Voci a confronto

La situazione al confine tra Israele e Gaza è diventata ancora più esplosiva negli ultimi giorni; nel solo fine settimana Hamas ha fatto partire oltre 120 razzi e missili diretti contro i civili israeliani, e, per la prima volta, Tsahal ha utilizzato il nuovissimo sistema di difesa antimissilistica appena installato: 8 razzi, diretti contro le città israeliane, sono stati annientati in volo. Purtroppo ben pochi fra i lettori dei nostri quotidiani hanno avuto notizia sia di questi attacchi palestinesi, sia dello straordinario successo della tecnologia israeliana, così come non hanno neppure appreso che un terrorista ucciso a Gaza era direttamente coinvolto nel rapimento di Gilad Shalit; sarebbe bello scoprire che, almeno, inizia la caccia a tutti i palestinesi coinvolti in quell’atto diventato, negli anni, una vergogna per il mondo intero.
All’estero le cose non si svolgono in modo molto diverso; a Bruxelles sono stati installati in rue Neuve, nel centro di Bruxelles, dei finti check points nei quali persone travestite da soldati israeliani fermavano tutti i passanti e, alla fine dello “spettacolo” sparavano su un ragazzo “palestinese” fingendo di ucciderlo (con successivo funerale, il che non guasta mai). Quasi in contemporanea con questa commedia disgustosa, in un vero check point, veri soldati israeliani bloccavano una vera donna palestinese che si fingeva incinta e chiedeva di recarsi in un ospedale israeliano; la realtà, ben più triste, è che quella donna voleva invece recarsi nell’ospedale che in passato le aveva salvato la vita per farsi esplodere col suo corpetto esplosivo mascherato, appunto, con la finta gravidanza. Anche questa è una notizia che i grandi quotidiani di casa nostra hanno taciuto.
Per chiudere questa breve carrellata di episodi della settimana scorsa ignoti ai più, ricordo che un’organizzazione di studenti afro-americani di nome Vanguard ha invitato tutti a smettere di usare, per attaccare Israele, il termine “apartheid” in quanto falso e profondamente offensivo se applicato allo stato nel quale gli arabi e tutti gli altri gruppi di minoranza sono cittadini a pieno titolo, senza nessuna attinenza con quanto avvenuto nei regimi di apartheid.
Un editoriale del Foglio è tutto dedicato ai risultati della politica di Obama in Medio Oriente: il Pakistan ha chiesto agli USA di ritirare tra il 25 e il 40 per cento dei suoi agenti e di smetterla coi continui bombardamenti effettuati coi droni (i pakistani rimpiangono, nell’era del premio Nobel Obama, i tempi migliori della presidenza Bush). Addirittura, un incontro, che si è svolto a Washington tra i vertici militari, è stato interrotto dopo la prima giornata, mentre avrebbe dovuto durare tre giorni. Parimenti mal vista appare la situazione della politica di Obama in Afghanistan; Karzai intende chiedere ad USA e NATO la sospensione di tutte le operazioni militari. L’editoriale chiude la sua carrellata con un cenno a quanto avviene anche con il tradizionale alleato saudita: dopo il rifiuto di incontrare Hillary Clinton, la monarchia è stata del tutto delusa anche dal recente incontro col Segretario alla Difesa Bob Gates, ultimo legame che sembrava reggere in questo periodo di dure polemiche. Ora gli USA vedono messa in forse una commessa saudita di ben 6o miliardi di dollari, cifra questa che non potrà non far pensare molti americani sui risultati della politica di Obama. Giorgio Bernardelli firma un articolo su Avvenire dopo che il 30 e 31 marzo scorsi si è riunito un gruppo di lavoro a seguito del recente Sinodo dei vescovi. Da questo articolo non si comprende se siano state ancora riprese le accuse, del tutto ingiustificate, mosse contro Israele, o se siano stati piuttosto affrontati i sempre più gravi problemi che incontrano i cristiani tutti in terra islamica; Bernardelli finisce comunque le sue riflessioni affermando che i cristiani devono sentirsi al 100 per cento cittadini; che questo avvenga, in Medio Oriente, solo in Israele, Avvenire lo nasconde ai suoi lettori. In Egitto iniziano gli interrogatori di Mubarak, della sua famiglia e dei suoi stretti collaboratori; mentre molti ministri e l’ex presidente del Senato sono già in prigione, Fabio Scuto per Repubblica ed Eric Salerno per il Messaggero scrivono che Mubarak, trasferito dagli arresti domiciliari al cospetto di un giudice, sarebbe stato colpito da infarto e quindi subito trasferito in ospedale. Solo domenica scorsa l’ex rais si difendeva per radio dalle pesanti accuse che gli vengono mosse, ma intanto, nelle piazze, molti egiziani reclamano la pena di morte per il presidente che li ha governati per 30 anni. Lo spagnolo El Mundo descrive la giornata in Medio Oriente dei principi delle Asturie che, dopo un colloquio con Netanyahu, si sono recati a Ramallah (città indicata come “giordana” in testa all’articolo!); i futuri reali di Spagna si sono inchinati di fronte alla bandiera palestinese in compagnia di Abbas, col quale si sono intrattenuti a lungo nelle sale della Muqata. Non si può non osservare che questo edificio viene falsamente presentato ai lettori spagnoli come l’unico, in terra palestinese, a non essere modesto, in modo che i contribuenti spagnoli non si interroghino sull’uso fatto dei loro soldi. Analogo inganno viene fatto ai lettori del Mundo quando si nomina “il muro della vergogna”, non visto tuttavia dai principi; vi è da sperare che almeno il futuro re abbia cognizione di quello che significa terrorismo palestinese. Anche peggiori sono le parole che si leggono oggi nell’articolo firmato da Matteo Bernabei per Rinascita; l’ANP sarebbe oramai pronta a governare uno stato indipendente, e questo viene scritto senza alcun riferimento agli impegni cogendi di Oslo. Ma mentre si parla dei grandi, reali progressi compiuti nelle terre sotto totale amministrazione palestinese, Bernabei parla poi, al contrario, dei “confini tracciati nel 67”, dimenticando che questa è una affermazione priva di alcun significato reale e storico. Tutto diventa poi chiarissimo, ed in particolare il sentimento filo Hamas dell’articolista, quando si legge l’accusa mossa ad Abbas di “voltare la faccia contro l’approvazione del rapporto sui crimini di guerra commessi dalle truppe con la stella di Davide durante l’operazione Piombo Fuso”. Abbas viene anche dichiarato essere il miglior alleato di “Tel Aviv” dopo Mubarak, e accusato di non chiarire che cosa farà della Striscia in caso di riconoscimento dello Stato di Palestina. Si potrebbe proseguire la lettura degli odiatori di Israele con Federico Raponi che, su Terra, parla del documentario: This is my land…Hebron, che ha vinto il festival dei Popoli. Si parla dei 400 settlers che tirano pietre contro i bambini dei palestinesi (non nego che questo possa purtroppo succedere, ma nego che succeda solo questo ndr). Il lettore apprenderà quindi che i coloni sono arrivati “massimo 40 anni fa in una terra che credono appartenga a loro e non a chi ci visse da 3/4000 anni”, dove i buoni palestinesi esercitano una “resistenza passiva”. Che lo scontro avvenga non solo tra israeliani e palestinesi, ma anche tra israeliani è dimostrato da chi meglio non poteva farlo: il fondatore dell’associazione Breaking the silence…
S.C. sul Fatto Quotidiano parla degli iraniani profughi in Irak dall’88, alla fine della guerra con le truppe di Khomeini; hanno goduto di grande indipendenza, addirittura con un parlamento locale in questa loro enclave, ma tutto questo sembra destinato a finire per loro. S.C, parla di “soluzione finale”, anche se non sembra alludere a qualcosa di pari a quella tragicamente nota. Chiudo questa rassegna piena di pagine che avrei voluto non leggere citando l’Herald Tribune e che definisce la proibizione dell’uso del velo in luoghi pubblici francesi come “cinica politica”, e parimenti sono “attacchi cinici” quelli che la Francia porta al 10 per cento dei suoi cittadini di religione islamica. La decisione di Sarkozy viene denunciata come atto di una politica che vuole bandire gli islamici dalla Francia e dall’Europa intera. Il giornale londinese chiude con un’esortazione al presidente francese a “seguire la voce di coloro che si oppongono a tale politica e a smetterla con questi atti di intolleranza”. Ascolterà Sarkozy le parole dell’Herald Tribune?

Emanuel Segre Amar
13 aprile 2011