I Cristiani e lo scontro di civiltà
Dovremmo prestare grande attenzione alle recenti parole di papa Benedetto XVI. Quando il pontefice denuncia le persecuzioni dei cristiani nel mondo, mette in luce una verità lampante e terribile. E ci induce a inquadrare queste violenze in un orizzonte che è quello della globalizzazione. Su questo ha scritto, riferendosi al Sudan, lo storico israeliano Benny Morris sul Corriere di ieri, segnalando un nuovo centro nevralgico nei rapporti di tensione tra Oriente e Occidente – categorie che personalmente non amo – e nelle dinamiche a dir poco complesse tra le varie confessioni religiose.
Spogliamoci, per cortesia, dell’armamentario rassicurante di una certa pubblicistica nostrana, quello caro ad alcuni intellettuali, sedicenti militanti, ebrei, cristiani, laici-devoti o laici tout court che siano: lo scontro tra civiltà, l’invasione dell’Europa, l’islamizzazione dell’Occidente, il relativismo etico de noantri che soccombe sotto i colpi della scimitarra, l’apologia della guerra preventiva e tutta l’allegra compagnia cantante.
Per comprendere questo fenomeno gravissimo disponiamoci alla comprensione meticolosa dei fatti, delle specificità delle varie aree e paesi, rinunciamo alle scorciatoie ideologiche. Il fatto che ci siano molti cristiani perseguitati non può essere sottaciuto o minimizzato. Ma è evidente che le soluzioni non sono a portata di mano: la democrazia, esportata o indigena, ha spesso mostrato di peggiorare le cose, almeno in una prima fase. Basti pensare, a titolo di esempio, a Iraq, Gaza, Libano. Al tempo stesso le dittature laiche del Medioriente, e non solo, imbarazzano il mondo con le violazione costante dei più basilari diritti umani, ma si rivelano l’unico freno al dilagare del fondamentalismo.
Che direzione imboccare? Senza mai smettere l’indignazione e la condanna per ogni singolo delitto perpetrato, ritengo che non ci sia un sentiero dritto, ma che, umilmente, politici e intellettuali dovranno indicare la via migliore – migliore, non perfetta – volta per volta.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas