Voci a confronto
Il massacro della famiglia dei “coloni” (e, si noti bene, vengono sempre definiti coloni, non israeliani, uccisi da “fuoco nemico”, e non da terroristi, esseri indegni di essere considerati uomini per l’odio manifestato anche nei confronti di 2 bambini e di un neonato), trova ancora spazio in alcuni quotidiani di oggi; Bret Stephens firma un articolo sul Wall Street Journal dal titolo significativo: Are Israeli Settlers Human? Analoghe le parole di Dennis Prager in un articolo dal titolo: The other tsunami. E indigna dover notare che, per voler essere schierati comunque con una determinata parte, quella palestinese, altri quotidiani, Repubblica in particolare, dimentichi del primario dovere di informare i loro lettori, hanno preferito ignorare questa orribile strage. Eppure oggi, su Repubblica, il direttore Ezio Mauro, in un articolo firmato a.st., ha evidenziato i due morti del Bahrein già in un titolo. Mi si permetta di ricordare al direttore di Repubblica che l’esperienza insegna che, qualora i nemici della nostra civiltà dovessero trionfare anche in questa Europa malata, non saranno i suoi comportamenti professionali a salvarlo; l’odio totale che accompagnerebbe i nemici vincitori travolgerebbe anche lui e tutti i “democratici” che la pensano come lui. Dal Medio Oriente la notizia principale di oggi è quella di una grande manifestazione organizzata dai fedelissimi di internet per riunire le due fazioni rivali di Fatah e Hamas; nella maggior parte dei quotidiani si parla di 100.000 manifestanti a Gaza, presto fagocitati dal movimento di Haniyeh che ha sovrastato le bandiere che dovevano essere palestinesi con quelle verdi del suo movimento. A parole Haniyeh ha anche proposto al rivale Abu Mazen un incontro, ma, dal momento che l’uno rifiuta le elezioni volute dall’altro, appare difficile immaginare come si possa pervenire a una qualsiasi intesa. Tiziana Barrucci, su Europa, sembra quasi sposare le posizioni di Hamas, ma certo ben più criticabile appare Rinascita che, in un articolo firmato Matteo Bernabé, parla di “un milione” di palestinesi scesi in strada, e ben 200.000 a Gaza. Cifre, queste, non ritrovate altrove (tutti parlano di 100.000 manifestanti a Gaza e poche migliaia a Ramallah). Assolutamente schierato appare anche El Pais che addebita ad Israele tutte le colpe che provocano la mancanza di democrazia tra i palestinesi (e ti pareva). Sul Foglio si segnala la nomina di Amidror alla guida del Consiglio di sicurezza nazionale: nomina parecchio discussa, soprattutto nel mondo della sinistra israeliana, perché Amidror, primo esponente del sionismo religioso a essere diventato generale in Israele, è visto come un falco accanto a un mondo, quello dei politici, nel quale i leaders hanno la tendenza a vendere le proprie illusioni. Ancora di Israele parla il Secolo XIX, in un articolo di Ibrahim Refat dedicato, in realtà agli avvenimenti libici: se Gheddafi paragona il proprio intervento armato a quello di Israele del 2008, per Refat la conseguenza che se ne deve trarre è che il rais difenderebbe le repressioni israeliane. A mio personale modo di vedere, simili parole denotano solo l’abbassamento del livello degli analisti politici dei nostri giorni. Per fortuna che oggi si possono leggere anche le interessanti analisi di Michael Leeden che, su Liberal, percorre gli avvenimenti di questi giorni e, nel finale, spiega l’assurdità della politica occidentale. Intanto ieri a Parigi si sono riuniti i ministri degli Esteri del G8, sempre più incerti, e divisi, sulle mosse necessarie (o, meglio, che sarebbero state necessarie, ndr) per fermare Gheddafi; da questa riunione sono uscite tante inutili parole, come ci spiega Stefano Montefiori sul Corriere; ancora una volta il mondo occidentale sembra quasi voler dare ai dittatori più violenti la luce verde per continuare a commettere i loro crimini. Possono stare tranquilli che l’Occidente sarà duro con loro solo se saranno preventivamente sconfitti da altri. Sempre sul Corriere, accanto all’articolo di Lorenzo Cremonesi che continua a descrivere quanto succede sul terreno della Libia orientale (e le notizie sono sempre peggiori per i rivoltosi), Davide Frattini dice che Hillary Clinton è volata al Cairo per toccare con mano la situazione che si è venuta a creare; ha così dovuto constatare che, dopo i tentennamenti, e i voltafaccia, della politica americana nei confronti della rivoluzione cairota, i giovani del Movimento 25 gennaio non hanno neppure voluto incontrarla. Altro grave schiaffo subito dagli USA del presidente Obama. Ma questo non sembra essere servito di lezione, visto che gli stessi tentennamenti li vediamo oggi, come spiega Frattini, nel Bahrein, in Arabia Saudita e negli emirati a tutto vantaggio dell’Iran di Ahmadinejad che può solo ridere della insipienza degli USA. Maria Giovanna Maglie su Libero sfrutta il filmato preparato da Tareq Heggy per spiegare il reale piano escogitato dai Fratelli Musulmani per espandere ovunque il loro dominio; fin dal XII secolo, quando furono bruciate le opere di Averroé, l’islam ha deciso di rinunciare al pensiero critico. I risultati si possono scorgere nell’articolo pubblicato dall’Osservatore Romano; l’odio nel mondo islamico si manifesta contro tutti i non osservanti del corano (i cristiani in particolare); in Iraq i cristiani, in 25 anni, si sono ridotti a circa un decimo (da 1.4 milioni a 150.000). L’occidente dovrebbe capire che prima di erogare nuovi, sempre più abbondanti aiuti, dovrebbe esigere il rispetto dei principali diritti fondamentali. Dalle risposte ricevute dal Foreign Office, e riprese dall’Osservatore Romano, si vede invece che questa è pure teoria, e che i nostri soldi continuano a finire inutilmente nelle voraci mani sbagliate.
Nessun giornale, a mia conoscenza, ha riportato una notizia che, al contrario, avrebbe ben meritato di essere pubblicata in bella evidenza. Israele tutto, ieri, si è fermato per 5 minuti per ricordare la lunga, disumana, illegale prigionia di Gilad Shalit. Forse questo generale silenzio dovrebbe coprire il mancato intervento di chi, come la Croce Rossa Internazionale, ha l’obbligo istituzionale di intervenire? Intanto noi osserviamo che, anche questa volta (come sempre quando i fatti sono di estrema gravità), Israele ha dato dimostrazione di una unità che raramente possiamo riscontrare altrove.
Emanuel Segre Amar
16 marzo 2011