Qui Roma – Facebook e i giovani
In occasione della pubblicazione dell’ultimo libro di Alessandro Schwed “Mio figlio mi aggiunto su Facebook”, al Centro di cultura ebraica di Roma, si è svolto un incontro per riflettere sul social network più famoso al mondo.
Qual è il rapporto dei giovani e degli adulti con questo strumento? Quali sono i vantaggi e quali i rischi di entrare a far parte di questa comunità virtuale? Sono state queste, fra le altre, le questioni al centro del dibattito, cui hanno partecipato, assieme a Schwed, Gavriel Levi, studioso di ebraismo e neuropsichiatra infantile, e Alex Zarfati, gestore di blog.
Fra il pubblico anche il rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma. Il confronto è stato introdotto e moderato dalla direttrice del Centro, Miriam Haiun.
Tra i relatori sono emerse posizioni differenti nel rapporto con Facebook e i nuovi strumenti di comunicazione.
Schwed ne ha discusso sottolineando lo spiazzamento di un padre nei confronti di una realtà così diversa dall’adolescenza attraversata a suo tempo. Quello infatti ritratto anche nel suo libro è un genitore che si scontra con una realtà che conosce poco e che è diventata ormai lingua di tutti i giorni.
Alex Zarfati ne ha parlato invece da tecnico e al tempo stesso da giovane cresciuto assieme allo svilupparsi di questi nuovi mezzi di comunicazione, che in pochi anni si sono così tanto evoluti e che continuano a farlo in maniera inarrestabile. L’invito di Alex è stato chiaro e deciso: “Fare parte o meno di Facebook non è in discussione, è necessario. Dentro c’è tutto il mondo, sono seicento milioni gli utenti iscritti ma soprattutto viviamo nell’era della condivisione i cui vantaggi sono sotto gli occhi di tutti”. Ma poi avverte: “E’ tanto necessario farne parte quanto obbligatorio saper padroneggiare lo strumento, che porta con sé oltre agli enormi vantaggi anche alcuni rischi. Come ogni mezzo anche Facebook deve essere utilizzato in maniera responsabile”. “Scappare dal problema non è la cosa giusta” – ha ribadito più volte.
Fra i rischi prospettati da Alex ci si è soffermati sulla privacy e sul furto di identità.
Gavriel Levy, dal canto suo, ha colto nel nuovo strumento il frutto di un cambiamento generazionale nel modo di vivere l’adolescenza ma non vede in Facebook un pericolo. “Non è né un bene né un male”, ha detto a tal proposito. Sostanzialmente è il segno dei tempi. Levy rifiuta l’idea di dover suddividere le riflessioni su Facebook fra “apocalittici e integrati”. “Gli adolescenti supereranno anche questa”, ha affermato.
Lo scrittore Schwed nel riflettere su rischi di Facebook si è sofferma sul cambiamento nel modo di vivere i rapporti umani e sulla scarsa profondità degli argomenti trattati, visto che i nuovi strumenti sono diventati così veloci e fugaci.
Gli ha risposto Levy affermando che secondo lui gli innamoramenti non sono cambiati e in merito alla profondità ha affermato: “C’è sempre stato chi approfondisce e chi no”.
L’unanimità fra i relatori è stata espressa nel prendere atto che qualcosa è cambiato e probabilmente continuerà a modificarsi.
Valerio Mieli