Talmud in italiano, firmato il protocollo
Il Talmud parlerà italiano. Con la firma del protocollo fra Governo, Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e Collegio rabbinico italiano prende corpo il grande progetto per creare una versione nella nostra lingua di un’opera fondamentale per la comprensione dell’ebraismo. La firma di questo protocollo – ha dichiarato il presidente UCEI Renzo Gattegna nel corso dell’incontro con il ministro Gelmini e le altre autorità intervenute – costituisce la dimostrazione di quanto la collaborazione culturale fra le istituzioni e la realtà dell’ebraismo italiano abbiano assunto nuova consapevolezze e significativo impegno.
Il rav Riccardo Di Segni ha dal canto suo ricordato come questa opera monumentale che abbraccia tutti i rami della conoscenza contenga straordinari tratti di modernità e l’enzima del pluralismo culturale proprio per la sua originale metodologia di riportare i processi decisionali spiegando i motivi di tutte le parti in causa, anche di quelle destinate a non prevalere nelle decisioni a maggioranza.
Il ministro Gelmini ha espresso ammirazione per il valore culturale del progetto e ribadito la positività di una sua integrazione nell’ambito del patrimonio culturale italiano. Il protocollo è stato firmato da Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mariastella Gelmini, ministro dell’Istruzione, Renzo Gattegna, presidente dell’Ucei, Riccardo Di Segni, direttore del Collegio rabbinico italiano e Luciano Maiani, presidente del Cnr.
Come anticipato negli scorsi mesi dal giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche il progetto di traduzione (dopo quelle in ebraico moderno, inglese, francese, russo e tedesco) prenderà avvio in tempi brevi. Per gli ebrei italiani molto lavoro e una nuova sfida raccogliere, che il vignettista di Pagine ebraiche Enea Riboldi ha simboleggiato con l’immagine che pubblichiamo.
Qui di seguito il testo della scheda informativa che accompagna il progetto dell’opera di traduzione del Talmud in lingua italiana.
L’ebraismo si poggia su due grandi colonne: la Bibbia e il Talmud. La prima è diventata patrimonio dell’umanità intera, tradotta in centinaia di lingue e considerata sacra da centinaia di milioni di persone. Il Talmud, invece, è rimasto un testo esclusivo del popolo ebraico e le sue traduzioni integrali non sono più di due o tre. Per molti aspetti il Talmud è l’opera più importante della cultura ebraica, perché è quella che più la caratterizza. Si tratta di un testo religioso, giuridico, scientifico, filosofico, letterario, esegetico, omiletico ecc. che risale, nei suoi strati più antichi, a circa duemila anni fa.
Il Talmud consiste nella raccolta di insegnamenti dei Maestri dell’ebraismo che copre un arco di sei secoli, fino al V secolo. Si suddivide in Mishnà e Ghemarà. La Mishnà (lett. “ripetizione”), si compone di sei Ordini e ciascuno ordine è diviso in trattati per un totale di 63. E’ anche chiamata Torah Orale perché fu trasmessa dapprima oralmente da Maestro ad allievo e poi messa per iscritto alla fine del secondo secolo da rabbi Yehudà Hanasì. Lo studio della Mishnà nelle Accademie (yeshivòt, pl. di yeshivà) della terra d’Israele e di Babilonia produsse la Ghemarà. L’insieme della Mishnà e della Ghemarà costituisce il Talmud (sia Ghemarà che Talmùd significano “studio”, il primo termine in aramaico, la lingua parlata dagli ebrei dell’epoca, il secondo in ebraico).
Si hanno due redazioni del Talmud: il Talmud Babilonese (prodotto nelle yeshivot babilonesi), redatto nel V secolo, e il Talmud di Gerusalemme, redatto nella Terra d’Israele nel IV secolo. Uniti ammontano a quasi 30 volumi di dimensioni enciclopediche. Il Talmud Babilonese è quello più ampio e, per questo motivo e per essere posteriore, è considerato più autorevole. E’ anche quello maggiormente studiato nelle yeshivot contemporanee in tutto il mondo. Il Talmud è talmente vasto che non a caso viene chiamato il “mare del Talmud”. E’ difficile trovare un argomento, attuale o meno, che non sia in esso affrontato estesamente o almeno per allusioni. Ad esempio, ci sono riferimenti utili per le discussioni di bioetica dei giorni nostri. Trattando del problema della definizione dell’inizio della vita, nel Talmud si afferma che l’embrione fino a quaranta giorni dal concepimento è come se fosse “semplice acqua” e quindi non è una “persona”. Da qui deriva la decisione che, per quanto l’aborto sia vietato, non è considerato un omicidio.
Il Talmud ha una complessa stratificazione. E’ intenzionalmente redatto in maniera sintetica, criptica, di difficile comprensione. E’ un testo che va studiato, non semplicemente letto. Lo studio va svolto con l’ausilio di un maestro e, tradizionalmente, di un compagno di studio (“chevruta”). La lingua è in parte l’ebraico (per i detti che risalgono all’epoca della Mishnà) ma la maggior parte del Talmud è in aramaico. Il testo, come tutti quelli post-biblici non-liturgici, non è vocalizzato, e ciò ne rende difficile la lettura e la comprensione. Non ci sono quasi segni d’interpunzione, per cui è difficile sapere dove inizia e finisce una frase o capire se una certa espressione va intesa in senso affermativo, interrogativo o esclamativo. Il Talmud non è un’opera unitaria ma è una raccolta di detti di molti Maestri diversi, esposti nel corso di varie generazioni, quasi sempre in contrasto l’uno con l’altro. Il Talmud, in effetti, è la registrazione delle discussioni fra gli studiosi, che cercano di arrivare alla comprensione del significato, l’origine e l’applicabilità degli insegnamenti della Bibbia, in particolare della Torah, e della Mishnà. Il modo con cui la discussione procede è quello delle domande e delle risposte, delle obiezioni e dei tentativi di risolvere le difficoltà, a volte riusciti a volte no. Spesso le domande non hanno una risposta conclusiva: ma le risposte sono meno importanti delle domande. Scrive Rav Adin Steinsaltz, uno dei massimi studiosi e divulgatori del Talmud dei nostri giorni: “Dopo che ha assimilato il testo talmudico, lo studente è tenuto a formulare – a se stesso o ad altri – domande sul materiale studiato, a sollevare dubbi, ad avanzare riserve: e questo è il metodo di studio. Da questo punto di vista il Talmùd è forse l’unico libro sacro in qualsiasi cultura al mondo che consente e perfino incoraggia domande e contestazioni da parte di quegli stessi che gli attribuiscono il carattere di santità” (Cos’è il Talmùd, Giuntina 2004, p. 22).
Il Talmud fu spesso osteggiato dal mondo non ebraico in passato, con motivazioni pretestuose, al punto che fu messo al rogo più volte, come avvenne a Roma a Campo de’ Fiori nell’anno 1553 per decreto di Papa Giulio III. Migliaia furono i volumi di Talmud bruciati in tutta Italia. Gli ebrei italiani dell’epoca, però, si ingegnarono. Districarono dal Talmud gli argomenti legali da quelli di altro genere e stamparono due nuove opere con diversi nomi. Studiando l’una e l’altra, poterono ricostituire il Talmud quasi nella sua interezza. Tuttavia, un notevole danno culturale fu inferto agli ebrei italiani. Lo studio del Talmud divenne estremamente difficoltoso (oltre che pericoloso) e di conseguenza anche lo studio della Halakhà, la normativa legale ebraica che si basa principalmente sul Talmud, come anche lo studio della filosofia ebraica ebbe a risentirne. Secondo Rav Steinsaltz, i roghi del Talmud diedero l’avvio alla “decadenza della cultura ebraica italiana, da cui in effetti non si è più ripresa. E’ questo un emblematico caso storico che dimostra come un nucleo ebraico che non studia e non si occupa di Talmùd è destinato al declino spirituale” (ibid., pp. 115-116).
Il “Progetto Talmud” che viene qui presentato consiste nella traduzione in lingua italiana del Talmud Babilonese, con commento e testo originale a fronte. La traduzione parte dal testo originale in lingua aramaica ed ebraica. È previsto un volume introduttivo sulla struttura, i contenuti e la lingua del Talmud.