Perra – Una guida ragionata alla visione del film

Raiuno ha trasmesso Sotto il cielo di Roma, fiction incentrata sulla figura di Pio XII e sull’opera di assistenza agli ebrei fornita da tante strutture della Chiesa cattolica durante i mesi dell’occupazione nazista della capitale.
Ho già avuto modo di esprimere un primo sommario parere sulla miniserie nel numero di novembre di Pagine Ebraiche. In quella sede, avevo definito la fiction come un’opera tutto sommato riconducibile al filone dell’agiografia, la cui costruzione drammatica e trattamento della materia storica tende a presentare un quadro largamente positivo della figura del pontefice. In questa sede, vorrei approfondire alcuni elementi esemplificativi di questi due aspetti, con lo scopo di fornire ai lettori una breve guida ragionata alla visione di Sotto il cielo di Roma.
La figura di Pacelli emerge animata da profondo senso religioso sin dalla prima inquadratura, che mostra dall’alto Pio XII assorto in preghiera ai piedi di un crocifisso reso imponente dalla prospettiva della macchina da presa.
Questa rappresentazione rimane costante sino all’ultima scena della fiction, in cui Pacelli convince il comandante delle SS in Italia, Karl Wolff, a lasciare la città senza resistere agli Alleati facendogli, letteralmente, ‘vedere la luce’.
A questa prossimità del Pontefice col divino si aggiunge un altro elemento nella caratterizzazione del personaggio: si tratta di una personalità che svetta su quella di tutti i suoi collaboratori, compreso il Card. Montini (futuro Paolo VI). Pio XII, infatti, è l’unico, all’interno della curia, dotato di una visione d’insieme delle problematiche che via via si presentano e del modo migliore di farvi fronte; è autore in prima persona di ogni decisione e di ogni trattativa (anche a costo di alcune forzature storiche, come vedremo); soprattutto, è sulle sue spalle che grava la terribile decisione di protestare pubblicamente o meno, aspetto che, come è noto, rappresenta il cuore delle polemiche degli ultimi decenni intorno alla sua figura.
Questa costruzione del personaggio ingenera nello spettatore la convinzione che Pio XII fosse di gran lunga la persona più adatta a ricoprire quel ruolo in una così drammatica congiuntura storica, e che le sue decisioni, per quanto difficili, fossero inappuntabili. In tale direzione vanno anche alcuni episodi marginali dal punto di vista narrativo ma che mostrano con chiarezza il meccanismo che soggiace alla costruzione del personaggio. Questo avviene, ad esempio, poco prima della liberazione, quando Pacelli riconosce il fragore dei mortai in lontananza che il povero Montini scambia invece per tuoni, oppure quando sembra che in tutto il Vaticano Pacelli sia l’unico capace di azionare correttamente un proiettore su cui altri si erano maldestramente adoperati.
Quest’ultimo episodio, cui si assiste nella prima puntata, offre un altro importante spunto interpretativo. Il filmino a cui Pio XII e i suoi collaboratori assistono è un montaggio di parate naziste con al centro Hitler. Dopo pochi secondi di proiezione il pontefice si alza e si avvicina allo schermo come a confrontarsi viso a viso con il dittatore nazista; a quel punto, la pellicola si inceppa “bruciando” un fotogramma di Hitler, la cui maschera si trasforma in un ghigno quasi satanico.
In questa sequenza pregnante, la fiction fa proprio il punto di vista cattolico sullo scontro tra male e bene, incarnati a un estremo dal demonio fatto uomo e all’altro dal Vicario di Cristo (come è noto, Pacelli arrivò a praticare un esorcismo su Hitler durante la guerra). Gli spettatori assistono quindi a una ricostruzione della vicenda che si colloca tutta dentro una visuale cattolica, più che legittima in sé, ma che sarà utile che i lettori tengano presente mentre si accingono a guardare Sotto il cielo di Roma.
Che la prospettiva e il retroterra culturale degli autori sia essenzialmente questo, e che l’intento sia essenzialmente apologetico nonostante le dichiarazioni di supposta neutralità da parte del direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce (‘Sotto il cielo di Roma’, 2010), lo dimostra anche la scelta degli episodi storici al centro dell’azione. La miniserie attinge in larga misura alla storiografia più prossima al cattolicesimo, anche di qualità come nel caso di Andrea Riccardi (che figura tra l’altro tra i consulenti storici della miniserie insieme a Giovanni Sabbattucci, Paolo Mieli e Stefano Basset), e glissa su certi elementi problematici evidenziati nei lavori di storici più laici.
Ad esempio, la rapida ricostruzione della promulgazione sotto Pio XI dell’enciclica Mit Brennender Sorge di condanna del razzismo nazista ricalca fedelmente quella fatta di recente da Andrea Tornielli (Tornielli 2008, 217-9), a sua volta influenzata da un importante articolo di Angelo Martini apparso su Archivum Historiae Pontificiae (Martini 1964). Vale a dire che si attribuisce all’allora Segretario di Stato Pacelli un ruolo di guida nella stesura del documento e nella scelta di inserire alcune espressioni particolarmente dure nei confronti del regime hitleriano, in un clima di concordia con gli altri vescovi coinvolti e con Pio XI. In realtà, come ha recentemente ricostruito Emma Fattorini (Fattorini 2007, 127-9), l’enciclica ha toni ben più forti di quanto i principali estensori materiali Pacelli e Faulhaber intendessero, presentando invece una forte impronta delle riflessioni che il vecchio e malato Pio XI andava facendo in quei mesi. Prova di questa diversità di approccio tra Pio XI e Pacelli (in fin dei conti dimostrata dai loro diversi modi di condurre il papato nei rapporti con la Germania nazista) si trova secondo Fattorini nella lunga lettera di risposta alla nota di protesta tedesca vergata da Pacelli il 30 aprile 1937, il cui tono e stile sottilmente diplomatico si colloca agli antipodi rispetto alla perentorietà dell’enciclica e degli ultimi pronunciamenti di papa Ratti (Fattorini 2007, 130).
Si prenda in considerazione un’altra sequenza, che altera il dato storico in maniera forse eccessiva. La mattina del 16 ottobre, il giorno della retata nel ghetto, gli spettatori assistono a uno scambio teso tra Montini e Weizsäcker, ambasciatore tedesco presso la Santa Sede. Alla minaccia del porporato di una protesta pubblica vaticana se i rastrellamenti non si fermeranno, il diplomatico risponde minacciando a sua volta una radicalizzazione delle deportazioni e conseguenze severe per il Vaticano. Pio XII decide di rinunciare a un pronunciamento pubblico, che richiederebbe ore prima di sortire qualche effetto, e di puntare ad altre vie per fermare gli arresti. Invia il sacerdote tedesco padre Pfeiffer a negoziare con il comandante militare della piazza di Roma Stahel, fervente cristiano. Facendo leva sui sentimenti religiosi e patriottici del militare, Pfeiffer lo convince a chiamare Berlino e a fermare gli arresti. In poche parole, secondo la fiction lo stop ai rastrellamenti sarebbe stato ottenuto grazie alla mediazione vaticana. Questa era effettivamente la percezione che degli eventi si aveva nella Santa Sede, ma è in realtà più probabile che questa causa fosse perorata da ambienti diplomatici e militari tedeschi (Riccardi 2008, 132-7). Ad ogni modo, il risultato fu quello di evitare ulteriori retate di massa organizzate dai tedeschi, e non di fermare il rastrellamento del 16 ottobre, come invece suggerito da Sotto il cielo di Roma.
In ogni caso, come mostra la miniserie, la Chiesa si adoperò in molti modi per fornire aiuto ai romani e per risparmiare alla città gli orrori della guerra. D’altronde, come ha scritto Enzo Forcella, preservare la sede del Vicario di Cristo era ‘una delle principali preoccupazioni della diplomazia vaticana e un motivo ricorrente, quasi ossessivo, degli interventi del papa’ (Forcella 1999, 47). Se però si allarga la prospettiva al di là della capitale italiana, ad abbracciare la dimensione continentale, si ripropone la spinosa questione del più ampio comportamento della Chiesa di fronte allo sterminio.
È un tema che percorre sottotraccia tutta la miniserie ma che viene affrontato esplicitamente solo in maniera fugace nel primo episodio, quando Pio XII spiega all’ambasciatore polacco presso la Santa Sede, Papée, che lui non può far sentire apertamente la sua voce in quanto Vicario di Cristo, e perciò impossibilitato a schierarsi con un popolo contro un altro. La risposta del diplomatico è che, se continuerà a non assumere una posizione netta, verrà il giorno in cui nessuno prenderà partito per lui, parole a loro modo profetiche a cui si aggiungono poco dopo quelle della fedele aiutante di Pacelli, suor Pascalina, che gli intima di parlare ‘altrimenti il mondo gli metterà la croce’.
Questi due brevi cenni alla principale controversia che a tutt’oggi circonda la figura di Pio XII vengono risolti nella miniserie dalle parole di Montini, che ricorda a Papée l’episodio del luglio 1942, quando una lettera pastorale dei vescovi olandesi di protesta contro le persecuzioni portò a una rappresaglia nazista che costò la deportazione di altre migliaia di ebrei. È il tema del silenzio necessario per favorire l’opera di assistenza e per non aggravare ulteriormente la situazione per le stesse vittime, proposta sin dall’inizio della controversia da Montini (Montini 1963), e presto fatta propria da tanti anche al di fuori dell’ambiente ecclesiastico (Jemolo 1965, 275; Spadolini 1967, 286-7).
È però una risposta non del tutto adeguata, in primo luogo perché nello specifico della vicenda olandese ciò che provocò la rappresaglia nazista fu non tanto la pastorale in sé quanto il fatto che al suo interno era citato per intero il testo di un telegramma con cui il Reichskommissar Seyss-Inquart accettava di esentare gli ebrei convertiti dalle deportazioni, ponendolo in cattiva luce di fronte ai vertici del partito a Berlino (Miccoli 2000, 336-41). Inoltre, è legittimo chiedersi, più in generale, se avesse senso ragionare in termini di limitazione del danno di fronte al flusso di informazioni sempre più precise sullo sterminio sistematico su scala continentale (Miccoli 2000, 99).
È questa una questione sulla quale si dibatte da anni e che una miniserie non può certo dirimere. È però importante che l’abbia sollevata, seppur in maniera incompleta. Spetta al pubblico, a noi, continuare ad approfondire e cercare di sviluppare un’opinione il più possibile informata. Una fiction storica è sempre legata al presente anche quando rappresenta il passato, e ciò non è necessariamente un male. Ad esempio, Sotto il cielo di Roma presenta una visione post-conciliare dei rapporti tra cattolici ed ebrei, come nella sequenza in cui Pio XII e il rappresentante della comunità romana (che non si incontrarono mai in quei mesi nella realtà) citano insieme il passo della Genesi in cui il Signore dice ad Abramo ‘Guarda in cielo e conta le stelle, se le puoi contare’, per poi aggiungere ‘Tale sarà la tua discendenza’ (15:5); un promemoria della comune origine delle due confessioni che non potrebbe essere più attuale, dopo le recenti polemiche delle ultime settimane seguite al Sinodo dei vescovi del Medio Oriente.

* Fattorini, Emma (2007) Pio XI, Hitler e Mussolini: La solitudine di un papa (Torino: Einaudi).
* Forcella, Enzo (1999) La Resistenza in convento (Torino: Einaudi).
* Jemolo, Arturo Carlo (1965) Chiesa e Stato in Italia dalla unificazione al pontificato di Giovanni XXIII (Torino: Einaudi).
* Martini, Angelo (1964) Il cardinale Faulhaber e l’enciclica ‘Mit Brennender Sorge’. Archivum Historiae Pontificiae 2: 303-20.
* Miccoli, Giovanni (2000) Il dilemmi e i silenzi di Pio XII (Milano: Rizzoli).
* Montini, Giovanni Battista (1963) Pio XII e gli ebrei: Lettera del Card. G.B. Montini al ‘Tablet’. La Civiltà Cattolica 2714: 160-2.
* Riccardi, Andrea (2008) L’inverno più lungo: 1943-44: Pio XII, gli ebrei e i nazisti a Roma (Roma: Laterza).
* ‘Sotto il cielo di Roma’ L’omaggio tv a Papa Pacelli (2010) Il Tempo (26 ottobre): 43.
* Spadolini, Giovanni (1967) Il Tevere più largo (Napoli: Morano).
* Tornielli, Andrea (2008) Pio XII: Eugenio Pacelli: Un uomo sul trono di Pietro 2° ed. (Milano: Mondadori).

Emiliano Perra, storico