Voci a confronto

Le tante, gravi notizie che ci giungono in questi giorni dal mondo arabo, vanno analizzate con attenzione, e con attenzione si dovrebbero scegliere le parole per descriverle. Non c’è alcun dubbio che la spietata repressione in atto in Libia, che ha già provocato centinaia di morti, si configuri come un vero e proprio massacro, ma che si parli, quasi con ossessione, di “genocidio”, è non solo scorretto (si ha genocidio, secondo l’art. 2 della Convenzione ONU del 1948, quando si ha l’intenzione di distruggere, in tutto o in gran parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, il che non è nelle intenzioni del dittatore libico), ma anche grave perché snatura il significato profondo che questa parola deve mantenere. Si legge poi, da più parti, che gli israeliani sarebbero capaci di stringere i loro accordi di pace solo coi dittatori; è fin troppo semplice osservare che, se non li stringessero coi dittatori, non ne potrebbero firmare proprio nessuno, essendo tutti gli stati che da sempre hanno dichiarato guerra a Israele retti da regimi dittatoriali. Anzi, viene da domandarsi: perché, le stesse persone che muovono simili accuse ai politici israeliani, sono tra i più forti sostenitori delle richieste per trattare fatte da Abu Mazen? Forse che lui sarebbe un alfiere della democrazia? D’altro canto, e qui si cade persino nel ridicolo, la TV di Gheddafi accusa il Mossad di aver aizzato i cittadini libici contro il colonnello. Ognuna di queste notizie, separatamente, ha un forte peso, ma se viste nel loro insieme, magari unite ad altre che ci arrivano da molti paesi della “civile” Europa, non possono che evidenziare che l’antisemitismo è di nuovo in fortissimo aumento. Infiniti sono gli articoli pubblicati oggi, ed è impossibile riassumerli tutti. Ottima l’idea del Corriere di ripubblicare l’intervista che Oriana Fallaci fece nel 79 a Gheddafi; Oriana sapeva porre le domande, e sapeva insistere coi potenti per avere delle risposte; le risposte di Gheddafi facevano ricadere tutte le colpe su noi occidentali già nel 79. Ricordiamoci oggi che, per Gheddafi, in Libia tutti i cittadini fanno parte del congresso del popolo, e che per tale ragione non c’è bisogno di un’opposizione. Ottimo anche Franco Marta sulle colonne dell’Avanti: una breve analisi di quanto avviene in Medio Oriente, nella quale ogni parola sembra condivisibile e serve a far comprendere perfettamente che cosa sta succedendo nel mondo. Paul Wolfowitz, sul Foglio, oggi pieno di articoli da leggere, scrive che Gheddafi è uno dei dittatori più spregevoli; e Hillary Clinton, ancora nel 2009, si incontrava col più spregevole dei suoi figli, Mutassim. Oggi agli USA si chiede qualcosa di più che semplici parole, mentre si deve constatare che quelle dette al colonnello sono ben più blande di quelle dette giorni or sono a Mubarak. Gli USA potrebbero fare moltissimo, ma nulla fanno se non “analizzare i testi dei discorsi” della famiglia Gheddafi (parole di Hillary). Anche Antonio Martino, su Libero, si scaglia con fermezza contro Obama che non permette al mondo di sentirsi al sicuro. Sergio Romano ha ragione nel vedere una pericolosa continuità della politica italiana, che non ha mai saputo essere energica col colonnello, né con Moro, né con Berlusconi, né con nessuno dei tanti che hanno gestito la nostra politica negli ultimi 40 anni (Andreotti, Dini, D’Alema ecc.). Parole giuste, dicevo, ma si deve osservare che vengono scritte solo ora che Gheddafi è in difficoltà. Né ricordo che Romano si sia scagliato, in passato, con queste parole, contro i capricci del colonnello, ora appunto rimproverati giustamente. Ed sempre sulle colonne del Corriere leggiamo Lorenzo Cremonesi che, ancora una volta, è tra i primi ad entrare in un paese in guerra; entrato dall’Egitto attraversa fino a Tobruk terre che molti vorrebbero visitare (magari non oggi), facendoci vivere molto bene le sue sensazioni. Sembra che sia Al Jazeera, più che internet, a sollevare la popolazione che in Libia rimane fedele al concetto di tribù più che all’idea dello stato. Paolo Liguori, sul Giornale, osserva che la sinistra in Italia si esprime contro quella che è sempre stata la nostra politica, anche quando era lei a governare. Ma oggi l’Italia è sola a difendere i propri interessi, e comunque vada a finire il nostro futuro in Libia non potrà essere roseo. Magdi C. Allam su Libero grida “basta” a Obama ed ai leaders europei; come si può credere nella soluzione di elezioni democratiche subito? Ovunque i Fratelli Musulmani siano arrivati al potere hanno scatenato il terrorismo più cieco contro tutti i loro oppositori. Ricordiamoci che anche Hitler arrivò al potere con libere elezioni. Sul Fatto Quotidiano Marco Travaglio trasporta sul piano della politica nazionale quanto succede dall’altra parte del Mediterraneo; il suo è un duro attacco al ministro degli esteri di Berlusconi, pieno di sfottò, in linea con le idee da lui sempre esposte in TV e sui giornali, e solo nell’ultima frase si ricorda che anche la politica di D’Alema non è mai stata molto diversa, con Gheddafi, da quella di Frattini (anche se, a mio parere, se entrambe sono criticabili, le diversità sono notevoli). Per Khaled Fouad Allam, che scrive sul Sole 24 Ore, la Libia è diversa da tutti i paesi limitrofi; Gheddafi era visto con sospetto dagli altri leaders arabi perché accettava sì il corano, ma non la tradizione profetica; oggi vi è un concreto rischio di trovarsi un’Afghanistan di fronte alle nostre coste, mentre Al Qaeda non aspetta altro che la caduta del colonnello per mettere lì le proprie basi e poi allargarsi verso gli altri paesi arabi e verso l’Africa. Sul Foglio si legge una interessante conversazione di Alessandro Giuli col collega Christian Rocco; insieme credono di poter scorgere i risultati della Freedom Agenda voluta da Bush, tanto criticata ma oggi riabbracciata dallo stesso Obama. Vittorio Zucconi scrive su Repubblica che Gheddafi non sarà mai più un personaggio frequentabile per nessun governante. Peccato che l’opinionista di Repubblica non si chieda se mai lo fosse, in realtà, anche prima delle ultime vicende. Maurizio Molinari, su La Stampa, riprende il pensiero di Hillary Clinton che afferma oggi che USA ed ONU dovranno lavorare insieme per trovare delle validi soluzioni. “Stiamo comprendendo meglio” afferma la signora Segretario di Stato (non è un po’ tardi, per fare una simile dichiarazione? ndr). Sul Foglio, in un editoriale, si legge un violento, circostanziato attacco contro Roger Cohen, opinionista che considera l’Iran un “paese non totalitario”, e che pensa di poter guardare alle faccende di casa nostra, anche per le questioni internazionali, ispirandosi più alla dottoressa Boccassini che ai documenti politici internazionali. Ancora una volta pieno di informazioni precise è l’articolo di Giulio Meotti sul Foglio; in Egitto i Fratelli Musulmani si presentano coi loro nascenti partiti politici, e nel contempo i copti vengono esclusi dai comitati incaricati di scrivere la nuova costituzione. Per volontà dei Fratelli Musulmani le donne e i copti (15 per cento della popolazione) vengono esclusi da ogni possibilità di assumere importanti ruoli nell’Egitto del futuro. Dopo 14 secoli, la convivenza pacifica sembra che sia destinata a finire. Fiamma Nirenstein scrive sul Giornale della vicende delle due navi da guerra che hanno attraversato il canale di Suez. Grazie alla politica di Obama l’Egitto e l’Arabia Saudita sembrano doversi avvicinare, per necessità, ai mullah iraniani, mentre per la prima volta l’Iran agisce direttamente nelle aree del Mediterraneo. Obama e l’Europa devono stare attenti: le piazze in rivolta rischiano di vedere le loro aspirazioni pro occidente soffocate dall’ideologia islamista. Della vicenda delle due navi iraniane scrive anche Michele Giorgio sul Manifesto: come al solito un articolo pieno di falsità. Altra penna che odia Israele è quella di De Giovannangeli (Unità) che parla della situazione, in questi giorni, in Israele e Palestina, per esprimere tutte le simpatie possibili per uno stato binazionale (ovvero per la fine dell’ebraismo almeno in medio oriente ndr). Infine, sul Secolo XIX Giorgio Pagano scrive un articolo sull’Olocausto (la chiami Shoah, signor Pagano!); mi manca purtroppo lo spazio per una doverosa critica, ma invito i miei lettori che sono arrivati fino a qui a leggere con attenzione questo articolo per vedere fino a dove può portare una certa ben precisa fede politica.
Emanuel Segre Amar
23 febbraio 2011