Da Genova a Roma
Proprio mentre cominciava a Roma il congresso dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, si è chiusa a Genova l’assise dell’Ugei, l’organizzazione dei giovani ebrei italiani. La coincidenza temporale mi pare fortunata, perché sembra indicare una strada ai delegati riuniti a Roma. Il futuro dell’ebraismo italiano dipende in gran parte dalla capacità che i prossimi leader avranno di potenziare l’aggregazione, la formazione, l’inserimento professionale, e ridurre invece l’assimilazione e l’emigrazione.
L’atmosfera respirata a Genova è stata positiva: buona partecipazione delle piccole e medie comunità, presenza scarsa di romani e milanesi, che negli ultimi anni avevano costituito l’ossatura portante dell’organizzazione. Il Consiglio eletto rispecchia bene la platea del congresso, con solo due romani e due milanesi eletti (al pari dei fiorentini). Personalmente ritengo che questa distribuzione geografica non sia necessariamente né negativa né positiva: sarà compito del prossimo Consiglio fare in modo che le due realtà più grandi, che offrono autonomamente più opportunità ai giovani, non si sentano escluse e avulse dalla vita sociale dei giovani ebrei delle altre comunità. Ciò che è sicuramente positivo è che si trovino ancora ragazze e ragazzi, e tanti, disposti a impegnarsi per favorire la vita ebraica dei loro coetanei. È il segnale di una vitalità che molto spesso i numeri sembrerebbero contraddire.
Le questioni sono note: vita ebraica, scarsità di giovani rabbini e di giovani in generale, difficoltà a trovare un lavoro e mettere su famiglia; solo alcune di queste tematiche attengono esclusivamente all’organizzazione delle istituzioni ebraiche: è probabile che in futuro, sempre di più, una leadership ebraica consapevole dovrà porsi come cerniera tra le esigenze specifiche degli ebrei e quelle comuni al resto della società: come è possibile immaginare una nuova famiglia ebraica in un luogo dove il salario è basso, il lavoro precario, la casa cara? Buon lavoro.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas