…barzelletta

Non bastava il senatore Ciarrapico, ci voleva anche la barzelletta raccontata dal Presidente del Consiglio. Una barzelletta stupida e antisemita. Ma anche le barzellette più stupide, anche quelle antisemite, si reggono su un filo logico. In questa, troviamo un ebreo che durante la persecuzione nasconde in casa sua un “connazionale” (sic!), a peso d’oro naturalmente, e che poi si domanda se sia il caso o no di dirgli, dopo 65 anni, che la guerra è finita. Eppure, qualcosa non funziona nella logica interna dell’infelice barzelletta: quale ebreo poteva infatti in quegli anni dare rifugio a un altro ebreo? Tutti gli ebrei, indistintamente, erano in pericolo. E allora? Da dove viene la battuta? E’ evidente che c’è stato un cambiamento, che l’avido salvatore originario non poteva che essere un non ebreo. Quanto all’ignoranza sulla fine della guerra, c’era forse, nella battuta originaria, l’eco di quei soldati giapponesi vissuti per decenni nella foresta, convinti di essere ancora in guerra, ricordate? E allora? Chi ha, mutando poche parole, reso antisemita la barzelletta? Forse qualcuno che pensava che, se uno era avido, non poteva che essere ebreo? E che non sapeva nulla dei meccanismi delle persecuzione nazista. Ma chi? Chissà?

Anna Foa, storica