Voci a confronto

I giornali di oggi enfatizzano la fine del congelamento delle costruzioni negli insediamenti in Giudea e Samaria, scaduta l’altro ieri dopo i dieci mesi promessi dal governo Netanyahu e più o meno tutti quanti danno per scontato il punto di vista palestinese: che gli insediamenti siano illegali perché il territorio al di là della linea armistiziale del ’49 apparterrebbe alla Palestina e le andrebbe “restituito”, sicché gli insediamenti sarebbero “illegali”, e che dunque il non rinnovo del blocco sarebbe “un colpo alle trattative” (Così Ferrari e Battistini sul Corriere, Stabile su Repubblica e molti altri, per non parlare di De Giovanngeli sull’Unità e dei soliti filo-Hamas del Manifesto, di Liberazione  e di altri fogli estremisti, che annunciano con gioia la fine delle trattative). Nessuno nota che è responsabilità dell’Autorità Palestinese aver rifiutato le trattative per nove dei dieci mesi del blocco, averle riprese solo alla fine e pretendere ora di ottenere un tempo sprecato per tutto quest’anno a fare propaganda. In realtà quel che è successo è diverso, come spiega una nota non firmata sul Foglio: la ripresa delle costruzioni è avvenuta in maniera formale, ma con una certa cautela, la situazione sul territorio non cambia, l’errore di Obama di concentrarsi su quest’aspetto è stato contagioso per i palestinesi, che devono ora cercare di uscire dal vicolo cieco in cui si sono infilati. Soprattutto è importante sottolineare che Abbas non se n’è andato dalle trattative, non ha “sbattuto la porta” (come scrive anche Tramballi sul Sole) ma ha preso una settimana per trovare una soluzione creativa, cioè per monetizzare in qualche modo la sua permanenza nel negoziato. Ed è molto probabile che ciò avvenga.
Altri eventi internazionali: Fidel Castro annuncia di aver cambiato linea e di ritenere che Israele abbia diritto di esistere: commenta ragionevolmente R.A. Segre sul Giornale che questo è il frutto della disperazione di Cuba, sempre più isolata dal mondo contemporaneo; ma lo Herald Tribune, seguendo una linea dettata dalla solita Haaretz, rovescia grottescamente la frittata. Dato che Netanyahu e Peres hanno espresso ragionevolmente soddisfazione per la svolta di Castro (e chi non sarebbe contento se qualcuno che ti odiava dice che hai ragione tu?), disperato e isolato sarebbe Israele.
Interessante il pezzo di Richard Newbory pubblicato dalla Stampa sulla famiglia di origine ebraiche del nuovo leader laburista Ed Milibrand: lui è il più estremista dei due, sono figli di un teorico marxista duro e puro, la madre però, delegata anche lei al congresso e iscritta all’associazione che finanzia la nuova flottiglia antisraeliana, non ha votato per nessuno dei due, ma per un’altra candidata più estremista di lui. Al di là dell’ottimo esempio di ebrei antisionisti della deliziosa famigliola, è chiaro che la prevalenza di un gruppetto di marxisti ideologici alla testa del Labour non è una buona notizia per quel partito e neppure della Gran Bretagna. Speriamo che l’elettorato non abbia esitazioni a capire com’è vecchio e fallimentare il loro approccio ideologico.  
Ancora: Guido Olimpio sul Corriere e Pompetti sul Messaggero raccontano la guerra elettronica che – si spera – sta rallentando la marcia dell’Iran verso la bomba atomica, un articolo siglato Carl. Al. su Libero narra la storia di una coppia di naziskin polacchi che hanno riscoperto per caso le loro origini ebraiche e sono ritornati all’ebraismo: una dimostrazione in più che vi è una correlazione fra il rifiuto dell’ebraismo (fu una scelta dei genitori per “difenderli” dai pericoli) sia a forte rischio di svilupparsi in antisemitismo.
 
Ugo Volli

28 settembre 2010