interamente all’asta, come avviene proprio in questi giorni per la collezione cosiddetta Valmadonna, proposta recentemente in vendita da Sotheby, comprendente la bellezza di 13.000 volumi ebraici, sia a stampa che manoscritti, la maggior parte dei quali per l’appunto originari dell’Italia, e per cui vengono richiesti come prezzo iniziale “soltanto” 40 milioni di dollari. Senonché, il passare del tempo e l’incuria rovinano questo prezioso bagaglio culturale, a volte in maniera anche irrimediabile.
Tuttavia per salvare questo immenso patrimonio intellettuale non sempre sono necessarie cifre da nababbi. Salvare il patrimonio librario infatti non significa doverlo acquistare, ma significa valorizzarlo attraverso lo studio e la pubblicazione in edizioni sia scientifiche che divulgative. Ed è proprio in questo campo che è necessario che si impegnino le diverse istituzioni addette alla cultura, al fine di promuovere progetti di ricerca e pubblicazioni inerenti le radici e gli sviluppi intellettuali dell’ebraismo italiano. Questo intervento è quanto mai impellente e necessario, prima che queste fonti vadano perdute completamente. Per il raggiungimento di questo fine è indispensabile creare collaborazioni e sinergie fra enti pubblici e istituzioni accademiche ed universitarie sia in Italia, che in Israele e negli Stati Uniti. Per questo scopo è stata creata recentemente in Israele l’ASSEI – Associazione israeliana per lo Studio della Storia degli Ebrei in Italia, associazione che raccoglie i docenti universitari del settore ma contemporaneamente è aperta al largo pubblico. Fra i progetti che l’Associazione ha già iniziato a promuovere è l’organizzazione di un convegno annuale di cui il primo si è già tenuto nel febbraio passato presso l’Università di Tel Aviv, ma altre idee sono in fase di sviluppo fra cui appunto lo studio e la pubblicazione dei testi concernenti l’Ebraismo italiano.

Andrea Yaakov Lattes, dipartimento di Storia ebraica, Università Bar Ilan