…inno

Che l’inno di Mameli, l’inno ufficiale dell’Italia repubblicana, proprio non piaccia ai leghisti, lo sappiamo. Quello che forse ci siamo dimenticati, o non abbiamo forse mai saputo, è la storia di questo inno, alle nostre orecchie di oggi fitto di parole complicate e dal suono retorico. A me da giovane non piaceva proprio, ma se avessi conosciuto meglio la storia romantica del suo autore, Goffredo Mameli, credo proprio che mi sarebbe piaciuto anche il suo inno. Tipico figlio del suo secolo, poeta, studente, lo sguardo intenso e la lunga barba, Mameli compone l’inno nel 1847, a vent’anni. Mazziniano, partecipa attivamente alla rivoluzione del 1848, combattendo a Milano, a Genova, sua città natale, a Roma. Muore a ventidue anni per una ferita infetta ricevuta durante la difesa del Gianicolo, nel 1849. E’ sepolto a Roma, al Gianicolo, dove si trova anche il suo busto in marmo. Musicato nello stesso 1847 dal maestro Michele Novaro, l’inno è stato assai popolare durante il Risorgimento italiano. Per il suo carattere mazziniano e repubblicano, non era però amato dai Savoia. La retorica risorgimentale propria del fascismo lo riportò in auge, non però come inno nazionale. Lo divenne nel 1946, dopo la proclamazione della Repubblica. Ricordiamolo almeno adesso, in occasione del centocinquantenario dell’unità d’Italia.

Anna Foa, storica