Voci a confronto
Siamo quasi arrivati al Giorno della Memoria, e, come ogni anno, la quantità di articoli pubblicati sul tema rende impossibile il lavoro di chi li deve leggere e commentare. Apparentemente, tuttavia, nonostante la quantità di parole, i Giusti, quelle persone cioè che in quei tempi bui seppero pensare con la propria testa, sembrano essere del tutto assenti dalle pagine dei nostri quotidiani. Ed allora mi è caro iniziare questa rassegna con le parole che don Brondello, un anziano sacerdote oramai bloccato in convento dai tanti acciacchi, riconosciuto Giusto da Yad Va-shem (e anche dalla Comunità di Torino), mi ha pregato ieri di portare al mondo ebraico: “mi sento vicino a tutti voi, anche se quest’anno non posso più unirmi fisicamente”. Grazie, don Brondello, e grazie a tutti i Giusti che in mille modi ci aiutarono. Avvenire continua la pubblicazione di articoli di personaggi di diverse formazioni; oggi Enzo Bianchi ricorda i passi compiuti da Giovanni Paolo II verso gli ebrei, ma purtroppo, su quegli stessi temi, dimentica realtà più recenti che vanno in senso opposto e sembrano riportare tutto indietro nel tempo. Sempre su Avvenire Anna Foa ricorda, tra l’altro, l’opera del cardinale Bea, estensore del paragrafo 4 della dichiarazione Nostra Aetate relativo ai rapporti con l’ebraismo. Repubblica propone un’intervista allo storico Bidussa: l’iniziativa del 27 gennaio, pur se positiva, non basta più, a meno che venga profondamente rielaborata, perché oggi il mondo è fuori da quella storia. Su l’Unità Nicola Tranfaglia si scaglia contro gli spioni, ma dimentica che tra questi, oltre ai da lui citati portinai, erano anche tanti personaggi che poi fecero tabula rasa del proprio passato per assurgere a nuova gloria nell’Italia che aveva voltato pagina, magari anche scrivendo sulle stesse colonne de l’Unità. Tranfaglia, al contrario, preferisce “accostare ai 9000 ebrei finiti nei lager nazisti gli oltre 23000 anti-fascisti che finirono allo stesso modo”. Preferisco non commentare queste parole, ma aggiungo subito che anche altrove ne leggiamo altre da sottolineare: sul Corriere Claudio Moffa ripete che non esiste nessun documento di Hitler che dicesse di sterminare gli ebrei, e, dopo aver citato anche storici ebrei, fa sapere che la sua università lo ha assolto con formula piena. Io, al contrario, insisto a dire che evidentemente Moffa non vuole capire certe verità. Contro la ventilata legge punitiva del negazionismo scrivono Marcello Veneziani sul Giornale e Massimo Fini sul Fatto quotidiano. Ancora sul Corriere Guido Ceronetti, di sicuro di fede filo-semita, come ricorda egli stesso, protesta per la cancellazione in Francia delle manifestazioni in onore di Céline, grande scrittore e anche grande anti-semita. Alberto Giorgi, su Liberazione, ritorna con parole come sempre molto dure nei confronti dello Stato di Israele, e, con la Morgantini (ci voleva anche lei, oggi…) accusa la società israeliana di razzismo; l’articolo termina con queste parole: l’auspicato “Mai più” si è mutato in “Mai più a noi”. Passando alla attualità politica, vi è da segnalare che in queste ore si stanno verificando scontri a Beirut e, soprattutto, al Cairo; un articolo non firmato sul Foglio sostiene che tuttavia al Cairo gli islamisti ed i Fratelli musulmani non sono scesi in piazza. Non sarà forse perché hanno scelto di aspettare che la situazione abbia la sua evoluzione, a loro certamente favorevole? In una corrispondenza da New York pubblicata su Repubblica si legge che la Clinton considererebbe il governo egiziano stabile ed intento a cercare di capire come rispondere alle legittime necessità ed interessi del popolo. Misteri di una certa politica che continua a far danni. Come in Egitto, (e come in quasi tutto il Maghreb), così in Libano la situazione è esplosiva; si è sì trovato subito un nuovo primo ministro, il plurimiliardario Miqati, ma le aspettative, come scrive Carlo Panella su Libero, fanno temere una nuova guerra civile avente magari come collante una aggressione contro Israele. Al contrario Ugo Tramballi, sul Sole 24 Ore, scrive che se Israele bombardasse Teheran, i filo-persiani dal Libano potrebbero raggiungere Tel Aviv in solo 7 minuti. Mai che Tramballi scriva delle minacce contro Israele sempre pronunciate da Ahmadinejad e dal suo sodale Nasrallah. Lorenzo Trombetta, per La Stampa, intervista il primo ministro designato Miqati, e ne viene fuori una situazione quasi idilliaca, dove tutto si risolverà col dialogo, senza che le varie parti in causa facciano alcuna pressione su di lui. Non si capisce, allora, come mai sia caduto Hariri. Più accurato è Antonio Picasso su Liberal; tutto il MO è una polveriera, e Miqata è stato scelto dagli sciiti tra i sunniti, con l’appoggio dei drusi; ma i sunniti, sostenuti dall’Arabia Saudita, che solo pochi giorni or sono si era ritirata dalle negoziazioni, sono scesi in piazza per fiancheggiare Hariri, già amico (?) di Miqata, contro gli sciiti sostenuti dalla Siria (di nuovo del tutto immersa negli affari libanesi) e dall’Iran. Tornando alle vicende israeliane, leggiamo su numerosi quotidiani che si spera che lo sport possa riuscire dove politica ed armi hanno fallito; a Losanna è stato firmato un accordo che permetterà agli atleti palestinesi di allenarsi con quelli israeliani in vista delle olimpiadi di Londra del 2012, 40 anni dopo le tragiche olimpiadi di Monaco. Speriamo che coloro che governano lo sport adesso si ricordino pure di aprire le porte dei giochi del Mediterraneo anche a queste due squadre. Purtroppo su La Stampa Giulia Zonca, parlando di questo accordo, scrive che “Israele non riconosce i palestinesi come entità politica, ma li accoglie come esseri umani”. Anche questa giornalista avrebbe bisogno di un corso accelerato di storia recente.
Emanuel Segre Amar
26 gennaio 2011